Il procedimento era nell’aria ma adesso c’è l’ufficialità: il Vaticano scomunica monsignor Carlo Maria Viganò, accusato di gravi violazioni ecclesiastiche.
Il congresso del Dicastero si è riunito ieri, 4 luglio, per concludere un processo penale extragiudiziale contro Viganò, culminato con la sua condanna per il delitto di scisma.
Il Vaticano scomunica monsignor Carlo Maria Viganò: le motivazioni
Secondo quanto dichiarato dall’ex Sant’Uffizio, Viganò è stato accusato di aver pubblicamente rifiutato di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, di mantenere la comunione con i membri della Chiesa e di accettare l’autorità del Concilio Ecumenico Vaticano II. Queste dichiarazioni pubbliche hanno portato alla sua condanna per il delitto riservato di scisma.
Come conseguenza del processo penale, il Dicastero per la Dottrina della Fede ha emesso una sentenza di scomunica latae sententiae nei confronti di monsignor Carlo Maria Viganò.
Si tratta di una decisione che rappresenta un atto significativo nell’ambito delle discipline ecclesiastiche, e che, dal lato delle Autorità canoniche, evidenzia l’importanza della fedeltà al magistero della Chiesa e alla sua unità sotto l’autorità del Papa.
Ma cerchiamo adesso di comprendere in maniera breve, ma approfondita, come funzionano questi procedimenti.
Che cosa si intende per scomunica latae sententiae?
L’espressione “scomunica latae sententiae” si riferisce a una forma di scomunica automatica prevista nel diritto canonico della Chiesa cattolica. Essa si applica automaticamente a una persona nel momento in cui commette determinati atti gravi e proibiti senza bisogno di un processo formale o di una dichiarazione esplicita da parte di un’autorità ecclesiastica.
In pratica, quando una persona commette un atto che costituisce un delitto ecclesiastico grave (come il delitto di scisma, eresia o apostasia), è considerata scomunicata latae sententiae dal momento in cui commette l’atto stesso. Questo significa che la scomunica viene inflitta “per sentenza estesa” in virtù della stessa azione peccaminosa, senza ulteriori procedimenti.
Questo meccanismo di scomunica serve a tutelare l’integrità della dottrina e dell’unità della Chiesa cattolica, sottolineando l’importanza della coerenza dottrinale e della sottomissione alla disciplina ecclesiastica.
Come funziona la scomunica? Come è articolata? Quali sono i suoi effetti?
La procedura di scomunica nella Chiesa cattolica è disciplinata dal diritto canonico e può variare a seconda della gravità del caso e del tipo di scomunica applicata. Ecco una panoramica generale della procedura e delle implicazioni di una sentenza di scomunica:
Procedura di scomunica
- Accusa o sospetto di delitto grave: la procedura di scomunica inizia quando un individuo è accusato o sospettato di aver commesso un delitto ecclesiastico grave, come eresia, scisma, apostasia, o altri gravi peccati contro la fede o la morale cattolica.
- Indagine preliminare: può essere avviata un’indagine preliminare per raccogliere prove e testimonianze riguardanti l’accusa. Questa fase può coinvolgere vescovi, tribunali ecclesiastici locali, o il Dicastero competente della Santa Sede, come il Dicastero per la Dottrina della Fede.
- Processo canonico: se le prove raccolte indicano la colpevolezza dell’individuo, può essere avviato un processo canonico formale. Durante il processo, l’accusato ha il diritto di difendersi e di presentare prove a suo favore. Il processo può includere audizioni, testimonianze e decisioni prese secondo le norme procedurali del diritto canonico.
- Sentenza: alla fine del processo, se l’accusato viene riconosciuto colpevole di un delitto ecclesiastico grave, il tribunale ecclesiastico emette una sentenza. La sentenza può includere l’applicazione di una sanzione canonica, come la scomunica.
Implicazioni della scomunica
- Effetti spirituali: la scomunica implica una separazione spirituale dalla Chiesa cattolica. L’individuo non può ricevere i sacramenti, eccetto per il sacramento della Penitenza (confessione) nel caso di pentimento e di assoluzione da parte di un vescovo o di un sacerdote autorizzato.
- Effetti giuridici: l’individuo scomunicato perde alcuni diritti e privilegi ecclesiastici, come il diritto di partecipare attivamente alla vita sacramentale e liturgica della Chiesa, di ricoprire cariche ecclesiastiche o di esercitare funzioni specifiche come sacerdote o diacono.
- Reintegrazione: per essere reintegrato nella comunione della Chiesa cattolica, l’individuo scomunicato deve pentirsi del suo peccato, confessare sinceramente e ricevere l’assoluzione da un sacerdote autorizzato. In alcuni casi, la reintegrazione può richiedere una procedura specifica definita dalle norme canoniche.
L’autonomia del diritto canonico
L’autonomia del diritto canonico rispetto al diritto italiano rappresenta un principio fondamentale che regola i rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano. I Patti Lateranensi, firmati nel 1929 tra il Regno d’Italia e la Santa Sede, stabilirono ad esempio l’accordo che riconobbe lo Stato del Vaticano come entità sovrana e indipendente, garantendo alla Chiesa cattolica libertà religiosa e autonomia nei suoi affari interni.
In Italia, come in molti altri paesi, esiste un sistema giuridico dualistico in cui le leggi civili (codificate e promulgate dallo Stato) e le leggi canoniche (promulgate dalla Chiesa cattolica) coesistono e possono interagire in alcuni casi. Tuttavia, ci sono distinzioni cruciali che sottolineano l’autonomia del diritto canonico rispetto al diritto statale.
- Autonomia normativa: il diritto canonico è il sistema normativo interno della Chiesa cattolica, disciplinato dal Codice di Diritto Canonico promulgato nel 1983 da Papa Giovanni Paolo II. Questo sistema regola le questioni ecclesiastiche, come il governo della Chiesa, i sacramenti, il diritto matrimoniale ecclesiastico, le discipline penali ecclesiastiche, e si basa sui principi teologici e dottrinali della Chiesa cattolica.
- Indipendenza giuridica: il diritto canonico ha una giurisdizione indipendente rispetto al diritto italiano. Le questioni riguardanti la disciplina interna della Chiesa, i processi ecclesiastici e le sanzioni canoniche sono gestite secondo le norme del diritto canonico senza interferenze dirette da parte delle autorità statali italiane.
- Accordi e convenzioni: nonostante l’autonomia, ci sono aree di sovrapposizione dove lo Stato italiano e la Chiesa cattolica possono stipulare accordi bilaterali o convenzioni che regolano determinati aspetti delle loro relazioni. Questi accordi possono riguardare questioni come il finanziamento dei servizi religiosi, l’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, o la gestione dei beni ecclesiastici.
- Riconoscimento e rispetto reciproco: Lo Stato italiano riconosce la personalità giuridica della Chiesa cattolica e rispetta la sua autonomia nell’amministrazione dei suoi affari interni, mentre la Chiesa cattolica, a sua volta, si impegna a rispettare le leggi civili italiane nei limiti del possibile.
In sintesi, sebbene esista un rapporto di cooperazione e dialogo tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano, l’autonomia del diritto canonico sottolinea che la Chiesa ha il diritto di governare internamente secondo i suoi principi e norme, senza subire l’ingerenza diretta delle leggi statali italiane in materia ecclesiastica.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it