Un recente approfondimento dedicato a una sentenza del TAR, a cura dell’Avvocato Maurizio Lucca, fornisce alcuni chiarimenti sulle motivazioni dell’accesso negato ai dati in materia di Covid-19.


La sez. III Quater, del TAR Lazio, Roma, con la sentenza 11 aprile 2024 n. 7105, interviene per negare l’accesso ai dati attinenti agli effetti avversi delle inoculazioni (punture) del vaccino anti Covid-19/SARS-CoV-2 in un determinato ambito territoriale, basando il diniego (ritenuto) legittimo dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) su un aspetto di natura procedimentale non attinente a documenti formati (ossia, sull’esigenza di una elaborazione) e sulla loro natura riservata.

Fatto

Un’associazione (movimento indipendentista) ricorre al TAR per l’annullamento del rigetto sull’istanza di accesso documentale e civico generalizzato (ex artt. 22 ss. della legge n. 241/1900 e art. 5, commi 1 e 2, del Decreto Trasparenza) indirizzata al RPCT (Responsabile della Prevenzione della Corruzione e Trasparenza), con richiesta di accertamento del diritto di accesso documentale e condanna dell’Amministrazione (Aifa) resistente all’ostensione della documentazione richiesta.

Lo scopo dell’istanza ostensiva la volontà di conoscere «l’estratto del registro (o elenco equivalente) in cui sono state annotate le segnalazioni di sospette reazioni avverse (aggiornato al …2023) afferenti le inoculazioni dei vaccini anti Covid-19/SARS-CoV-2 effettuate sul territorio della Regione … con oscuramento dei dati anagrafici menzionati, includente il numero di A.I.C., il numero di lotto, l’eventuale decesso e, laddove esistente, il giudizio di correlazione tra reazione avversa e inoculazione».

Istanza rigettata, mancando:

  • motivazione specifica;
  • l’interesse qualificato (come se sulla salute si dovesse dimostrare un interesse particolare se non quello di una tutela generale, ex 32 Cost., in una visione unitaria del bene salute, quale oggetto di un interesse, sia individuale, che collettivo) [1], ovvero, la legittimazione [2];
  • oltre al fatto che l’istanza attiene alla “diffusione di dati”, ed altri motivi, ossia, una richiesta massiva, onerosa e sproporzionata che esigerebbe l’elaborazione dei dati (invero, se si vuole comprendere il “fenomeno” la base non può che essere statistica) [3].

Merito

Il ricorso viene ritenuto infondato (con condanna alle spese) per le seguenti motivazioni:

