La sollecitazione avanzata dal presidente del Civ Inail nel suo intervento all’Assemblea annuale della tutela individuale della Cgil: “Solo un’autentica negoziazione può promuovere percorsi di riorganizzazione all’insegna della qualità nella gestione delle risorse e dell’efficacia nelle risposte ai bisogni del cittadino”
La battaglia per l’innovazione degli enti previdenziali si gioca sul terreno di una ritrovata autonomia che, in nome dell’autentica negoziazione, possa promuovere percorsi di riorganizzazione all’insegna della qualità nella gestione delle risorse e dell’efficacia nelle risposte ai bisogni del cittadino. Questa la sollecitazione avanzata da Francesco Rampi, presidente del Civ Inail, nel corso del suo intervento, a Roma, alla tavola rotonda “Tutela dei diritti di cittadinanza e sussidiarietà: quale rapporto con la Pubblica amministrazione?”, in occasione dell’Assemblea annuale della tutela individuale della Cgil.
Il ritardo dei decreti attuativi del Polo Salute e sicurezza.“L’ordinamento italiano assegna all’Inail la qualifica di ente pubblico non economico – ha affermato Rampi – Ebbene, il nodo da sciogliere è proprio relativo a un principio di autonomia spesso negato nel corso di questi ultimi anni”. Rampi ha citato, a titolo di esempio, “l’importante processo di incorporazione di Ispesl e Ipsema avviato nel 2010”. “Un processo fortemente condizionato dalla lunga attesa dei decreti di carattere attuativo – ha valutato Rampi – che ha comportato oneri e costi considerevoli nel mantenimento di strutture diventate alla fine obsolete”.
Le difficoltà operative legate all’imposizione dei tagli lineari. Rampi ha sottolineato, dunque, le difficoltà operative legate all’imposizione dei tagli lineari che hanno gravato su tutta la pubblica amministrazione italiana “a fronte della promozione di più opportuni percorsi di riorganizzazione”. “La riorganizzazione si può realizzare se si hanno strumenti di sostegno quali la riqualificazione, la formazione, la motivazione, gli incentivi e le prospettive di dinamica professionale – ha aggiunto – La politica adottata in questi ultimi anni, invece, è stata orientata al blocco dei contratti, alla riduzione dei percorsi formativi e a un frammentato contrasto alla precarietà”.
Due casi da manuale: i co.co.pro ex Ispesl e gli ex contratti formazione lavoro. Il presidente del Civ ha citato, in tal senso, due “casi da manuale”: i 600 collaboratori a progetto dell’ex Ispesl – i cui contratto vengono prorogati da 10 anni – e i dipendenti dell’Inail che, entrati nell’Istituto con contratti di formazione lavoro, dopo una stabilizzazione attesa per otto anni, non possono godere, tuttavia, di ulteriori sbocchi professionali. “Si tratta di personale giovane, capace, spesso incaricato della gestione di importanti funzioni di front-office – ha sostenuto Rampi, in relazione a questi ultimi – ma ancora costretto a rimanere senza prospettive di crescita, legato alla sola qualifica di impiegati esecutivi. Per sbloccare questa situazione occorre una norma ad hoc”.
“Serve un nuovo paradigma del decentramento”. In questo contesto all’insegna “di una negazione di autonomia, dovuta all’impossibilità di condurre una reale negoziazione”, Rampi ha auspicato anche l’elaborazione di “un nuovo paradigma del decentramento”. “La teoria del decentramento territoriale, quale risposta ai bisogni dell’utenza, si misura con i vincoli di compatibilità economico/finanziaria – ha sostenuto – Occorre scegliere cosa decurtare e le risposte sono contraddittorie, e per questo inadeguate”.
Ripartire dalla negoziazione dell’organizzazione del lavoro. Anche qui il presidente del Civ ha voluto avanzare un esempio di carattere paradigmatico. “L’informatica permette di considerare ininfluente la collocazione geografica di alcune attività di back-office, ma esistono dei servizi di prossimità e di elevato contenuto relazionale che necessitano, invece, di una ancora più elevata capillarità e presenza sul territorio, come quelli sanitari o le funzioni di accertamento medico-legale – ha concluso Rampi – Ripartire dalla negoziazione dell’organizzazione del lavoro è, pertanto, il terreno unificante tra diritti di cittadinanza e diritti dei lavoratori”.
FONTE: Inail