Solitamente la Naspi è riservata a chi viene licenziato involontariamente, ma è possibile ottenerla in caso di dimissioni volontarie? Ecco quali sono i casi.


Come sappiamo, la Naspi è l’assicurazione sociale per l’impiego, che ha sostituito, da diversi anni, l’indennità di disoccupazione.
Solitamente è indirizzata ai lavoratori che perdono il posto di lavoro in maniera involontaria, come nei diversi casi di licenziamento.

Ma ci sono alcuni casi specifici nei quali le dimissioni volontarie vengono equiparate ai casi di disoccupazione non attribuibili ad un comportamento colpevole del dipendente.

Vediamo quali sono.

Cos’è la Naspi

La Naspi (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) è un’indennità mensile di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di lavoro subordinato.
Viene erogata (solitamente) come conseguenza di eventi di disoccupazione involontaria.

Il contributo spetta a partire dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro e viene corrisposto ogni mese, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane contributive presenti negli ultimi quattro anni.

Naspi: è possibile riceverla anche in caso di dimissioni volontarie?

La modalità classica di erogazione della Naspi avviene quando c’è un licenziamento che non è riconducibile ad una decisione del lavoratore.
Ma ci sono alcuni casi, in cui può essere erogabile anche in caso di dimissioni volontarie.

Per ottenerla, bisogna evidenziare la giusta causa di cessazione del rapporto di lavoro, nella lettera di dimissioni, in modo da poter documentare il tutto all’Inps, al momento della presentazione della domanda per la Naspi.

Vediamo quali sono i casi in questione.

Dimissioni per il periodo di maternità o paternità

Durante il periodo protetto della maternità (che va da 300 giorni prima della data presunta del parto fino ad un anno dopo la nascita del bambino), la lavoratrice ha diritto alla Naspi.
Questo perché la legge riconosce come preminente l’interessa alla cura del figlio, rispetto a quello della prosecuzione del rapporto di lavorativo.

Si tratta, quindi, di una forma di sostegno alla maternità, in caso di dimissioni.

La stessa tutela vale per il padre, col congedo di paternità, sia obbligatorio che facoltativo, in caso di dimissioni entro il primo anno di vita del figlio.

Dimissioni per giusta causa

Nel caso di dimissioni per giusta causa, il lavoratore può usufruire della Naspi.
Per “giusta causa”, intendiamo una grave violazione da parte del datore di lavoro in riferimento agli obblighi imposti a suo carico dalla legge o dal contratto.

Alcuni esempi sono il mancato pagamento degli stipendi o delle indennità (per almeno due mesi), i reati subiti dal dipendente nell’ambiente di lavoro (molestie sessuali o mobbing) oppure le violazioni sulla normativa per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro.

Nella circolare n°163 del 20 ottobre 2023, l’Inps riconosce il diritto alla Naspi

“qualora le dimissioni non siano riconducibili alla libera scelta del lavoratore, ma indotte da comportamenti altrui, che implicano la condizione di improseguibilità del rapporto di lavoro”.

Questo avviene perché eventi gravi, come il mancato pagamento o le molestie, non permettono il proseguimento del rapporto di lavoro e, quindi, seppur volontarie, le dimissioni sono considerate necessarie.

Dimissioni per trasferimento in un’altra sede

Nel caso in cui un lavoratore rifiuti il trasferimento in un’altra sede dell’azienda, può avere diritto alla Naspi.
La nuova sede, però, deve distare più di 50km dal luogo di residenza del lavoratore o deve essere raggiungibile, coi mezzi di trasporto, in un tempo superiore agli 80 minuti.

Dimissioni per risoluzione consensuale in conciliazione protetta

Se il rapporto di lavoro si risolve con una risoluzione consensuale, realizzata nell’ambito della procedura di conciliazione agevolata (definita anche “protetta”), il lavoratore può ricevere la Naspi.

Questa casistica è prevista dall’art. 7 della Legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dall’articolo 1, comma 40, Legge n. 92/2012, modificato dall’articolo 6 del D.Lgs. n. 23/2015.