italia-piccoli-comuniL’Italia rimane un Paese di piccoli Comuni anche se dal 2000 ci sono 205 Comuni in meno.


È stato recentemente presentato uno studio della Fondazione Think Tank Nord Est, laboratorio di idee, proposte e animatore del dibattito sullo sviluppo del territorio compreso tra le province di Venezia, Treviso, Udine e Pordenone, che ha analizzato il fenomeno della riduzione progressiva del numero dei Comuni italiani alla luce dei dati Istat.

Dal report si apprende che a partire dal 22 gennaio 2024, il numero dei Comuni in Italia è sceso a 7.896. Quello della diminuzione dei Comuni è stato un processo lento ma inesorabile cominciato all’inizio degli anni Duemila. Nel 2001 infatti, l’Italia esprimeva il numero massimo dei Comuni pari a 8.101 ma da allora c’è stata una diminuzione di 205 unità. Un processo analogo a quello di molti altri Paesi europei ma  più diluito nel tempo: infatti, tra 2006 e 2023, mentre in Italia il calo è stato solamente del 2,5%, in Grecia la riduzione è stata del 68%, nei Paesi Bassi del 25%, in Germania del 13%, in Austria dell’11% e in Francia del 5%. Oggi l’Italia è il quarto Paese europeo per numero di Comuni, dietro a Francia, Germania e Spagna.

L’Italia, un paese di piccoli Comuni tra crisi, spopolamento e voglia di riscatto

Nonostante la riduzione del numero di Comuni, l’Italia si presenta ancora come un Paese di piccoli Comuni; il 70% ha meno di 5.000 abitanti (5.521), mentre il 25,5% hanno addirittura meno di 1.000 abitanti (2.012). I piccoli Comuni si trovano soprattutto nelle aree alpine ed appenniniche, ma sono presenti anche nelle basse pianure del Nord e in alcune aree del Meridione.

Il numero maggiore di Comuni italiani è concentrato nel Nord del Paese: il 19% si trova in Lombardia e quasi il 15% in Piemonte; in queste due regioni ci sono più di 1.000 Enti con meno di 5 mila abitanti. In Valle d’Aosta, capoluogo a parte, tutti i Comuni sono di piccola dimensione, ma una percentuale molto significativa di piccoli Municipi si registra anche in Molise (94,1%), Piemonte (88,6%), Trentino Alto Adige (85,8%), Sardegna (83,8%), Abruzzo (83%) e Basilicata (81,7%).

Questi Comuni sono attraversati da fenomeni socio-economici e demografici molto simili ossia: invecchiamento della popolazione, disoccupazione, progressivo abbandono e spopolamento, crisi della natalità.

In particolare lo spopolamento dovuto alla mancanza di opportunità vincola soprattutto gli anziani e coloro che più faticano a trovare alternative. Di conseguenza, cresce in questi territori il bisogno di Stato sociale che si faccia carico non solo delle persone più fragili ma anche del cambiamento climatico e del dissesto idrogeologico che espone i piccoli Comuni delle aree interne a calamità e ad eventi estremi (piogge torrenziali, inondazioni e frane; siccità e incendi; tempeste di vento ecc.)

Eppure, nonostante questa fragilità, i piccoli Comuni rimangono custodi di un immenso patrimonio naturale, d’arte, cultura, tradizioni, con una varietà enogastronomica che non ha uguali nel mondo, e forse proprio per le loro piccole dimensioni, sono diventati anche luoghi di sperimentazione di buone pratiche più innovative in fatto di energia, turismo (alberghi diffusi) economia verde e riciclo dei rifiuti, laboratori di accoglienza e inclusione sociale.

Lo stesso Papa Francesco invita queste comunità a guardare le opportunità oltre i vincoli, ad impegnarsi in  “pratiche sociali innovative”,  nella cura del territorio in chiave sostenibile,  a sperimentare nuove forme di welfare  basate su “forme di mutualità e reciprocità”.

Nel frattempo, tuttavia, il fenomeno dell’invecchiamento e della riduzione della popolazione italiana farà sentire sempre più i suoi effetti in futuro, con riduzioni di residenti nei piccoli comuni intorno al 5% entro il 2040.

Le strategie per arginare l’abbandono dei borghi

Una delle strategie messe in atto per frenare l’abbandono e lo spopolamento dei Comuni è l’accorpamento/fusione che  in Veneto è ora norma  nel Piano di Riordino Territoriale.

Ma non è detto che la soluzione migliore sia la fusione. L’unione dei Comuni è una forma di associazione tra comuni confinanti che non prevede la fusione tra amministrazioni ma la gestione condivisa di alcune funzioni e servizi, mantenendo la propria autonomia negli altri aspetti. Le unioni presenti in Italia sono 540. La regione che in termini assoluti registra il maggior numero di enti è il Piemonte (116) seguito da Lombardia (75) e Sicilia (50). Le due aree con il numero minore sono l’Umbria (4) e la provincia autonoma di Trento (2).

Sicuramente, la condivisione di progettualità a livello sovracomunale è già un passo importante che molti Comuni condividono anche per mettere a sistema l’offerta ed intercettare maggiori risorse ed investimenti sul territorio.

Per assicurare un futuro a questa parte del Paese, Legambiente promuove dal 2004 PiccolaGrandeItalia, una campagna il cui obiettivo è tutelare l’ambiente e la qualità della vita dei cittadini che vivono in questi centri stretti fra la rarefazione dei servizi e lo spopolamento. Affinché non esistano aree deboli, ma comunità messe in condizione di funzionare al meglio e competere.

Di certo lo spirito di sopravvivenza dei piccoli Comuni d’Italia è ben temprato. Oltre l’inverno demografico, tra le rughe dei pochi anziani rimasti, in mezzo alla crisi economica che incrementa lo spopolamento, si intravede voglia di riscatto e riaffermazione.

I 4.381 progetti presentati ad Invitalia con il bando Imprese Borghi e gli 850 da finanziabili con il bando MAECI per il  turismo delle radici, testimoniano che i piccoli Comuni non desiderano semplicemente sopravvivere ma vogliano invertire la rotta ed essere protagonisti di una nuova rinascita all’insegna della bellezza, dell’autenticità e della riscoperta delle tradizioni.

Le tabelle

 


Fonte: articolo di Francesca Liani