Ha generato parecchio scalpore, negli ultimi giorni, la proposta di legge presentata da Fratelli d’Italia che proporrebbe sanzioni e multe per chi utilizza termini inglesi all’interno della Pubblica Amministrazione. La rete, chiaramente, ha risposto con grandissima ilarità a questa misura, il che è abbastanza comprensibile dal momento che ormai tantissimi termini inglesi sono entrati a far parte in maniera piuttosto salda del nostro quotidiano.
Basta pensare alle terminologie utilizzate dai moderni economisti, come “bail-in” o “spending review”, ma anche al popolarissimo “delivery”, o ad altre parole utilizzate da chi utilizza un gestionale prenotazioni per ristoranti o per strutture alberghiere. Altri, tuttavia, hanno accolto la proposta con meno ironia, trovando nella misura inquietanti similitudini con le norme del periodo fascista italiano.
In realtà la proposta di legge è stata pensata con uno scopo ben specifico e, tutto sommato, potrebbe rappresentare una norma di un certo buon senso. Vediamo, quindi, in cosa consiste il testo di legge depositato da Fratelli d’Italia in Parlamento e quali modifiche apporterà, nel caso in cui dovesse venire approvato, alla Pubblica Amministrazione.
Il testo
La legge è stata depositata a nome di Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia e vice presidente della Camera dei deputati. Questa, nello specifico, prevede l’obbligatorietà dell’utilizzo della lingua italiana per la trasmissione di comunicazioni pubbliche o per la fruizione di beni e servizi. Tra gli articoli del testo, inoltre, viene integrata anche una norma che vieta l’utilizzo di sigle o di riferimenti stranieri per i ruoli delle aziende o nei contratti di lavoro.
Viene tollerato l’utilizzo di termini stranieri all’interno delle università, ma solo se l’atto è giustificato dalla presenza di studenti non italiani. Per chi usa parole inglesi all’interno della Pubblica Amministrazione è prevista una multa che può variare dai 5mila ai 100mila euro.
Nei confronti della proposta FdI, negli ultimi giorni si è espressa anche l’Accademia della Crusca, definendola ridicola e non utile a salvaguardare la lingua italiana.
A cosa servirebbe?
Molti ritengono, tuttavia, che la proposta di legge avrebbe uno scopo ben definito. Il deputato Rampelli, in particolare, ha fatto più volte presente che il numero di termini inglesi confluiti all’interno della nostra quotidianità è cresciuto del 773%. Tra le 800mila parole italiane presenti all’interno di ogni vocabolario, infatti, ben 9.000 sono termini inglesi. Rampelli, inoltre, sostiene che non ci sarebbe nulla di strano se tali termini inglesi venissero impiegati per definire termini che in italiano non esistono. Per tutti i termini anglosassoni presenti nel nostro vocabolario, tuttavia, esiste una forma corrispondente in italiano, la quale potrebbe essere considerata anche piuttosto esaustiva e di gran lunga più gradevole all’orecchio.
La verità è che, al giorno d’oggi, risulta molto più attraente chiamare “briefing” una riunione, “happy hour” un aperitivo o “soft skills” le abilità tecniche di un neolaureato. Non si tratta, insomma, soltanto di una tendenza in voga al livello popolare, ma anche di un’abitudine che si sta diffondendo sempre di più anche all’interno degli ambienti ministeriali e governativi del paese. Ma una multa fino a 100mila euro per chi usa i termini inglesi potrebbe realmente contrastare questo fenomeno?
Come potrà essere applicata?
Un altro aspetto fondamentale da chiarire è proprio quello relativo all’applicazione di tale legge. Questo, purtroppo, non viene ben specificato all’interno del disegno presentato dal deputato Rampelli, né è stato possibile ottenere delucidazioni in merito da parte degli altri rappresentanti del Governo. Come abbiamo già detto, tuttavia, la norma si applicherebbe anche agli istituti scolastici di ogni ordine e grado e a tutte le università che propongono corsi in lingua straniera.
Eppure, come molti sanno bene, esistono tantissime università che propongono corsi in inglese proprio per favorire lo scambio culturale e per rendere fruibili i propri servizi ad una platea di studenti quanto più variegata ed internazionale possibile. In casi come questi, insomma, sorgono alcune problematicità di non lieve entità. Bisognerà, inoltre, capire se la Corte Costituzionale approverà il testo o se lo giudicherà come non armonico rispetto alla Costituzione del nostro Paese.
La legge sarà approvata?
Dal momento che il Governo Meloni può contare su una maggioranza piuttosto ampia, è abbastanza probabile che la legge Rampelli possa effettivamente essere approvata e inserita all’interno del nostro ordinamento. Restano, tuttavia, tantissimi dubbi relativi all’applicazione di tali norme e ai criteri con cui le rispettive sanzioni dovrebbero essere assegnate. C’è sempre da attendere il parere della Corte Costituzionale, che nei prossimi mesi potrebbe giudicare come incostituzionale il disegno di legge escludendo qualsiasi possibilità che il testo venga trasformato in legge.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it