Il diniego di assegnazione del dipendente presso la sede più vicina al familiare assistito, deve estrinsecarsi in un corretto bilanciamento tra interessi pubblici e privati e deve essere congruamente motivato dalla Pubblica Amministrazione: la nota dell’Avvocato Renzo Cavadi alla Sentenza del TAR Sicilia, Catania, sez. III, 21 febbraio 2024 n. 614.
Il beneficio dell’assegnazione del dipendente presso la sede più vicina al familiare assistito, ai sensi del comma 5 art. 33 della l. n. 104/1992 coinvolge interessi legittimi e di conseguenza, implica un complessivo bilanciamento fra l’interesse del privato e gli interessi pubblici nell’esercizio del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione.
Tale potere deve estrinsecarsi in una verifica e ponderazione, accurate delle esigenze funzionali, le quali devono risultare da una congrua motivazione. ciò in quanto la scelta della sede presso cui assegnare il lavoratore è disposta a vantaggio del disabile e non, invece, nell’interesse esclusivo dell’Amministrazione ovvero del richiedente”.
Sulla base di tali interessanti considerazioni, il TAR SICILIA, SEZ. III, Catania, con un’importante decisione del 21 febbraio 2024 n. 614 (Pres. Est. A. Lento), si è pronunciato in merito alla possibilità per il lavoratore del settore sia pubblico che privato, di chiedere e ottenere, ai sensi della legge n. 104 del 1992, il trasferimento presso una sede di lavoro diversa da quella originaria di assegnazione.
La vicenda da cui è scaturito il contenzioso
La vicenda sottoposta all’attenzione del TAR Sicilia prendeva avvio dalla richiesta di un dipendente pubblico (in particolare un militare dell’esercito in servizio permanente), rivolta al Ministero della Difesa, finalizzata a ottenere l’assegnazione a una sede d’impiego diversa rispetto a quella presso cui lo stesso prestava servizio, al fine di usufruire delle agevolazioni previste dalla legge n. 104/1992 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) per assistere un familiare disabile.
L’amministrazione di appartenenza tuttavia, attraverso un provvedimento del Dipartimento per l’impiego del personale dell’esercito, respingeva la richiesta del dipendente, tenendo in considerazione le esigenze di servizio, nel presupposto giustificato delle competenze speciali del richiedente nell’ambito dell’organizzazione dell’ufficio.
Il successivo ricorso al TAR SICILIA
Contro l’atto di diniego da parte dell’Amministrazione, il militare proponeva ricorso dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, chiedendone l’annullamento e lamentando in particolare, la violazione del comma 5, art. 33 della Legge n. 104 del 1992.
In tal senso la citata disposizione regolamenta il regime delle agevolazioni per i dipendenti pubblici o privati, sancendo che il lavoratore, in presenza di condizioni specificamente previste dalla medesima disposizione normativa, “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
Il percorso argomentativo nella decisione dei giudici amministrativi
Ai fini della decisione del caso di specie, il Collegio Amministrativo in via prodromica richiamando costante giurisprudenza dei giudici di Palazzo Spada, afferma la propria competenza territoriale, in applicazione del noto principio di diritto secondo cui “per le controversie riguardanti pubblici dipendenti rientranti nella giurisdizione amministrativa, è inderogabilmente competente il TAR, nella cui circoscrizione è situata la sede di servizio, in forza dell’art. 13, comma 2, c.p.a., dovendosi fare riferimento, sotto tale profilo, al momento di proposizione della domanda giudiziale (Cons. di Stato, sez. II, 30 agosto 2021, n. 6070)”.
Ciò premesso i giudici del TAR Sicilia, nell’evidenziare la fondatezza delle doglianze sollevate da parte ricorrente contro l’amministrazione, sciolgono il dubbio di fondo su quale debba essere la corretta interpretazione della disposizione censurata ed in particolare il comma 5 dell’art. 33 della legge n. 104/1992.
Il Collegio decidente precisa che “ il beneficio dell’assegnazione della sede più vicina all’assistito coinvolge interessi legittimi e di conseguenza, implica un complessivo bilanciamento fra l’interesse del privato e gli interessi pubblici nell’esercizio del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione; ciò in quanto la scelta della sede presso cui assegnare il lavoratore è disposta “a vantaggio del disabile e non, invece, nell’interesse esclusivo dell’Amministrazione ovvero del richiedente”. In sostanza il trasferimento o l’assegnazione della sede di lavoro, risultano avere “natura strumentale” e sono da considerarsi intimamente ed esclusivamente collegati con la persona assistita dal lavoratore.
