Le dispersioni di metano nell’atmosfera rappresentano un problema poco conosciuto, sia nell’ottica dell’inquinamento sia in quello dello spreco di risorse: ecco i risultati di un recente report con i dati del 2024 curato da Legambiente.


L’associazione ambientalista lancia l’appello al governo italiano. Occorre prendere misure immediate e concrete per ridurre queste emissioni, migliorando la gestione delle infrastrutture esistenti e promuovendo l’adozione di fonti energetiche rinnovabili.

Secondo un recente studio, infatti, su 45 impianti fossili monitorati in Italia, ben 34 (il 75,5%) presentano emissioni di metano.

Scopriamo quali sono i dati emersi dal dossier di Legambiente e quali sono le conseguenze a cascata sull’ecosistema e sulla nostra economia.

Il report 2024 di Legambiente sull’inquinamento e gli sprechi causati dalle dispersioni di metano

Le perdite di metano si verificano lungo l’intera filiera del gas fossile, coinvolgendo vari segmenti del settore energetico. Queste dispersioni avvengono nei pozzi di estrazione, nelle raffinerie, nei gasdotti, nelle centrali di compressione, nei centri di stoccaggio e negli impianti di rigassificazione.

Tali perdite non solo rappresentano un enorme spreco di risorse, ma costituiscono anche una seria minaccia per il clima.

Secondo i dati raccolti da Legambiente e CATF tra gennaio e maggio 2024, sono state rilevate emissioni di metano in 34 dei 45 impianti monitorati in Abruzzo, Lombardia e Piemonte.

Utilizzando una termocamera per la rilevazione ottica di gas “FLIR GF320”, sono stati individuati 120 punti di emissione.

Di questi, 35 erano casi di venting (rilascio diretto in atmosfera). Mentre 85 erano le perdite provenienti da vari componenti delle infrastrutture, come bulloni, valvole, giunture e connettori, spesso a causa di una manutenzione inadeguata.

In Lombardia, su 19 impianti monitorati, 14 hanno mostrato emissioni significative. In Piemonte, 12 impianti su 15 presentavano dispersioni, mentre in Abruzzo il problema è presente in 8 impianti su 11.

Tra gli impianti più critici in Lombardia figurano la Centrale di stoccaggio di Sergnano (CR) con 15 punti di emissione, la Centrale di Settala (MI) con 5 punti di emissione e la Stazione di Valvola di Caviaga (LO) con 5 perdite. In Piemonte, l’impianto di regolazione e misura di Pernate (NO) ha registrato 10 perdite e 2 venting, mentre in Abruzzo l‘impianto REMI di San Salvo (CH) ha presentato 13 perdite e 1 caso di venting.

Inoltre secondo Legambiente, i dati raccolti indicano una situazione molto più grave rispetto a quanto dichiarato dalle aziende del settore del trasporto di gas ad ARERA nel 2022, dove erano state segnalate solo 53 dispersioni lungo circa 12.000 km di rete ispezionata.

La differenza tra i dati evidenzia la necessità di una maggiore trasparenza e accuratezza nel monitoraggio delle emissioni.

Le Proposte di Legambiente

Per affrontare il problema, Legambiente ha presentato cinque proposte al Governo italiano per un rapido e lungimirante recepimento del nuovo Regolamento europeo:

  • Miglioramento degli Standard: anticipare e migliorare le disposizioni del nuovo regolamento per garantire che i Paesi fornitori riducano le emissioni di metano;
  • Piano di Riduzione delle Emissioni: adottare un piano simile a quello della Norvegia, inserendo un obiettivo di riduzione del 65% delle emissioni entro il 2030 nel PNIEC;
  • Trasparenza dei Dati: garantire una maggiore trasparenza nei dati sulle emissioni per tutti gli impianti a fonti fossili;
  • Censimento e Bonifica: realizzare un censimento dei pozzi di idrocarburi abbandonati e pianificarne la bonifica per eliminare le emissioni;
  • Sanzioni Economiche: introdurre sanzioni per i trasgressori, con particolare attenzione alle pratiche inquinanti come venting e flaring.

Il testo del dossier

Qui è disponibile il documento completo.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it