terzo-mandato-consecutivo-sindaciIl dibattito parlamentare si accende sull’estensione della possibilità di un terzo mandato consecutivo per i sindaci dei comuni con più di 15mila abitanti e per i governatori regionali.


Si tratta di un tema che solleva riflessioni importanti riguardo all’evoluzione del sistema elettorale locale.

Dal 1993, il sindaco viene eletto direttamente dai cittadini, con un mandato iniziale di 4 anni e un limite di due mandati consecutivi. Nel 2000, la durata del mandato è stata estesa a 5 anni, mantenendo invariato il limite di mandati.

Nel corso degli anni, tale regola ha subito diverse modifiche. Inizialmente la legge Delrio (l. 56/2014) ha previsto che per i comuni con popolazione fino a 3mila abitanti fosse consentito un terzo mandato per i sindaci.

Successivamente la legge 12 aprile 2022, n. 35, originata da proposte di legge di legge di iniziativa parlamentare, interviene sul testo unico degli enti locali in materia di terzo mandato dei sindaci. In base a questo testo il divieto di terzo mandato scatta per i comuni al di sopra di 5.000 abitanti e non più fino a 3.000.

Infine all’interno della discussione attuale nel contesto del decreto elezioni il divieto di terzo mandato decade anche per gli enti fino a 15mila abitanti.

Il dibattito pertanto diventa particolarmente “caldo”, poiché lo scorso anno, la Corte Costituzionale ha richiamato l’attenzione sulla questione, evidenziando che il limite di due mandati rappresenta un “punto di equilibrio tra il modello dell’elezione diretta dell’esecutivo e la concentrazione del potere in capo a una sola persona“.

In questo contesto se il limite di due mandati è un principio sancito dalla Corte Costituzionale, estenderlo a un terzo mandato cosa comporterebbe per gli enti locali?

Posizioni a favore e posizioni contrarie

Le posizioni a favore del terzo mandato sottolineano l’importanza dell’esperienza maturata dal sindaco in carica, che si traduce in una migliore gestione della macchina amministrativa e in una maggiore capacità di portare avanti progetti di sviluppo per il territorio. Inoltre, si sostiene che il terzo mandato permetterebbe di dare continuità alle politiche avviate e di rafforzare il rapporto di fiducia tra il sindaco e i cittadini.

Le posizioni contrarie evidenziano invece i rischi legati al concentramento del potere nelle mani di un’unica persona, paventando il pericolo di personalismi e di derive autoritarie. Si teme inoltre che il terzo mandato possa ostacolare il ricambio generazionale nella politica e la nascita di nuove leadership.

Terzo mandato consecutivo dei sindaci: quali conseguenze?

Un’analisi puntuale delle conseguenze del terzo mandato richiede di esaminare diversi aspetti.

In primo luogo, è importante considerare l’impatto sulla funzionalità degli enti locali. La continuità amministrativa può essere un fattore positivo, garantendo stabilità e favorendo l’attuazione di progetti complessi. Tuttavia, il rischio di logoramento e di cristallizzazione delle posizioni è concreto, con possibili ricadute negative sull’efficienza e sull’innovazione.

In secondo luogo, il terzo mandato può influenzare la dinamica democratica all’interno degli enti locali. Da un lato, si può argomentare che l’esperienza del sindaco in carica favorisca una maggiore partecipazione dei cittadini e una più efficace rappresentanza delle loro esigenze. Dall’altro lato, si teme che il protrarsi del potere di un unico individuo possa limitare il pluralismo e la competizione politica, ostacolando l’emergere di nuove proposte e alternative.

In terzo luogo, il tema del terzo mandato si intreccia con la questione della responsabilità dei politici. Un sindaco che si ricandida per un terzo mandato si espone al giudizio popolare, con la possibilità di essere premiato o punito per il suo operato. Tuttavia, la valutazione del suo lavoro può essere complessa e influenzata da fattori esterni, rendendo difficile un’analisi puntuale e oggettiva.

In definitiva, la scelta di introdurre o meno il terzo mandato per i sindaci è una decisione complessa che richiede un’attenta valutazione dei diversi aspetti coinvolti. Non esiste una risposta univoca e definitiva, in quanto la decisione deve essere calibrata in base alle specificità del contesto locale e alle esigenze della comunità.

L’auspicio è che il dibattito sul tema sia condotto in modo costruttivo e scevro da strumentalizzazioni politiche, con l’obiettivo di individuare la soluzione migliore per il benessere degli enti locali e dei cittadini.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it