In un mondo usa e getta, non dura neanche la vergogna. La cultura della vergogna è  propria delle società ricche di valori condivisi, che non dà spazio a comportamenti  incoerenti.

Senza vergogna, una società decade rapidamente nei suoi legami di   solidarietà, forse per questo è così poco di moda nel nostro paese. Non ci sorprende sicuramente più vedere “cavalieri sull’asino bianco”, ma quello che sorprende di più è  di non vedere alcuna vergogna in loro, che denotano rozzezza e stupidità. Un vecchio  proverbio dice: “Dove non c’è vergogna, manca virtù e onore”.

Senso della vergogna e rispettabilità di un uomo

Di fatto gli uomini sono  tanto più rispettabili, quante più sono le cose di cui si vergogna, ma la vera vergogna  intima che sottende un’etica, non la vergogna che oggi si ha solo nel perdere e non nel  portarsi avanti con azioni infime, magari nascondendo la vergogna dovuta, adducendo  le azioni al proprio dovere e attenuando l’intima vergogna, fingendo di dedicarsi al bene  della società.

Di questa mancanza di vergogna, oggi ne è pervasa in gran parte la magistratura, ed è  facile notare i soggetti più svergognati, basta vedere la loro esposizione mediatica nelle  conferenze stampa di arresti, che finiscono con assoluzioni per non aver commesso il  fatto, perché non si vergognano delle cose sporche che possono perpetrare, ma di quello  che immaginano gli si possa attribuire a loro. Pertanto, si creano scudi mediatici, che  esaltano il momento dell’apparente fama e affossano le notizie dei fallimenti, modificano  perfino la morale collettiva. Una volta ci si vergognava di fallire miseramente nel proprio agire, oggi non è più così,  perché la vergogna è una parola scomparsa.

La vergogna è il sentimento che si prova  quando si sa di aver compiuto un atto che la coscienza morale condanna.

La coscienza morale persa

Non ci si  vergogna più, proprio perché si è venduta la coscienza morale. Il narcisismo  autoreferenziale ha preso il sopravvento in questa società dello spettacolo, prosciugando i pozzi della vergogna. Gli atti di cui un tempo ci si vergognava, piuttosto  che celati, sono addirittura esibiti.

Come si spiegherebbe, altrimenti, che personaggi più  o meno noti, si mostrino sotto lo sguardo degli spettatori – come la pornostar che,  durante la sua performance, fissa attraverso la telecamera gli occhi dell’osservatore.

Dal pudore, quello che un tempo chiamavamo discrezione, tutto si è rovesciato in un  bisogno di esibizione, cui si può dare anche la patente di autenticità, ma che in realtà è  parte integrante di una società in cui, per esistere, pare necessario essere visti, individuati, notati.

Altrimenti non si capirebbe perché mai, quotidianamente, siamo  costretti ad ascoltare vicende, come quel magistrato, che per somigliare ad altri colleghi  che sono rimasti nella storia come Falcone e Borsellino, cercando di improntare  maxiprocessi che hanno bisogno per forza di cose di tanti arresti, da fare costi quel che  costi, senza accorgersi che più che somigliare agli altri magistrati, somiglia alle bestie,  con tutto il rispetto per le bestie, che non hanno queste fisime.

Per poi scrivere libri  sfruttando delle indagini, che se tanto mi dà tanto, visto come vanno a finire i processi,  che si rivelano per gran parte dei grandi strafalcioni, si può concludere allo stesso modo  di quanto possano essere dei “saggi” questi libri immorali che mostrano al mondo la  vergogna che non hanno.

Conclusioni

Certe persone si dovrebbero vergognare non solo per quello che sono, ma  dovrebbero vergognarsi anche di sembrare quello che non sono. Come farsi  attribuire il titolo di scrittore senza avere alcuna capacità di esprimersi neanche a  parole.

Anche se non si è riusciti a dare la responsabilità ai magistrati neanche per il dolo,  con una “prescrizione a monte” del loro reato, devono ricordarsi che la vergogna  non è prescritta, anche se loro fanno leva sul potere che gli è stato concesso, per  ristabilire la loro reputazione. Non sono persone che si vergognano di fare bestialità,  ma si vergognano di riconoscere i propri errori, perché credono che l’aspetto  mediatico che loro gestiscono sia l’unico modo idoneo a conferirgli la reputazione  che loro si aspettano di avere.

Vergogna e senso di colpa sono emozioni nobili, essenziali per il mantenimento della  società civile e il confessare di aver sbagliato, equivale a dire, in altre parole, oggi  sono più saggio di ieri, evitando che quegli errori diventino dei crimini.

Ma non sono  cose che stanno nelle corde delle persone ignobili, perché la nobiltà sta nell’essere superiore alla persona che eravamo fino a ieri.

 


Fonte: articolo di Roberto Recordare