Nel viaggio della nostra vita, la prima cosa da fare è quello di mettersi alla guida, tenendo con noi la  bussola interiore che ci serve a non perdere mai il nostro orientamento, perché tante saranno le  persone e tanti saranno gli eventi che ci indicheranno una strada sbagliata, specialmente se la bussola  è puntata a qualcosa che non può essere facilmente compresa.

In questo viaggio è bene mettere la famosa scritta in evidenza: “E’ vietato parlare all’autista”, in modo  che nessuno ci distragga mentre stiamo guidando, fermandoci a parlare solo nelle fermate che  vogliamo prevedere.

Evitiamo di accettare consigli da chi non conosce la strada dove siamo diretti, anche perché non ci  potranno essere d’aiuto, specialmente se ci potrebbero condurre a fare i loro stessi errori.

La qualità dei consigli che possiamo accettare, quando richiesti, sono solo in base alla qualità della  vita che la persona che ci vuole dare il consiglio ha vissuto e alla condivisione della visione dei nostri fondamentali, su cui si basa la direzione dell’ago della nostra bussola.

Tutti sanno dare consigli in base al loro vissuto, non condividendo le nostre convinzioni e non avendo  provato i nostri dolori. E come fare la trasfusione di sangue tra due gruppi sanguigni non compatibili.

Consigli che arrivano da tanti, come tanti regali generosi, inversamente proporzionali a quanti sono  disposti a darci aiuto.

Tutti sanno come devono vivere la vita gli altri, senza poter dimostrare che sia  un esempio da seguire la loro. I migliori consiglieri non sono quelli che ci dicono come agire in certi  casi specifici ma quelli che ci danno l’ardente spirito e desiderio di agire bene lasciandoci scoprire  qual è il nostro dovere, in base alla nostra strada che abbiamo deciso di percorrere. Naturalmente il  più saggio dei consiglieri resta solo il tempo.

In questa ottica si innestano genitori più che cinquantenni, intenti a girare nelle agenzie di viaggi,  girando con buste di inutili acquisti, biasimando il cielo afoso e il governo, perplessi dei loro figli, che  gli resistono in casa e che gli girano intorno in insaziabile infanzia prolungata, mantenuti in natura o  denaro oltre il dovuto. Famiglie orientate al nichilismo, più o meno paghe a seconda delle pensioni e dei risparmi cumulati.

Senza considerare che la pigrizia mentale e il vittimismo piagnone, sono la  madre della fame e della nostra condizione, qualunque essa sia e che nessuna discolpa o fatalità può  essere la scusante della non azione.

Il nemico più pericoloso da combattere sono l’apatia, la rassegnazione e l’indifferenza a qualsiasi  causa, per noncuranza, causata dall’essere assorbiti in altre finalità, che non tengono conto della  nostra bussola interiore e dall’autocompiacimento, che porta le persone a essere come alberi dalle  radici secche, con quel vivere tanto per vivere, abbandonati alla vita quieta e ombreggiata e all’indifferenza, dalla mediocrità e dalla piattezza, come se la vita fosse qualcosa che accade.

È inaccettabile il non fare niente col pretesto che non ce la possiamo fare. Uno spirito che non si  esercita in nulla diventa grezzo e arrugginito, che si adagia su pericolosa concordia indolente e alla  maggioranza di consensi che dovrebbero impaurire più di eventuali lotte e discussioni.

Peccare di silenzio, quando bisognerebbe protestare, fa di un uomo un codardo e ci si abitua  facilmente a questa condizione.

Avere la propria bussola interiore significa che quello che è più sicuro, conveniente o popolare non  hanno più importanza, ma prende il sopravvento solo quello che è giusto in base alla direzione del  nostro ago, affrontando le complessità della scelta, non accettando la nostra morte interiore,  considerando che la vita offre delle opportunità come il mazziere distribuisce le carte da gioco, che comporta giocarsele e assumersi le responsabilità e accettarne le conseguenze, ma quando si è  troppo vigliacchi o troppo indecisi per coglierle, la vita si riprende le sue carte.

 


Fonte: articolo di Roberto Recordare