Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulle possibili responsabilità del sindaco in merito all’eventuale fallimento della società in house del comune.
Si tratta di un argomento importante, che va a toccare direttamente le partecipazioni nel mondo degli enti locali. Una società “in house” è infatti una società controllata interamente da un’organizzazione pubblica o da un ente governativo.
Questo tipo di società è creata per svolgere specifiche attività o servizi in modo più efficiente, controllato e personalizzato rispetto a quanto potrebbe essere fatto attraverso contratti con entità esterne.
L’obiettivo principale è spesso quello di mantenere un maggiore controllo, garantendo al contempo un’attuazione più diretta delle politiche e degli obiettivi dell’ente pubblico.
La società “in house” opera quindi come una sussidiaria totalmente posseduta dall’ente governativo o pubblico, ma ha una sua struttura legale e operativa separata.
Fallimento della società in house: il sindaco non ha colpe
La Quinta Sezione penale, con la sentenza n. 7723/2024, ha delineato una netta distinzione tra la vicenda di una società totalmente partecipata dal comune e la responsabilità penale del sindaco in relazione ai reati fallimentari. La decisione della Corte afferma che il sindaco non può essere ritenuto responsabile per il reato di bancarotta fraudolenta impropria derivante da operazioni dolose condotte da una società completamente partecipata dal comune, basandosi esclusivamente sulla sua qualifica di legale rappresentante dell’ente pubblico.
La Cassazione sostiene che, nel caso in cui non siano presenti prove della qualità del sindaco come amministratore di fatto della società partecipata, la sua responsabilità può essere considerata solo in veste di “extraneus”, partecipe al reato. Tuttavia, questa partecipazione richiede la dimostrazione di un contributo specifico fornito dal sindaco al legale rappresentante della società. La Corte enfatizza che il sindaco, agendo come legale rappresentante del Comune socio unico, si trova in una posizione di alterità rispetto al Consiglio di amministrazione della società partecipata.
In sostanza, la responsabilità penale del sindaco non può essere ravvisata sulla base della mera coincidenza di essere il legale rappresentante del Comune socio unico della società in house e il rappresentante dell’Ente locale. La prova della sua qualità di amministratore di fatto della società partecipata è fondamentale, e la sua responsabilità come “extraneus” può essere considerata solo con la dimostrazione di un contributo specifico da parte sua al legale rappresentante della società coinvolta nei reati fallimentari.
Il testo della sentenza della Cassazione
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it