Il presidente Joe Biden lo ha annunciato: ritira la propria candidatura per la corsa alla rielezione e ha espresso il suo sostegno alla vicepresidente Kamala Harris come candidata del Partito Democratico per le elezioni presidenziali USA del prossimo novembre.

Nelle ultime settimane la notizia era nell’aria, ma adesso arriva la conferma definitiva.

Elezioni USA, Biden ritira la propria candidatura: Kamala Harris riceve il suo appoggio

Biden, 81 anni, ha definito la sua scelta un gesto di “altruismo e patriottismo”, sottolineando l’importanza di unificare il partito e il paese per sconfiggere l’attuale presidente repubblicano Donald Trump. In un post sui social media, Harris ha affermato il suo impegno a “guadagnarsi la nomination democratica” e ha promesso di lottare con tutte le sue forze per battere Trump.

La decisione di Biden riapre la partita sia tra i Democratici, sia nello scontro con Trump, introducendo una serie di incertezze e nuove sfide. Kamala Harris ha subito dato il via alla sua campagna elettorale con un appello alla raccolta fondi, ottenendo un’impressionante risposta: in poche ore, la sua campagna ha raccolto 46,7 milioni di dollari.

Il sostegno di figure prominenti come Bill e Hillary Clinton, insieme a numerosi delegati democratici, conferisce ulteriore slancio alla candidatura di Harris. “Questi non sono tempi normali e queste non saranno elezioni normali“, ha dichiarato Harris, chiedendo il supporto della base democratica in vista della battaglia elettorale.

La procedura di ritiro

Questo ritiro precoce di un presidente in carica è senza precedenti nella storia moderna americana e potrebbe modificare significativamente le dinamiche elettorali. Si tratta di un processo complesso che coinvolge vari passaggi formali e legali.

Il primo passo per il ritiro di un candidato è l’annuncio pubblico. Questo può avvenire tramite una dichiarazione ufficiale, una conferenza stampa o un comunicato sui social media. Il candidato ritirante deve informare il proprio comitato di campagna della decisione.

Il ritiro deve poi essere notificato alla Commissione Elettorale Federale (FEC). Il candidato deve presentare una modifica ai propri documenti finanziari, inclusi rapporti sui contributi e le spese, e può essere tenuto a chiudere il proprio comitato di campagna o trasferire i fondi residui a un altro comitato.

Se il candidato si era già registrato per le primarie in alcuni stati, potrebbe essere necessario ritirare ufficialmente la propria registrazione presso le autorità elettorali statali o locali.

Il candidato deve poi occuparsi della risoluzione di eventuali contratti o impegni assunti durante la campagna, come quelli con fornitori, consulenti e personale.Le risorse rimanenti nella campagna, come i fondi e le attrezzature, devono essere gestite secondo le normative della FEC.

I fondi possono essere trasferiti a un comitato di beneficenza, restituiti ai donatori, o utilizzati per altre spese conformi alle normative elettorali.

Cosa accadrà adesso?

Ovviamente il ritiro di un candidato può avere implicazioni significative per le primarie e per la convenzione nazionale del partito. È possibile che il partito debba organizzare un nuovo round di votazioni o aggiornare le strategie di campagna per riflettere la nuova composizione dei candidati. Inoltre, i delegati e i superdelegati che avevano sostenuto il candidato ritirante dovranno orientarsi verso altri contendenti.

Ma cosa accadrà nello specifico adesso? Ovviamente la candidatura di Kamala Harris non è “automatica”: nel caso in cui si svolgano mini primarie, come suggerito recentemente dall’ex speaker della Camera Nancy Pelosi e ora appoggiato anche dall’ex presidente Barack Obama, potrebbero emergere diversi governatori e figure politiche come contendenti per la nomination presidenziale del Partito Democratico.

Possibili candidati per le mini-primarie

Ecco alcune delle principali opzioni che potrebbero scendere in campo:

  • Josh Shapiro, governatore della Pennsylvania, potrebbe essere un candidato di rilievo. Shapiro ha dimostrato abilità politiche significative e una forte leadership, guadagnandosi il sostegno di molti nel partito. La sua candidatura potrebbe rafforzare il ticket democratico con un profilo giovane e una solida esperienza politica.
  • J.B. Pritzker, governatore dell’Illinois, è noto per le sue politiche progressiste e la sua gestione efficace della pandemia. Sebbene il suo posizionamento liberale possa essere visto come una possibile criticità, Pritzker ha dimostrato di avere il sostegno e le risorse necessarie per una campagna di alto profilo.
  • Tony Evers, governatore del Wisconsin, è apprezzato per il suo approccio moderato e le sue politiche orientate ai diritti civili. La sua candidatura potrebbe avere un impatto strategico importante, considerando il ruolo cruciale del Wisconsin nelle elezioni presidenziali.
  • Andy Beshear, governatore del Kentucky, ha ottenuto successi elettorali in uno stato fortemente repubblicano, guadagnandosi una reputazione di leader centrato sui diritti civili e l’equità. Anche se il Kentucky non è un’area chiave per il Partito Democratico, Beshear potrebbe attrarre l’attenzione per la sua resilienza e la sua capacità di attrarre elettori.

Altri nomi che, sebbene meno probabili, potrebbero comunque essere considerati includono:

  • Gavin Newsom, governatore della California, potrebbe risultare troppo liberale e proviene da uno stato già solidamente democratico. La sua candidatura potrebbe non offrire il vantaggio strategico necessario a livello nazionale.
  • Gretchen Whitmer, governatrice del Michigan, è molto apprezzata nel Midwest, ma potrebbe preferire preservare le sue possibilità per una futura corsa presidenziale nel 2028, evitando così di compromettere le sue aspirazioni a lungo termine.
  • infine, Pete Buttigieg, attuale segretario ai Trasporti e ex candidato alle primarie democratiche, potrebbe essere un nome da tenere in considerazione. Con la sua visione fresca e le sue competenze comunicative, Buttigieg potrebbe rappresentare una scelta intrigante per la nomination presidenziale.