Una recente inchiesta del Wall Street Journal ha scosso il World Economic Forum (WEF) di Davos, portando alla luce accuse di un ambiente lavorativo all’insegna di razzismo e molestie.
Questo reportage giornalistico inchiesta ha scosso profondamente l’organizzazione, rivelando una serie di problemi interni che hanno compromesso la reputazione dell’organizzazione. Secondo il rapporto, dietro le quinte del prestigioso forum economico si nasconde un ambiente lavorativo descritto come tossico e caratterizzato da discriminazioni diffuse.
Si tratta di polemiche che continuano a suscitare dibattiti, mentre l’organizzazione si impegna a difendere la propria integrità e a rafforzare le misure per garantire un ambiente di lavoro equo e rispettoso per tutti i suoi dipendenti.
Scopriamo più nel dettaglio cosa sta accadendo e quali sono le accuse formulate dal noto quotidiano statunitense.
Piovono accuse di razzismo e molestie sul World Economic Forum di Davos
Il quotidiano ha documentato infatti casi di molestie, discriminazioni e licenziamenti controversi all’interno del WEF, mettendo in luce come le donne, le persone di colore e i dipendenti over 50 siano stati particolarmente colpiti da queste pratiche. Il rapporto evidenzia che tali licenziamenti sarebbero stati effettuati su base discutibile, spesso giustificati con il necessario “restyling giovanile” dell’organizzazione, un obiettivo che pare fosse stato imposto personalmente da Klaus Schwab, fondatore del WEF.
Un episodio significativo menzionato nel rapporto riguarda un dirigente italiano che, secondo le fonti interne del Wall Street Journal, è stato licenziato dopo aver rifiutato di eseguire le direttive di Schwab volte a liberarsi dei dipendenti più anziani per abbassare l’età media del personale. Questa politica avrebbe provocato tensioni e controversie significative all’interno dell’organizzazione, minando la coesione interna e sollevando dubbi sulla gestione etica delle risorse umane.
Inoltre, il rapporto accusa Schwab di adottare comportamenti che andrebbero contro le politiche standard sul posto di lavoro dei principali partner commerciali del WEF, aggiungendo ulteriori critiche alla gestione dell’organizzazione.
La difesa del WEF
In risposta alle accuse, il World Economic Forum ha respinto categoricamente le affermazioni del giornale, sottolineando i propri valori di diversità e inclusione come pilastri fondamentali della cultura aziendale. “I nostri team, provenienti da oltre 90 paesi, sono essenziali per il nostro successo e riflettono i nostri elevati standard“, ha affermato Yann Zopf, rappresentante del WEF. La replica dell’organizzazione include un impegno per principi chiari, politiche di tolleranza zero verso molestie e discriminazioni, formazione obbligatoria per tutto il personale e canali di segnalazione riservati.
Il WEF ha anche evidenziato il continuo sviluppo delle proprie politiche e processi in linea con le migliori pratiche globali, restando fermamente contrariato dalle affermazioni del Wall Street Journal, descritte come “palesemente false” e destinate a travisare la reputazione dell’organizzazione.
Rapporti che si incrociano: Klaus Schwab e Mario Draghi
Ai tempi ha ricevuto molta enfasi l’incontro tra il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Presidente esecutivo del World Economic Forum (WEF) Klaus Schwab, avvenuto il 22 novembre 2022 e che ha segnato un momento di collaborazione tra due figure molto note nel contesto economico globale.
Schwab e Draghi, con una lunga storia di collaborazione, sono considerati da alcuni critici come simboli di una visione troppo globalista che suscita un dibattito acceso e posizioni antagoniste. Questo, per molti critici, per via delle loro posizioni nette e della determinazione sulle politiche promosse sia nel contesto del World Economic Forum (WEF) sia a livello internazionale.
Klaus Schwab, nel suo discorso al forum del 2023, ha ribadito l’importanza di una piattaforma inclusiva per governare il futuro della comunità globale.
Questa visione enfatizza la cooperazione internazionale, la globalizzazione economica e la governance multilaterale come strumenti chiave per affrontare le sfide globali, dal cambiamento climatico alla sicurezza alimentare, fino alla digitalizzazione e alla pandemia. Tuttavia, questa prospettiva è stata oggetto di critiche da parte di movimenti antiglobalisti e di alcuni analisti.
I critici di questa visione globalista contestano l’idea di una governance globale che potrebbe minare la sovranità nazionale e favorire interessi elitari a discapito delle comunità locali. Essi sostengono che tali iniziative potrebbero concentrare il potere decisionale in poche mani, spesso non elette democraticamente, e ridurre la capacità dei singoli paesi di autodeterminarsi.
Inoltre, movimenti antiglobalisti mettono in discussione l’efficacia e la trasparenza delle istituzioni globali come il WEF nel risolvere le disuguaglianze economiche globali e i problemi di sostenibilità ambientale. C’è preoccupazione che le politiche proposte da figure come Schwab possano favorire le grandi corporazioni e le élite finanziarie a scapito delle piccole imprese e dei lavoratori.
Questo dibattito riflette un contrasto fondamentale tra due visioni del futuro globale: da una parte, l’idea di un ordine mondiale basato sulla cooperazione e l’integrazione economica; dall’altra, la difesa della sovranità nazionale e dei diritti delle comunità locali contro una presunta centralizzazione del potere globale.
Un’organizzazione in declino già da alcuni anni?
Tuttavia, come evidenziato da Italia Oggi nel 2022, il Forum di Davos sta vivendo una fase di trasformazione critica, passando da essere un esercizio di esibizione per miliardari a un’assemblea che riflette le fratture geopolitiche globali.
Il WEF aspira a fungere da “ONU degli affari”, influenzando l’economia internazionale attraverso i principi della globalizzazione e della libertà dei commerci. Questi principi sono stati al centro del Great Reset proposto da Schwab all’inizio della pandemia, un’idea ambiziosa per una quarta rivoluzione industriale basata su intelligenza artificiale, energie sostenibili, e trasformazioni digitali, progettata per ridefinire il governo globale attraverso un maggiore controllo sui consumi, la produzione e il benessere delle persone.
Tuttavia, la pandemia e la guerra in Ucraina hanno rallentato questa visione, ponendo sfide significative al tentativo del Forum di ristabilire un nuovo ordine mondiale. La geopolitica mondiale è in profonda evoluzione, con il mercato globale dei commerci che si contrae e la crescita dell’autocrazia in nazioni chiave come la Cina, che sfida apertamente il modello democratico occidentale.
In questo contesto, proposte come il “friend-shoring” di Janet Yellen, volte a riformare il commercio internazionale su base di valori condivisi, rappresentano un tentativo di rispondere alle sfide della globalizzazione. Tuttavia, il dibattito rimane acceso, con alcuni Paesi, tra cui la Germania, che esprimono riserve significative.
Il Forum di Davos, nonostante il suo storico prestigio, continua pertanto a vedere un declino nella sua influenza, conforme al cambiamento dei paradigmi globali e alle critiche sul divario crescente tra ricchezza e povertà, come evidenziato dai rapporti annuali di Oxfam. La pandemia ha accentuato tale divario, rendendo i ricchi ancora più ricchi e i poveri ancora più poveri, un’ineguaglianza che continua a sollevare preoccupazioni globali. E adesso l’inchiesta del Wall Street Journal rischia di dare un colpo di grazia definitivo.
Fonte: articolo di Milena Fortis