Conseguentemente, per i giudici amministrativi l’inciso “ove possibile” contenuto all’interno della norma in oggetto, determina che, in riferimento alla qualifica rivestita dal pubblico dipendente, deve risultare sussistente “la disponibilità nella dotazione di organico della sede di destinazione del posto in ruolo per il proficuo utilizzo del dipendente che chiede il trasferimento”. Più precisamente presso la sede richiesta dall’istante, deve esserci concretamente una collocazione compatibile con la categoria del lavoratore dipendente e che il successivo trasferimento e quindi l’assegnazione possa concretizzarsi “nel limite delle posizioni organiche previste per il ruolo e il grado”.
Il TAR Sicilia nel richiamare un orientamento costante dei giudici di Palazzo Spada, ha poi chiarito come, in tali casi, l’esercizio del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione (da intendersi strutturalmente nella verifica della compatibilità del trasferimento e/o dell’assegnazione con le esigenze generali del servizio), debba “consistere in una verifica e ponderazione accurate delle esigenze funzionali, le quali devono risultare da una congrua motivazione”.
Conseguentemente l’eventuale diniego al trasferimento o all’assegnazione, deve poggiare ed estrinsecarsi in reali e specifiche esigenze di servizio che “non possono essere né genericamente richiamate, né fondarsi su generiche valutazioni in ordine alle scoperture di organico ovvero alle necessità di servizio da fronteggiare”. Orbene nel caso di specie tali esigenze di servizio sarebbero dovute risultare “da una indicazione concreta di elementi ostativi, riferiti alla sede di servizio in atto, anche rispetto alla sede di servizio richiesta, e dalla considerazione del grado e della posizione di ruolo e specialità propri del richiedente, così come testualmente previsto dall’art. 981, comma 1, lett. b), del codice dell’ordinamento militare (Cons. di Stato, sez. II, 27 dicembre 2023, n. 11248; in precedenza n. 4003/2023 e n. 714/2022)”.
Secondo i giudici del TAR Sicilia, tale norma, troverebbe diretta applicazione rispettivamente sia caso di trasferimento del dipendente sia in caso di prima assegnazione, dal momento che “nessun discrimine in tal senso è in essa contenuto e non rappresenta un ostacolo il fatto che si tratti di un “interesse legittimo” e non di un “diritto soggettivo”, né tanto meno la necessità di garantire l’avvicendamento del personale, la quale non può costituire valida ragione per ledere il preminente diritto all’assistenza spettante al disabile ”. Secondo il Collegio Amministrativo (che richiama giurisprudenza amministrativa dei giudici di Palazzo Spada), nemmeno potrebbe costituire un limite invalicabile la natura (fisiologicamente funzionale e temporanea) del beneficio riconosciuto al familiare del disabile: natura che semmai deve rispondere alle “esigenze organizzative dell’Amministrazione, cosicché, laddove nel prosieguo del rapporto si rinvengano esigenze contrarie o cessino quelle assistenziali del dipendente trasferito, ben potrebbe essere disposto il suo rientro alla sede originaria (in caso di trasferimento) o la sua destinazione ad altra sede (nel caso di prima assegnazione (Cons. di Stato, sez. III, 15 febbraio 2021, n. 1331)”.
Ciò premesso, sebbene i giudici del TAR Sicilia rilevino che effettivamente, l’assegnazione del ricorrente alla prima sede, sia avvenuta tenendo conto della peculiarità del corpo cui apparteneva, nel susseguente sviluppo motivazionale, gli stessi giudici amministrativi hanno evidenziato come tale esigenza fosse recessiva rispetto a quella superiore di assistenza al familiare che avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione resistente “alla valutazione della maggiore adeguatezza della stabilizzazione” del diverso impiego presso la nuova sede, al fine di permettere al ricorrente di poter prestare regolarmente assistenza al soggetto affetto da disabilità.
La Sezione decidente censura il fatto che il diniego non fosse stato sorretto da congrua giustificazione e motivazione, dal momento che l’Amministrazione non ha dimostrato probatoriamente una concreta e tanto più prevalente ragione per destinarlo alla sede di provenienza. Secondo il Collegio Amministrativo in particolare dunque non vi è stata, “un’adeguata e specifica oggettiva dimostrazione della prevalenza degli interessi pubblici rispetto a quelli privati del militare e del disabile da questi assistito”.
Sulla base di tali premesse, i giudici amministrativi evidenziano che il beneficio di cui al comma 5, art. 33 della l. n. 104/1992 “non ingenera nel caso specifico nessun nocumento per l’Amministrazione, in quanto dagli atti di causa “emerge che l’interessato presta già servizio, nella sede richiesta e, per espressa ammissione dell’Avvocatura dello Stato, continuerà a farlo fino al persistere della necessità di assistenza”.
Pertanto, alla luce delle superiori considerazioni e della giurisprudenza richiamata, i giudici del TAR Sicilia accogliendo le doglianze di parte ricorrente, per il conseguente effetto, annullano il provvedimento amministrativo di diniego di assegnazione ad altra sede, emanato dal Dipartimento per l’impiego del Ministero della Difesa.