Alcuni chiarimenti in merito ai riflessi dell’astensione del Commissario ad acta nella riflessione dell’Avvocato Maurizio Lucca su una recentissima sentenza.
La sez. Giurisdizionale, del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con la sentenza 22 giugno 2022, n. 751, delinea una particolare condizione di segnalazione alla Procura della Repubblica che non obbliga, il soggetto coinvolto, dal dovere di astensione rispetto al procedimento oggetto di esposto, specie ove questi operi come Commissario ad acta.
Più specificatamente e per esteso, l’aggiudicazione in una procedura di gara veniva impugnata dal secondo in graduatoria, ricorso accolto e successivamente, vista l’inadempienza del giudicato, veniva nominato un Commissario ad acta, che confermava l’esclusione della ricorrente: seguiva reclamo e successivo appello, nel quale si opponeva la violazione, da parte del Commissario ad acta, dall’obbligo di astensione «in quanto incompatibile dal proseguire un’attività nella quale era già intervenuto adottando un provvedimento poi annullato dal giudice amministrativo e dal quale risulterebbero strascichi risarcitori che potrebbero coinvolgere lo stesso Funzionario. Dalla vicenda, peraltro, era derivato un esposto penale».
Il conflitto di interessi
Nell’appello si eccepiva che «Il dovere di astensione dei pubblici dipendenti e degli amministratori scatterebbe a fronte di situazioni di mero pericolo, verificandosi in tutti i casi in cui sussistano condizioni che, avuto riguardo al particolare oggetto della decisione da assumere, sembrerebbero anche potenzialmente idonee a porre in pericolo l’assoluta imparzialità e la serenità di giudizio dei titolari dell’Ente»: il dedotto conflitto di interessi avrebbe ripercussioni sulla regolarità della gara (esclusione) minando la par condicio competitorum.
A ben vedere, il concetto di “interesse” va inteso in senso da ricomprendere ogni situazione di conflitto o di contrasto di situazioni personali, comportante una tensione della volontà verso una qualsiasi utilità che si possa ricavare dal contribuire all’adozione o partecipazione ad un atto amministrativo (ovvero, all’esecuzione di una funzione pubblica), sia esso endoprocedimentale che provvedimentale (verso le c.d. convergenze relazionali).
Quasi a proporre un sublime understatement nei confronti dell’interesse secondario (quello del Commissario, l’agente pubblico) che interferisce, o potrebbe interferire, con la capacità di agire nell’esclusivo interesse pubblico (anche con riferimento all’art. 54 Cost.), quello a cui è tenuto a perseguire (la c.d. finalizzazione, ai sensi dell’art. 97 Cost.) nello svolgimento della funzione pubblica assegnata dal Giudice (quello dell’ottemperanza, uno strumento di coazione indiretta), invece di quello di un’altra parte estranea al rapporto, il terzo beneficiario ultimo, ovvero, in alternativa, squisitamente personale (quello del Commissario ad acta) riferito ad una propria condotta precedente assunta con gli atti e i riflessi risarcitori (quelli pregiudizievoli per la parte ricorrente): una contrapposizione tra l’interesse pubblico e quello privato [1].
L’art. 42, Conflitto di interesse, del d.lgs. n. 50/2016, dispone «si ha conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione» [2], declinando una esemplificazione ex lege quando individua «in particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62» (recependo l’art. 6 bis della legge n. 241/1990, introdotto dalla legge n. 190/2012) [3].
Solo in presenza di tali situazioni deve operare l’obbligo di astensione, e di converso l’art. 77, comma 9, del Codice specifica, altresì, che «Al momento dell’accettazione dell’incarico, i commissari dichiarano ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, l’inesistenza delle cause di incompatibilità e di astensione di cui ai commi 4, 5 e 6», con conseguente verifica (non astratta ma concreta) da parte del RUP sia della presenza della dichiarazione che del suo contenuto.
Occorre rammentare, dunque, che nel settore dei contratti pubblici (e non solo) l’ipotesi del conflitto di interessi non può essere predicata in astratto, ma deve essere accertata in concreto sulla base di prove specifiche (da rendere), richiedendo che la minaccia alla sua imparzialità e indipendenza in relazione, alla causa di esclusione (caso di specie), sia dimostrata sulla base di presupposti specifici [4].
