test-medicina-2024-ricorsi-proveCon la sentenza n. 12075, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione della tassabilità e dei rimborsi delle “spese di accesso” corrisposte ai medici convenzionati delle ASL.


La controversia è sorta in seguito al rifiuto dell’Agenzia delle Entrate di accogliere una richiesta di rimborso presentata da un medico specialista ambulatoriale convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale presso un’ASL di Roma.

Il medico aveva richiesto il rimborso delle ritenute Irpef applicate sulle somme percepite per l’anno 2016, sostenendo che tali somme fossero di natura risarcitoria e non retributiva, poiché si trattava di rimborsi per spese di viaggio relative alle sue attività professionali presso ambulatori situati a Anzio e Nettuno, fuori dal comune di residenza.

Dopo il diniego dell’ufficio fiscale, il medico ha presentato ricorso al giudice tributario di primo grado di Roma, che ha accolto la sua richiesta. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha poi confermato la decisione di primo grado, respingendo l’appello dell’Amministrazione finanziaria. I giudici di appello hanno stabilito che i rimborsi, essendo calcolati in modo forfettario su parametri oggettivi legati agli spostamenti, mantenevano una natura risarcitoria e non rappresentavano reddito imponibile.

Le regole per i rimborsi ai medici delle ASL delle spese di accesso

L’ufficio fiscale, non accettando questa decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. L’argomentazione principale dell’Agenzia delle Entrate era basata sulla presunta errata applicazione della normativa fiscale da parte della Commissione Tributaria Regionale. Secondo l’ufficio fiscale, le somme corrisposte ai medici a titolo di rimborso delle spese di viaggio dovrebbero essere considerate come reddito retributivo e, di conseguenza, soggette a tassazione Irpef.

La Corte di Cassazione ha esaminato attentamente il caso, considerando la natura dei rimborsi per le spese di accesso. La Corte ha chiarito che queste somme, percepite dai medici per gli spostamenti dal comune di residenza al luogo di lavoro, sono ontologicamente diverse dalle indennità per trasferte. Le indennità per trasferte, regolate dall’articolo 51, comma 5, del Tuir, riguardano spostamenti temporanei effettuati su richiesta e nell’interesse del datore di lavoro, e possono essere esentate dalla tassazione.

Invece, le “spese di accesso” sono rimborsi legati agli spostamenti quotidiani necessari per lo svolgimento dell’attività lavorativa in comuni diversi da quello di residenza del medico. La Corte ha fatto riferimento all’articolo 51, comma 1, del Tuir, che stabilisce il principio di onnicomprensività delle somme percepite in relazione al rapporto di lavoro dipendente. Questo principio implica che tutte le somme ricevute dai dipendenti, a qualunque titolo, debbano essere considerate come reddito e, pertanto, soggette a tassazione, a meno che non siano specificamente escluse dalla normativa.

La Corte di Cassazione ha quindi confermato che queste spese non rientrano nelle esclusioni previste per le indennità di trasferta e devono essere incluse tra le somme tassabili. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro, secondo cui i rimborsi per le spese di accesso rappresentano una forma di compenso legata al rapporto di lavoro e sono pertanto soggetti a imposizione fiscale.

Il testo della Sentenza

Qui il documento completo.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it