Le statistiche dell’Istat svelano la complessa realtà dei servizi relativi all’offerta di nidi per la prima infanzia in Italia ed evidenziano il fatto che siamo ancora lontani dal Target stabilito dall’UE.
Negli ultimi anni l’Italia ha registrato una significativa offerta di nidi e servizi integrativi per la prima infanzia, con 13.518 strutture attive e oltre 350.000 posti autorizzati, di cui il 48,8% pubblico. Tuttavia, le dinamiche demografiche, caratterizzate da un calo delle nascite, hanno influenzato la frequenza dei servizi, rimanendo distanti dal nuovo obiettivo target del 45% entro il 2030 stabilito dall’Unione europea.
Offerta di nidi e servizi per la prima infanzia in Italia
Nonostante una ripresa post-pandemia con un incremento di 1.780 posti, le richieste di iscrizione restano in gran parte insoddisfatte, soprattutto nel Mezzogiorno, con percentuali del 66,4% nel pubblico e del 48,7% nel privato. Le famiglie più povere risentono maggiormente della carenza di nidi, sia a causa dei costi delle rette, sia per la limitata disponibilità di servizi in diverse regioni del Paese.
Divari territoriali e disparità socio-economiche
Il Mezzogiorno resta ancora lontano dagli obiettivi europei.
A livello territoriale, sono ancora ampi i divari dell’offerta educativa che potrebbero essere attenuati grazie agli investimenti previsti dal PNRR e alle recenti politiche di ampliamento e di perequazione.
Il Centro-Italia e il Nord-est in media hanno una copertura dei posti ben superiore al 33% dei bambini residenti (36,7% e 36,2%, rispettivamente), il Nord-ovest è prossimo all’obiettivo (31,5%), ma il Sud e le Isole, seppur in miglioramento, sono ancora lontani (16,0% e 16,6% rispettivamente).
A livello regionale l’Umbria è la regione con il più alto livello di copertura (43,7%), seguita da Emilia Romagna (41,6%), Valle d’Aosta e Provincia Autonoma di Trento (41,1%). La Toscana, il Friuli- Venezia Giulia e il Lazio si attestano sopra la soglia del 33% (38,4%, 36,8% e 36,1%).
Di contro, fra le regioni del Sud, restano ancora al di sotto del 15% Campania, Sicilia e Calabria (11,7%, 13% e 14,6% rispettivamente), mentre la Sardegna con il 32,5% fa registrare il livello più alto.
Frequenza dei servizi e contributi Statali
La frequenza dei servizi educativi per la prima infanzia in Italia si attesta al 33,4%, al di sotto della media europea del 37,9%. Paesi come Francia e Spagna superano il 50%, mentre l’Italia si colloca al di sotto, con il 2021 che vede anche una diminuzione degli iscritti rispetto al 2020.
Lo svantaggio economico non sempre prioritario nell’accesso al nido pubblico
Infine le condizioni di svantaggio economico delle famiglie nella maggior parte dei casi non comportano la priorità nell’accesso al nido pubblico, salvo i casi di grave disagio socio-economico certificato dai servizi sociali. Le condizioni economiche, tuttavia, possono avere un ruolo importante nella definizione delle rette a carico delle famiglie.
Per quanto riguarda le politiche di agevolazioni tariffarie, l’Indagine campionaria registra che i meccanismi di riduzione della retta basati sull’indicatore della situazione economica sono diffusi, ma non in maniera universale: li utilizza il 38% dei servizi presenti sul territorio nazionale, quota che sale al 63% nel settore pubblico e si riduce al 23% nel privato.
Inoltre, sono meno del 10% le unità di offerta che praticano l’esenzione totale della retta sulla base di indicatori di situazione economica (il 19% nel pubblico e il 3,5% nel privato).
Per quanto riguarda l’importo delle rette pagate dalle famiglie, si registra una grande variabilità che dipende dalle politiche dei governi locali relative ai servizi per l’infanzia, dalla titolarità del servizio, dal modello gestionale, dal territorio e dalla singola unità di offerta.
Il Report completo dell’ISTAT
Potete consultarlo direttamente qui.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it