Visto lavorativo per gli stranieri in smart workingUna nuova normativa del Decreto Sostegni Ter prevede di dare il visto lavorativo agli stranieri che sceglieranno l’Italia per lo smart working. Vediamo insieme nel dettaglio.


Visto lavorativo stranieri smart working: con la pandemia, lo smart working è diventato l’unica alternativa per lavorare, quando eravamo rinchiusi dentro casa. Col ritorno alla normalità, molti lavoratori continuano a prediligere il lavoro da casa, richiedendo alcuni giorni di lavoro in smart working.

Gli ultimi due anni ci hanno insegnato che le forme di lavoro cambiano continuamente.

Ad esempio, esistono i nomadi digitali, ovvero dei lavoratori che hanno un impiego che gli permette di lavorare dove vogliono, sfruttando le opportunità del web. Ed è proprio a loro che è riservata la nuova normativa prevista dal Decreto Sostegni Ter.

Vediamo di cosa si tratta nello specifico.

Visto lavorativo per gli stranieri in smart working: ecco di cosa si tratta

Finora, i nomadi digitali, che lavorano da remoto in Italia, hanno dovuto richiedere un visto turistico, per lavorare nel nostro Paese, che ha una durata di 90 giorni.

Con la nuova procedura semplificata italiana, sarà consentito ai lavoratori in smart working, che scelgono l’Italia come “base” per il loro lavoro, di richiedere un permesso di soggiorno lavorativo di un anno, da poter prorogare per un altro anno.

Perciò, non sarà più necessario richiedere il nulla osta e non saranno più in vigore le quote stabilite dal Decreto Flussi, che prevedevano un massimo di 69’700 unità, di cui 42mila riservate al lavoro stagionale.

Tutto ciò che servirà sarà:

  • Un’assicurazione sanitaria;
  • Un reddito minimo.

I dettagli della nuova misura saranno stabiliti dal decreto intraministeriale, che potrebbe essere emanato entro la fine del mese di aprile.

Visto lavorativo per gli stranieri in smart working: una misura che rientra con gli obiettivi del PNRR

Visto lavorativo per gli stranieri in smart workingLa nuova normativa rientra in linea con gli obiettivi del Piano di ripresa e resilienza (PNRR). Tra gli obiettivi, infatti, c’è quello di riqualificare i piccoli borghi d’Italia.

Tra i fondi disponibili, c’è un miliardo di euro destinato ai bandi per la creazione di spazi di co-working: una misura che potrebbe attirare i nomadi digitali, anche nei borghi più piccoli del nostro Paese.

Secondo un’indagine dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali, infatti, il 93% dei nomadi digitali, che si trovano in Italia, preferisce vivere nei piccoli comuni e nei borghi, dove la qualità della vita è migliore, rispetto alle grandi città.

Bisognerà definire ancora i requisiti fiscali e assicurativi di questa categoria di lavoratori, ma si tratta di un’importante opportunità per l’Italia, ancora indietro in questo campo, rispetto ad altri Paesi europei, come Francia e Spagna.

Il Ministro della Cultura, Dario Franceschini, ha detto:

“Abbiamo tantissimi borghi e i lavoratovi in remoto possono riportarli in vita. Ora che le persone possono lavorare senza essere fisicamente presenti in ufficio, l’isolamento di questi luoghi non è più un problema ma parte della loro bellezza”.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it