Per la prima volta nella storia, l’ONU ha lanciato una call to action contro le temperature elevate, definendole come una “problematica globale”.


Temperature in costante aumento

Lo scorso 25 luglio, il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha lanciato un appello globale per contrastare la “epidemia di calore estremo” causata dal cambiamento climatico. Questo annuncio, che rappresenta la prima call to action per la temperatura nella storia dell’ONU, giunge a breve distanza dal giorno più caldo mai registrato. Il 22 luglio l’osservatorio UE Copernicus sui cambiamenti climatici (C3S) ha infatti rilevato 17,15°C di media nel mondo, un dato di poco superiore a quello del giorno precedente che a sua volta aveva già strappato il primato alla temperatura record di luglio 2023. Il fenomeno delle ondate di calore è sempre esistito, ma il cambiamento climatico provocato dalle attività dell’uomo, e in particolare l’uso di combustibili fossili, le ha rese gradualmente sempre più frequenti, intense e durature. Anche formulare delle previsioni sul loro arrivo risulta inoltre più difficile: solitamente questi aumenti globali della temperatura si verificano in seguito all’evento climatico noto come “El Niño”, un riscaldamento delle acque del Pacifico in prossimità dell’Equatore, mentre in questo caso le ondate di calore sono comparse a mesi dalla sua fine (aprile 2024). Questo fenomeno climatico senza precedenti presenta a sua volta una serie di implicazioni. “Le temperature estreme stanno danneggiando l’economia, accrescendo le disuguaglianze sociali, ostacolando il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) e uccidendo delle persone” ha dichiarato Guterres.

Il report

A sostegno della call to action di Guterres, le Nazioni Unite hanno pubblicato un report sul tema realizzato da dieci organizzazioni internazionali, tra cui il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Il documento ribadisce l’importanza di adottare al più presto provvedimenti in materia, definendo quattro macro aree di intervento: la protezione delle persone più vulnerabili come anziani, minori e donne incinte, la tutela dei lavoratori messi in pericolo dagli eventi climatici estremi, l’impiego di soluzioni di natura scientifica per rendere i centri abitati più resilienti rispetto al cambiamento climatico, e il contenimento della crescita delle temperature entro 1,5°C attraverso maggiori investimenti nelle energie rinnovabili e il graduale abbandono dei combustibili fossili. “Non siamo pronti per questo” recita il testo, riferendosi ai gravi danni provocati dal caldo estremo. Secondo i dati del report, il solo sviluppo di un sistema di allerta meteo più efficace potrebbe salvare oltre 98.000 vite l’anno.

Le conseguenze del caldo estremo

Secondo i dati dell’ONU, quasi mezzo milione di persone perdono la vita ogni anno per cause legate all’aumento delle temperature, un dato di gran lunga superiore a quello di altri eventi climatici estremi come cicloni, terremoti e inondazioni. Questo pericolo cresce inoltre in maniera significativa nei centri urbani, dove la temperatura aumenta mediamente a un ritmo doppio rispetto alle aree rurali. Il rapporto prevede che entro il 2050 gli abitanti delle città a vivere in condizioni di rischio a causa delle temperature estreme potrebbero arrivare a 700 milioni. Particolarmente critica è poi la situazione dei lavoratori: secondo i dati del documento, oltre il 70% della forza lavoro globale, vale a dire circa 2,4 milioni di persone, si trova attualmente esposta a condizioni di calore estremo. La stragrande maggioranza di questi risiede in Africa, dove la percentuale sale fino al 93%, e in Asia, dove si attesta intorno all’84%. Nelle stesse zone, è stato inoltre registrato un significativo incremento nel numero di scuole chiuse a causa delle temperature troppo elevate, che avrebbe coinvolto circa 80 milioni di alunni solo dall’inizio del 2024.


Fonte: articolo di Giovanni Benedetti