Dura presa di posizione del Politecnico di Milano riguardo al fisico Massimo Zucchetti, rimuovendolo da ogni incarico accademico in seguito ad alcuni post sui social sull’Ucraina, dichiarati controversi.


Il Senato accademico ha infatti agito dopo una serie di post in cui Massimo Zucchetti ha espresso il suo punto di vista sull’Ucraina, scatenando polemiche per le sue dichiarazioni dopo la sconfitta degli ucraini agli Europei di calcio.

Dopo l’uscita di questa Nazionale dal torneo calcistico continentale il docente universitario avrebbe infatti scritto che i 22 giocatori ucraini “potrebbero essere mandati al macello”. In particolare il tono critico era rivolto alla legge sulla mobilitazione attuale promossa dal presidente Volodymyr Zelens’kyj , che non esonera i calciatori dalla coscrizione obbligatoria.

La decisione del Politecnico di Milano sul docente per i post giudicati anti-Ucraina

Alla luce di queste frasi il Senato Accademico del Politecnico di Milano ha deciso di rimuovere il docente da qualsiasi incarico di nomina all’interno dell’ateneo, bandendolo in pratica dalla propria Università.

L’istituzione interna al Politecnico ha chiesto inoltre “di avviare le opportune istruttorie per gli eventuali procedimenti disciplinari” e ha giudicato le affermazioni “lesive dei valori che animano la comunità politecnica”.

Ma la polemica sarebbe molto più ampia poiché il docente, dopo essersi scusato per la frase, ha sostenuto di essere finito nel mirino del rettore per le sue posizione a difesa del popolo palestinese e che questa sarebbe una ritorsione nei suoi confronti.

Chiedo scusa, ho usato un linguaggio non appropriato. Hanno deciso di colpirmi perché mi sono schierato con gli studenti pro Palestina […] Sono stato frainteso, ora temo per la mia famiglia”. Zucchetti era infatti già finito sotto i riflettori dopo essersi incatenato ai cancelli del Politecnico in segno di solidarietà con i collettivi Pro Palestina.

A difendere il professore si è schierato il partito Rifondazione Comunista che in un comunicato scrive: “Il prof. Massimo Zucchetti, docente ordinario del Politecnico ed iscritto a Rifondazione Comunista, ha solidarizzato nei giorni scorsi con gli studenti e le studentesse che si mobilitano a sostegno del popolo palestinese incatenandosi all’ingresso del Politecnico: si è trattato, come lui stesso ha affermato, di un’azione di solidarietà non violenta, contro un massacro che dura da mesi. Da quel momento ogni sua frase viene volutamente fraintesa ed interpretata in senso negativo, attaccando così la figura di un intellettuale che si e’ da sempre impegnato nella difesa dei deboli e degli sfruttati.”

Non è la prima volta che un ateneo giudica un azione in ottica anti-Ucraina: il paradossale caso del corso su Dostoevskij nel 2022

Un altro caso “da manuale” in tal senso è, lo ricorderete, del corso di Paolo Nori su Dostoevskij presso l’Università Bicocca nel 2022 ha sollevato polemiche significative riguardo alla libertà accademica e alla gestione delle controversie politiche internazionali.

Il professore Paolo Nori era stato inizialmente informato che il corso che avrebbe dovuto tenere sull’autore russo Fedor Dostoevskij sarebbe stato annullato dall’Università Bicocca, citando il desiderio di evitare polemiche interne in un periodo di forte tensione. Tuttavia, di fronte alla reazione pubblica e alle critiche, l’università ha poi deciso di confermare il seminario.

Nori ha espresso la sua frustrazione e incredulità riguardo alla decisione iniziale dell’ateneo, considerando la censura del corso come una misura eccessiva. In un post su Instagram, ha dichiarato che riteneva ridicolo il fatto che un’istituzione accademica italiana potesse vietare un corso su un autore di rilevanza storica e letteraria come Dostoevskij, sottolineando l’importanza della libertà di insegnamento e della discussione aperta anche in contesti politicamente delicati.

L’episodio ha sollevato dibattiti su come le università dovrebbero affrontare le pressioni esterne e interni senza compromettere i principi fondamentali della libertà accademica e della diversità di opinioni. Nel contesto dell’attuale crisi in Ucraina, Nori aveva anche manifestato il suo profondo dispiacere per gli eventi in corso nel paese, sottolineando la gravità della situazione internazionale mentre riaffermava la necessità di mantenere un dibattito aperto e libero all’interno delle istituzioni educative.

Libertà di espressione, responsabilità accademica, piattaforme digitali e posizioni politiche pubbliche

Le vicende attorno al caso di Massimo Zucchetti sollevano importanti questioni riguardanti la libertà di espressione e la responsabilità accademica nell’era delle piattaforme digitali e delle posizioni politiche pubbliche.

La libertà di espressione è un principio fondamentale nelle società democratiche, garantito da molte costituzioni e documenti internazionali sui diritti umani. Tuttavia, questa libertà non è assoluta e può essere soggetta a limitazioni in determinati contesti, come nel caso di espressioni che incitano all’odio o alla violenza.

Nel contesto accademico, la libertà di espressione assume un’importanza cruciale perché gli accademici hanno il dovere e il privilegio di esplorare idee controverse, sfidare il pensiero convenzionale e contribuire al dibattito pubblico. Allo stesso tempo, gli accademici hanno la responsabilità di farlo nel rispetto dei valori etici e delle norme professionali, evitando discriminazioni e promuovendo un dialogo costruttivo.

Con l’avvento delle piattaforme digitali e dei social media, l’accesso alla libertà di espressione è stato ampliato, consentendo a individui e gruppi di condividere opinioni e idee con un pubblico vasto e immediato. Tuttavia, questo ambiente digitale presenta anche sfide uniche, come la velocità con cui le informazioni si diffondono e la difficoltà nel moderare i contenuti controversi o dannosi.

Nel caso di Zucchetti, le sue opinioni espresse sui social media hanno generato reazioni intense e contrastanti, evidenziando il potere e l’impatto delle parole digitali. La decisione del Senato accademico del Politecnico di Milano di rimuoverlo dai suoi incarichi solleva interrogativi su come le istituzioni educative dovrebbero bilanciare la tutela dei valori comunitari con il rispetto della libertà individuale di espressione.

Infine, la vicenda riflette il crescente dibattito sulla censura e sulle conseguenze delle opinioni espresse online, in particolare quando queste opinioni possono influenzare l’immagine e la reputazione di un’istituzione accademica. Gli accademici sono sempre più chiamati a navigare tra l’advocacy per cause sociali e politiche e le aspettative di neutralità professionale.


Fonte: articolo di Milena Fortis