  • l’art. 22, della legge n. 241 del 1990, nel fornire la definizione di soggetti interessati all’accesso prevede espressamente (lett. b) co. 1) che si tratti di soggetti che «abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso» [4], mentre il successivo art. 25, co. 2, stabilisce che «la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata»: la richiesta è stata fondata su ampie e generiche finalità statutarie, invocate sia per differenziare la propria posizione in termini di interesse sia quale motivazione a supporto dell’accesso, risultando finalità oltremodo generiche che spaziano tra scopi di tipo politico ad altri di tipo culturale, sociale e di ricerca scientifica, non dimostrando alcuna specifica posizione di interesse differenziato e qualificato;
  • l’istanza è stata, dunque, qualificata dall’Amministrazione in termini di accesso civico generalizzato, ai sensi dell’art. 5, co. 2, del d.lgs. n. 33 del 2013 (c.d. Decreto Trasparenza), sicché il suo rigetto si basa sulla natura massiva della stessa e sull’onerosità richiedendosi una attività di estrapolazione di dati, oltretutto riservati;
  • inoltre, l’oggetto dell’istanza di accesso non attiene ad un documento già formato ed in possesso dell’Amministrazione, quanto invece una vera estrapolazione di dati (personali e di elaborazione di un elenco di dati) che «avrebbe comportato un’opera di ricerca, catalogazione, sistemazione e riorganizzazione dei dati non rientrante nei doveri posti in capo all’Agenzia dalla normativa di cui al Capo V della L. 241/ 1990»: siamo in presenza di un obbligo a carico dell’Amministrazione, consistente in un’attività di elaborazione estranea all’istituto dell’accesso ai documenti ed, altresì, all’accesso civico generalizzato [5];
  • in termini diversi, mancando i dati e le informazioni, così come pretese dalla parte ricorrente, l’assolvimento della richiesta richiederebbe una preventiva attività di individuazione, ricerca, analisi ed elaborazione, dunque, un lavoro ad hoc, incidente sull’organizzazione e gestione, un’attività di formazione del dato, aspetto escluso dalla disciplina: «l’amministrazione non ha l’obbligo di rielaborare i dati ai fini dell’accesso generalizzato, ma solo a consentire l’accesso ai documenti nei quali siano contenute le informazioni già detenute e gestite dall’amministrazione stessa» [6], non dovendo formare l’atto da esibire;
  • nel modello FOIA vi deve essere un bilanciamento tra il diritto alla trasparenza e l’esigenza di non pregiudicare, attraverso un improprio esercizio del diritto di accesso, il buon andamento dell’Amministrazione (ex 97 Cost.), riversando sulla stessa un onere oltremodo gravoso che la sottoporrebbe ad attività incompatibili con la funzionalità dei suoi plessi e con l’economicità e la tempestività della sua azione (viene cit. la Circolare FOIA n. 2/2017) [7];
  • la stessa presenza di dati tutelati da riservatezza rende necessaria o una attività di acquisizione del consenso al trattamento (consenso non rilasciato, e nemmeno l’autorizzazione della cessione a soggetti terzi dei dati personali, verifica da appurare nei moduli di vaccinazione) o una attività di “pseudonomizzazione” (ex 4 par.1, n. 5 del Reg. (UE) 2016/679) o di “anonimizzazione” che inevitabilmente rendono oltremodo oneroso e gravoso l’accesso (dovendo procedere con adeguate tecniche di separazione e in presenza di una mole considerevole di dati, che non esclude, in ogni caso, una loro re-identificazione, anche in presenza dell’oscuramento dei dati anagrafici), sia per la massività degli stessi, sia per la loro appartenenza a “categorie particolari di dati”, ai sensi dell’art. 9 del cit. Reg.(UE): l’eventuale oscuramento non soddisfa i limiti di legge;
  • i dati trattati non sono stati raccolti per finalità politiche e neppure in realtà di ricerca o culturali o sociali, né appare che tali finalità siano compatibili con quelle per le quali i dati personali sono stati inizialmente raccolti, neppure sussistono i presupposti per consentirne il trattamento in assenza del consenso dell’interessato per finalità di ricerca medica (ai sensi degli artt. 110 e 110 bis del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 ss.mm.ii.).

Breve commento

La sentenza consolida un orientamento sul diniego di accesso in presenza di un’attività elaborativa dei dati della PA.

Tuttavia, desta qualche perplessità, a fronte di una spinta digitalizzazione dei processi amministrativi (target PNRR), specie in epoca Covid, con fondi distribuiti/elargiti a pioggia per il tracciamento delle persone, pensare che non sia legittimo (facile) accedere ai dati afferenti agli effetti avversi dei vaccini [8], e ammettere (allo stesso tempo) che l’accesso è precluso dalla difficoltà pratica di non anonimizzare il dato personale: la creazione di un registro (rectius banca dati) così ingegnerizzato non convince, ossia le tecnologie informatiche permettono questo e altro: l’estrapolazione/elaborazione del dato/dei dati in tempi infinitesimali, con una selettività che in altri tempi era impensabile ma oggi possibile.

Sorprende, al di là del legittimo diniego, invocare (altresì) la riservatezza in un tema afferente la salute pubblica, un interesse primario e collettivo, quando in epoca Covid la privacy, il libero consenso e la libertà di opinione, venivano a mancare (i diritti): si può allora ritenere completamente non soddisfatto quell’interesse alla conoscenza, secondo i ricami FOIA, sotteso all’accesso civico generalizzato, quando in nome della massima trasparenza, secondo il principio della “casa di vetro”, si impedisce di far chiarezza (in un bene – la vita umana – della cui sacralità si è persa la dimensione e unicità).

