Il cosiddetto “vigile in mutande”, alias Alberto Muraglia, ha vinto anche in Cassazione e avrà un risarcimento di 130mila euro.


Era diventato il simbolo dell’assenteismo e dell’operazione Stachanov della Guardia di Finanza: Alberto Muraglia, conosciuto anche come “vigile in mutande” ha ottenuto la vittoria anche dalla Cassazione.

Era il 2015 quando Muraglia era stato accusato di aver timbrato il badge in intimo per poi tornare a casa a dormire, invece di entrare in servizio.

L’uomo era sia Vigile che custode del mercato. Alle 5.30 del mattino, vestito in borghese, apriva i cancelli, per poi rientrare a casa, indossare la divisa e strisciare il badge.

Il ruolo di custode veniva svolto senza ricevere alcuna remunerazione in denaro, perché in cambio gli veniva concesso l’alloggio nello stabile del mercato.

Dopo una lunga vicenda processuale, sembra, però, che siamo arrivati al termine. Anche la Cassazione ha deciso per l’innocenza di Muraglia e il Comune dovrà pagargli un risarcimento di 130mila euro.

Vediamo nel dettaglio.

La Cassazione dà ragione al “vigile in mutande”: pronto il risarcimento

Lo scorso febbraio, la Corte d’Appello ha riconosciuto l’innocenza di Alberto Muraglia: il lavoratore è stato, perciò, assolto.
Oltre alla revoca del licenziamento, al lavoratore spettava un risarcimento danni pari a 227’443,36 euro lordi.

Il Comune di Sanremo aveva deciso di presentare ricorso alla Cassazione che, però, ha dato ragione nuovamente ad Alberto Muraglia.
La Cassazione, infatti, ha dato valore alla sentenza adottata in sede penale e ha escluso l’assenteismo e la truffa ai danni dello Stato, adottando la formula “perché il fatto non sussiste”.

Il Comune sarà quindi costretto a versare tutti gli arretrati, pari a 130mila euro al netto delle imposte.

La battaglia legale, però, non è finita: potrebbe iniziarne, infatti, un’altra in merito all’ammontare del risarcimento che, secondo i legali, non avrebbe contemplato alcune voci, come le somme per le ferie non godute, la rivalutazione e gli interessi.