Qualsiasi evento, che abbia una certa risonanza, riflette un comportamento che a sua volta riflette l’essenza delle persone.

Enzo Biagi, giornalista di grande fama ed esperienza, un giorno ha stigmatizzato il problema della responsabilità dei giornalisti dicendo: “La stampa fa paura. Anche a me. In genere non modifica le situazioni, non ha quel potere che la leggenda le attribuisce, ma può distruggere unapersona. Se sbaglia, sonoguai. E poi, non ci sono rimedi, anche quando tenta di riparare. La TV moltiplica addirittura l’effetto, per quel tanto di ‘ufficialità’ che si porta dietro”.

Di fatto, voleva richiamare l’attenzione degli operatori del settore, alle responsabilità che si devono assumere nello scrivere, specialmente se questo può causare un danno ingiusto e irreparabile.

Ma sappiamo che l’etica e l’essenza dell’uomo non cambiano a seconda del mestiere, ma ognuno resta quello che è a prescindere dal suo lavoro e dove si colloca la sua azione.

La maggior parte dei giornalisti in particolare, non avendo la caratura di Enzo Biagi e non avendo quindi sposato il binomio del giornalista-intellettuale, ma svilendo il proprio mestiere secondo le regole di mercato, hanno solo imparato a chiamare un assassino “un presunto assassino” e un riciclatore di denaro “un presunto riciclatore di denaro”, solo per evitare le cause di diffamazione, ma senza cambiare l’effetto della notizia, soffiando sul fuoco della calunnia ma tenendosi al riparo.

Praticamente hanno imparato a massimizzare i vantaggi giocando sulle parole , perché vedono solo la propria meta, confondendo il proprio utile con la giustizia.

Niente è più deplorevole che vedere persone istruite con una mente meschina, a cui non si riesce a dire neanche quello che si pensa, non riuscendo a trovare le parole per apostrofarli, né li si può trattare onestamente, perché questi non si sentono obbligati alle leggi dell’integrità e non obbediscono agli obblighi dell’onore.

Purtroppo, in una società dove i media invadono in modo prepotente ogni campo, ci accorgiamo di essere circondati da ridicolaggini e meschinità, di persone che non conoscono la sconfitta ma neanche la vittoria, proprio perché solo nei grandi ideali esiste la gloria, sia nella vittoria che nel fallimento e non in uno scopo meschino, come diffamare gli altri per un utile personale.

E’ sempre più difficile migliorare se stessi che diffamare gli altri, infatti non c’è nulla che i diffamatori non possano peggiorare facilmente.

Per questo serve guardare a questi soggetti con un approccio critico, sapendo che in ogni pseudo-inchiesta esiste un retroscena, dove lo spettatore non conosce che la superficie, dove accede a ciò che è detto, senza considerare ciò che non è detto, ciò che è implicito, quello che è conseguentemente logico, il segreto di un atteggiamento o di una frase.

Per questo tutti i giudizi sugli altri, filtrati da pseudo-giornalisti, possono essere parzialmente sbagliati, perché il lato meschino di chi racconta la storia è quanto di più camuffato ed inaccessibile della storia stessa che viene raccontata.

Oggi si è arrivati perfino a superare la diffamazione delle persone, riuscendo anche a diffamare le idee, per far si che gli utenti possano restare impigliati, rendendoli “assenti ingiustificati”.

In questo stato di cose è necessario non tirarsi indietro o sottrarsi dalla responsabilità di essere un argine grande o piccolo che sia, anche se il gioco si fa duro e soprattutto se il gioco si fa anche meschino, quindi, la battaglia si conduce nel campo dove i meschini sono più attrezzati.

Per questo necessita la sfida a produrre testimonianze e prove delle affermazioni dei calunniatori e quando ciò non avviene, sperare che si avrà, non la correttezza a cui nessuno spera, ma l’obbligo, a riabilitare il nome della persona diffamata, con la stessa pubblicità con la quale si ha avuto il pelo sullo stomaco per diffamarla.

Quella diffamazione del codardo, utilizzata dicendo e non dicendo, dando verdetti di colpevolezza in assenza dell’imputato, senza difesa o appello, da giudici-mediatici interessati e prevenuti. Quella calunnia che disdegna i mediocri, che cerca di riportare sulla terra i grandi, pascendo l’ambizione delle anime meschine che hanno bisogno di creare un nemico comune a cui puntare l’indice, in modo che questo nemico possa essere condiviso con una più vasta platea che è il fine ultimo del gioco.

Quindi è la platea a cui bisogna rivolgersi, ossia all’obiettivo per cui le anime del main stream si vendono, ossia a quelle persone che sono troppo impegnate a giudicare per poter perdere il tempo per capire, perché è sempre più facile disprezzare che comprendere, specialmente per quella platea che non riesce a capire neanche come gli altri possano mangiare ad un orario diverso o pulirsi il naso in modo diverso.

Per cui la chiave è sollecitare la platea a comprendere, cercando di non rimanere in superficie, spiegare che le azioni umane prima di tutto vanno comprese, che non bisogna giudicare sbagliato ciò che non si conosce, che solo perché non si capisce una cosa non vuol dire che non sia così e bisogna spiegare che si deve essere sempre almeno in due per scoprire la verità: uno che la esprima e un altro che la comprenda o quantomeno la voglia comprendere.

 


Fonte: articolo di Roberto Recordare