Note

[1] La “situazione giuridicamente rilevante” che giustifica l’accesso non si esaurisce nel c.d. accesso defensionale, cioè propedeutico alla miglior tutela delle proprie ragioni in giudizio (già pendente o da introdurre), ovvero nell’ambito di un procedimento amministrativo ma è nozione diversa e più ampia, Cons. Stato, sez. IV, 22 dicembre 2014, n. 6342 e 3 agosto 2010, n. 5173.

[2] L’ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare, Cons. Stato, A.P., n. 4/2021, con la precisazione che è preclusa sia all’Amministrazione detentrice del documento, sia al giudice adito, qualunque valutazione ex ante sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, salva l’evidente e assoluta mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla legge n. 241/1990, Cons. Stato, sez. VI, 7 aprile 2023, n. 3589.

[3] L’istanza di accesso, di cui alla legge n. 241/1990, deve avere ad oggetto specifici documenti e non può comportare per il soggetto destinatario della richiesta un’attività di elaborazione di dati, TAR Lazio, Roma, sez. IV Bis, 11 novembre 2022, n. 14750.

[4] Si tratta del c.d. interesse legittimante che deve essere immediato, concreto e attuale e deve corrispondere ad una situazione giuridicamente tutelata, con la conseguenza che le finalità dell’accesso occorre siano dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza, onde permettere all’Amministrazione detentrice del documento il vaglio dell’indicato “nesso di strumentalità necessaria”, mentre non è sufficiente un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, vedi Cons. Stato, A.P., 25 settembre 2020, n. 19.

[5] L’istanza di accesso deve attenere a documentazione già formata dalla Pubblica Amministrazione destinataria dell’istanza: questa, invero, pone in capo all’Amministrazione un mero dovere di dare (ossia, di rendere conoscibile un quid già precostituito), non anche un preliminare dovere di facere (ossia confezionare una documentazione prima inesistente), TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, 6 luglio 2022, n. 9258 e sentenza n. 9358 del 2022.

[6] Delibera ANAC n. 1309 del 28 dicembre 2016, recante Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013, paragrafo 4.2. (Ambito oggettivo).

[7] La stessa pronuncia n. 10/2020 dell’Adunanza plenaria ha riconosciuto la possibilità e la doverosità di respingere richieste di accesso civico manifestamente onerose o sproporzionate e, cioè, tali da comportare un carico irragionevole di lavoro idoneo a interferire con il buon andamento della PA, comprese le richieste massive uniche (vedi, circolare FOIA n. 2/2017), contenenti un numero cospicuo di dati o di documenti, o richieste massive plurime, che pervengono in un arco temporale limitato e da parte dello stesso richiedente o da parte di più richiedenti ma comunque riconducibili ad uno stesso centro di interessi, Cons. Stato, sez. III, 14 marzo 2023, n. 2686.

[8] In effetti, «l’azienda anglo-svedese a fine aprile ha ammesso per la prima volta in documenti giudiziari nel corso di un procedimento legale a Londra che il suo vaccino anti Covid può causare trombosi come raro effetto collaterale. L’ammissione potrebbe aprire la strada a risarcimenti multimilionari, secondo i media britannici», Covid, AstraZeneca ritira il suo vaccino in tutto il mondo, A fine aprile l’ammissione di trombosi come effetto collaterale, ansa.it, salute&benessere, Focus vaccini, 9 maggio 2024. Vedi, LUCCA, I malori da vaccini: una cruda verità, comedonchisciotte.org, 2 settembre 2023. Cfr. PANORAMA, Vaccini tre anni dopo. I dimenticati degli effetti avversi, 15 maggio 2024, pagg. 8 ss.

 


Fonte: articolo dell'Avv. Maurizio Lucca - Segretario Generale Enti Locali e Development Manager