lavoratore-diritto-relazione-investigativaIl Garante della Privacy ha accertato l’illegittimità del trattamento dei dati effettuato da parte di un’azienda e ha stabilito che il lavoratore ha diritto di accedere alla relazione investigativa.


L’Autorità è intervenuta a seguito del reclamo di un dipendente che non riusciva ad ottenere completo riscontro alle richieste di accesso ai propri dati personali, avanzate dopo il ricevimento di una contestazione disciplinare nella quale erano contenuti puntuali riferimenti ad attività extra lavorative, cui era seguito il licenziamento.

Alle diverse istanze dell’interessato, l’azienda aveva infine risposto che le richieste erano “troppo generiche” ed era necessario indicare “nel dettaglio” le informazioni alle quali si chiedeva l’accesso.

Inoltre, solo a distanza di quasi un anno dalla prima richiesta e in occasione della costituzione dell’azienda nel giudizio di impugnazione del licenziamento, il dipendente era venuto a conoscenza dell’esistenza e del contenuto della relazione investigativa dalla quale erano stati tratti riferimenti specifici inseriti nella contestazione disciplinare.

Il lavoratore ha diritto di accedere alla relazione investigativa

Secondo il Garante il lavoratore ha diritto ad avere accesso ai propri dati personali, compresi quelli contenuti nella relazione dell’agenzia investigativa incaricata dall’azienda di raccogliere informazioni sul suo conto.

Nel provvedimento il Garante ha stabilito che l’azienda aveva l’obbligo di fornire al lavoratore tutti i dati raccolti con la relazione investigativa, anche quelli non trasferiti nella contestazione disciplinare (fotografie, una rilevazione Gps, descrizioni di luoghi, persone e situazioni), conformemente agli artt. 12 e 15 del Regolamento europeo per la privacy, il GDPR. Informazioni che, in ipotesi, avrebbero anche potuto essere utili per l’esercizio del diritto di difesa.

Inoltre, dal canto suo l’azienda, nei riscontri forniti al lavoratore, non aveva fatto cenno alla relazione investigativa né motivato in alcun modo il diniego di accesso ai dati contenuti in questo documento, violando in tal modo anche il principio di correttezza.

L’Autorità quindi, ricordando che il titolare del trattamento è tenuto a fornire l’accesso ai dati personali dell’interessato in forma completa e aggiornata – indicando anche l’origine dei dati qualora non siano raccolti direttamente dal titolare del trattamento presso l’interessato – ha irrogato all’azienda una sanzione di 10 mila euro.

Il testo completo del provvedimento

Potete consultarlo qui.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it