L’Agenzia delle Entrate ha recentemente fornito chiarimenti riguardo alla tassazione IVA dei contributi qualificati come aiuti di Stato, anche quando erogati sotto forma di servizi.


Secondo la risposta dell’Agenzia datata 7 giugno 2024, numero 131, emessa in risposta a un quesito presentato da un ente pubblico nell’ambito del PNRR, si è chiarito che tali contributi sono esclusi dalla sfera dell’IVA.

Il contesto riguarda un programma volto a potenziare un sistema integrato di trasferimento tecnologico e promuovere servizi tecnologici avanzati e innovativi. L’ente pubblico, erogando risorse finanziarie a un soggetto attuatore per il conseguimento di obiettivi di politica nazionale ed europea, sosteneva che tali erogazioni non costituissero corrispettivo per servizi resi, ma piuttosto un rimborso dei costi sostenuti per attività di interesse generale.

Secondo l’ente pubblico, poiché non vi era un’acquisizione di beni, servizi o diritti in cambio dei contributi erogati, non si configurava un rapporto contrattuale sinallagmatico tra l’ente pubblico e il soggetto attuatore. 

Il termine “sinallagmatico” si riferisce a un tipo di contratto o rapporto giuridico in cui le parti sono reciprocamente obbligate a fornire prestazioni o adempiere obblighi. In altre parole, indica una situazione contrattuale in cui c’è uno scambio di prestazioni tra le parti, dove ciascuna parte ha dei diritti e dei doveri correlati alla controparte. Ad esempio, contratti di compravendita, di locazione, di prestazione di servizi sono tipicamente sinallagmatici, poiché implicano un obbligo reciproco di fornire qualcosa in cambio di un’altra cosa o di un corrispettivo.

Pertanto, sosteneva che tali contributi dovessero essere esclusi dall’IVA ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lettera a) del DPR n. 633/1972.

Esenzione dell’IVA sugli aiuti di stato

L’Agenzia delle Entrate ha condiviso questo parere, sottolineando che per determinare l’applicabilità dell’IVA occorre verificare se vi sia un nesso diretto tra la prestazione di servizi e un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Dal momento che i contributi in questione non sono legati a un obbligo di dare, fare o permettere da parte del soggetto ricevente, ma piuttosto sono erogazioni finalizzate al perseguimento di obiettivi generali, essi non sono soggetti a imposta.

Inoltre, l’Agenzia ha precisato che la natura di “aiuto di Stato” conferita ai contributi esclude ulteriormente l’applicabilità dell’IVA, conformemente alle direttive comunitarie e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. In pratica, quando un contributo è definito come aiuto di Stato e non è legato a una prestazione di servizi in senso contrattuale, non sussistono i presupposti per l’imposizione fiscale.

Pertanto, alla luce di queste considerazioni, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che:

  • se il contributo pubblico copre solo parzialmente il costo del servizio, l’IVA deve essere applicata solo sulla parte del costo non coperta dal contributo.
  • se il contributo pubblico copre interamente il costo del servizio, l’operazione non è soggetta a IVA in quanto manca il presupposto di un corrispettivo effettivamente percepito.

Questa interpretazione si basa su un approccio normativo chiaro e su orientamenti comunitari che distinguono tra erogazioni di aiuti di Stato e transazioni commerciali soggette a IVA. La chiarezza fornita dall’Agenzia delle Entrate risulta fondamentale per le istituzioni pubbliche e i soggetti attuatori coinvolti in progetti di questo genere, garantendo una corretta applicazione delle normative fiscali pertinenti.

Il testo della risposta ad interpello dell’Agenzia delle Entrate

Qui il documento completo.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it