Detto in modo più esplicativo, è necessario che risultino provati gli elementi indiziari dai quali è possibile ricavare, in via presuntiva, il conflitto di interessi, e tali elementi si devono focalizzare sulla posizione del funzionario (alias Commissario ad acta), di cui deve essere provato l’interesse personale nella gara e il ruolo nella procedura (ossia, il suo lavoro per conto del giudice) che gli consentirebbe di influenzarla (un’allegazione probatoria tale da integrare i citati elementi costitutivi del conflitto di interessi) [5].
Il PNA 2022 (in consultazione)
Secondo il PNA 2022 in consultazione, il conflitto di interessi presente nel Codice dei contratti fa riferimento a «un’accezione ampia, con particolare riguardo al conflitto di interessi… attribuendo rilievo a posizioni che potenzialmente possono minare il corretto agire amministrativo e compromettere, anche in astratto, il comportamento imparziale del dipendente pubblico nell’esercizio del potere decisionale e in generale della propria attività. Alle situazioni tipizzate di conflitto di interessi individuate dalle norme e, in particolare, agli artt. 7 e 14 del Codice di comportamento di cui al d.P.R. n. 62/2013, si aggiungono quelle fattispecie – identificabili con le “gravi ragioni di convenienza”, cui pure fa riferimento lo stesso citato art. 7, ovvero con “altro interesse personale” introdotto dall’art. 42 del Codice dei contratti – che potrebbero interferire con lo svolgimento dei doveri pubblici. Si tratta di ipotesi che, per la loro prossimità alle situazioni tipizzate, sono comunque idonee a determinare il pericolo di inquinare l’imparzialità o l’immagine imparziale dell’amministrazione».
L’obbligo di astensione assume una funzione di garanzia preventiva «a tutela dei valori dell’imparzialità e del buon andamento dell’attività delle amministrazioni», con un dovere per la stazione appaltante di «vigilare sulla corretta applicazione della disciplina durante tutte le fasi di una procedura di gara, ivi compresa la fase di esecuzione dei contratti pubblici».
Il giudicato
Il GA, nel respingere l’appello, entra sul contenuto del conflitto di interessi non ritenendo che il Commissario ad acta abbia agito non correttamente dovendosi (come tra i motivi di gravame) astenere, in quanto incompatibile dal proseguire un’attività nella quale era già intervenuto, adottando un provvedimento poi annullato dal giudice amministrativo e dal quale risulterebbero strascichi risarcitori.
Il giudizio di ottemperanza
Invero, la condotta posta in essere dal Commissario (che surroga ex lege l’omissione dell’Amministrazione) è coerente con la sua funzione elettiva non potendo derogare al procedimento amministrativo, per come regolamentato dalla legge, sostituendosi all’Amministrazione silente ottemperando il giudicato – «in esecuzione di un ordine di giustizia» – proprio in considerazione che è organo del Giudice dell’ottemperanza e le sue determinazioni vanno adottate esclusivamente in funzione dell’esecuzione del giudicato e non in funzione degli interessi pubblici il cui perseguimento costituisce il normale canone di comportamento dell’Amministrazione sostituita [6].
A confermare tale posizione, l’Adunanza Plenaria [7] rileva che il potere surrogatorio del Commissario ad acta, in sostituzione dell’Amministrazione inadempiente, consente, tuttavia, a quest’ultima di provvedere: non perde il proprio potere di agire dopo la nomina e l’insediamento del Commissario ad acta, configurandosi una situazione di concorrenza nell’esercizio del potere-dovere di dare attuazione alla pronuncia del giudice da parte dell’Amministrazione, che ne è titolare ex lege, e da parte del Commissario, che, per ordine del giudice, deve provvedere in sua vece, nella veste di ausiliario e giammai di organo straordinario dell’Amministrazione.
L’attività del Commissario (pur in presenza di un atto annullato in sede di reclamo) non può costituire «affatto un’ipotesi di incompatibilità all’adozione di un nuovo atto, emanato nell’esercizio di un rinnovato potere, assistito da una differente motivazione», verrebbe meno l’esercizio del potere in relazione all’attività svolta che trova il suo riferimento nell’ordine del Giudice dell’ottemperanza (il c.d. decisum contenuto in sentenza): la nomina, integra una semplice facoltà del giudice che potrebbe decidere in teoria di provvedere direttamente [8].
Il principio del giudice naturale precostituito per legge
Diversamente opinando, manifesta il Giudice di seconde cure, «si perverrebbe alla paradossale conclusione che una stessa persona fisica titolare di un munus pubblico non potrebbe mai provvedere una seconda volta su uno stesso rapporto, nemmeno in autotutela, ove si tratti di un organo amministrativo».
