Fa discutere molto (e ha fatto infuriare anche lo stesso Draghi) la decisione di cancellare il tetto agli stipendi pubblici di Ministeri e Forze Armate.
Secondo il Governo, infatti, la decisione ha travalicato le intenzioni di palazzo Chigi: “dinamica squisitamente parlamentare” frutto di una sintesi tra i partiti.
E per questo motivo c’è una frattura per cui il Governo attuale, ormai alle ultime battute viste le elezioni imminenti, prende le distanze da questa decisione.
Ecco dunque cos’è accaduto nello specifico.
Cancellato il tetto agli stipendi pubblici di Ministeri e Forze Armate
Ieri aveva ottenuto l’ok dal Senato la conversione in legge del Decreto Aiuti Bis, con lo sblocco di alcuni emendamenti “congelati” nelle ultime settimane.
La decisione è arrivata tramite un un emendamento a questo testo: una norma che, in estrema sintesi, cancella il tetto generalizzato a 240mila euro lordi all’anno per gli stipendi pubblici.
Questa deroga riguarda i vertici di Polizia, Carabinieri, Forze armate e ministeri.
Nello specifico coloro che si fregieranno di un “super stipendio”, a questo punto, sono in pratica i vertici di queste categorie appena citate:
- il capo della polizia
- i comandanti generali di Carabinieri e Guardia di Finanza
- il capo dell’amministrazione penitenziaria
- i capi di Stato maggiore di difesa e Forze armate,
- il comandante del Comando operativo di vertice interforze
- il comandante generale delle Capitanerie di Porto
- e tutti i capi dipartimento e i segretari generali di presidenza del Consiglio e ministeri.
Secondo quanto ricostruito dal Corriere della Sera, l’emendamento sarebbe arrivato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in extremis insieme a tutto il pacchetto che aveva avuto il parere favorevole del governo. Un emendamento tuttavia non segnalato e, nella fretta di chiudere, passato senza che molti se ne accorgessero.
Una procedura che non è stata gradita dal Governo, che si “dissocia” da questa decisione.
Cosa cambia adesso? Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore il “trattamento accessorio”, cioè le voci che si aggiungono allo stipendio di base e che negli scalini più alti della gerarchia sono le voci dominanti della retribuzione, potranno superare il limite massimo fissato introdotto a fine 2011.
Un limite stabilito quando il decreto Salva-Italia (Dl 201/2011, articolo 23-ter) rappresentò l’esordio del governo Monti nella battaglia contro il rischio default del Paese, rivisto nel 2014 all’inizio del governo Renzi.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it