Dunque, si completa anche l’ulteriore profilo riferito alla mera segnalazione all’Autorità giudiziaria che non impone alcun dovere di astensione, atteso che in caso contrario «risulterebbe sufficiente per l’interessato assolvere tale adempimento per evitare un funzionario o un giudice non gradito», e neppure le afferite pretese risarcitorie «posto che anche in tal caso, in difetto di concrete iniziative, non può certo attribuirsi rilievo ad affermazioni generiche che si trasformerebbero in un agile espediente per evitare che la decisione sia assunta da parte di un funzionario o di un giudice non gradito» (in non apparente contrasto con il principio del giudice naturale, ex art. 25 Cost., primo comma) [9].
L’obbligo di astensione
In conclusione, nel caso di specie, non sussistono le cause di astensione previste dall’art. 51 c.p.c. [10], né emergono situazioni idonee a pregiudicare l’imparzialità e la serenità del Commissario ad acta, esponendo in chiaro da una parte, l’estensione dei poteri di questi, coerenti con il comando contenuto nella decisione del giudice, dimostrando che non sono, pertanto, espressione di potere amministrativo, dall’altra, il conflitto di interessi deve coincidere con una posizione personale (secondaria) dell’agente che lo pone in conflitto con la funzione deputata alla cura dell’interesse pubblico (primario), minando l’imparzialità amministrativa (nella sua estensione degli artt. 2 e 97 Cost.), intesa come standard e come precetto primario che impone di prevenire situazioni suscettive di ostacolare la serenità e l’equanimità di giudizio nei procedimenti affidati.
Note
[1] TAR Lazio, Roma, sez. II, 9 aprile 2013, n. 3597.
[2] L’ampia portata della norma consente di ricomprendere nel suo ambito di applicazione tutti coloro che, anche senza averne titolo, e con qualsiasi modalità, e non necessariamente per conto della stazione appaltante, senza intervenire nella procedura, ma, anche dall’esterno, siano in grado di influenzarne il risultato, Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2018, n. 2853.
[3] La disposizione è lato sensu una “norma di pericolo”, nel senso che essa e le misure che contempla (astensione dei dipendenti) o comporta (esclusione dell’impresa concorrente) operano per il solo pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale possa determinare, Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2020, n. 3048. Per una disamina ecclettica si rinvia, DI RIENZO e FERRARINI, Viaggio nel mondo dei conflitti di interessi, Azienditalia, 2021, n. 4, ove si entra nell’essenza del conflitto di interessi dove «la corruzione più difficile da sanzionare (e che quindi è urgente prevenire) non è il tradimento di un patto fiduciario che il pubblico ufficiale corrotto mette a segno a discapito di tutto il resto del mondo. È piuttosto un fenomeno che ha a che fare con interessi convergenti, che sembra dare stabilità al mondo».
[4] TAR Lazio, Roma, sez. IV, 10 maggio 2022, n. 5786 e 10 maggio 2021, n. 5786; Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2020, n. 5370 e 6 maggio 2020, n. 2863.
[5] TAR Sardegna, sez. I, 16 marzo 2022, n. 190, idem Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 2020, n. 7943.
[6] TAR Calabria, Reggio Calabria, 1° febbraio 2013, n. 85.
[7] Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 25 maggio 2021, n. 8.
[8] CGA, 14 luglio 2021, n. 707, chiarendo che la nomina è funzionale a rimediare all’inadempienza dell’Amministrazione, affidando al Commissario ad acta uno specifico compito: un soggetto che rappresenta la longa manus del giudice, organo del giudizio di ottemperanza.
[9] Principio di certezza del cittadino di veder tutelati i propri diritti e interessi da un organo già preventivamente stabilito dall’ordinamento e indipendente da ogni influenza esterna, proprio perchè istituito sulla base di criteri generali fissati in anticipo dalla legge, e non già in vista di singole controversie, Corte Cost., 17 luglio 1998, n. 272.
[10] Le cause di incompatibilità e di astensione del giudice, codificate dall’art. 51 c.p.c., sono estensibili ed applicabili, in omaggio al principio costituzionale di imparzialità, ad ogni campo dell’azione amministrativa, e segnatamente, quando manchi una disciplina specifica propria, specie ove sia attività valutativa, dove rilevano esigenze di trasparenza, obiettività e terzietà di giudizio, TAR Lazio, Roma, sez. III bis, 25 gennaio 2019, n. 999.
Fonte: articolo dell'Avv. Maurizio Lucca - Segretario Generale Enti Locali e Development Manager