Mentre siamo tutti sommersi dai buoni propositi per la semplificazione e lo snellimento nella pubblica amministrazione e il ministro Brunetta afferma che il problema riguarda la “organizzazione delle risorse umane” e la digitalizzazione, il Sole 24 Ore pubblica un dato che tutti temevamo di avere intuito, ma senza la forza dei numeri.
I dati sugli stipendi delle Pubbliche Amministrazioni
Il dato riguarda gli stipendi delle Pubbliche Amministrazioni. Dalle banche dati dell’ARAN, l’agenzia nazionale che rappresenta le pubblica amministrazione nelle relazioni con il sindacato, risulta che:
- gli stipendi più bassi sono percepiti dai dipendenti delle Regioni e degli Enti locali (Comuni e Province)
- mente quelli più alti, oltre tre volte di più, sono quelli percepiti dai dipendenti delle Autorità indipendenti.
I primi arrivano a una media di 30.000,00 euro lordi annui, mentre i secondi superano i 90.000,00 annui.
Il dato è ancora più grave se gli stipendi dei dipendenti comunali e provinciali si separano da quelli dei dipendenti regionali, poiché, in alcune regioni, soprattutto nei livelli più alti, i dipendenti riescono a ottenete compensi maggiori. Quindi alzano il dato medio che se riferito solo ai Comuni e alle Provincie sarebbe più basso.
Perché questi dati?
Ebbene, poiché l’articolo 118 della nostra Costituzione afferma che “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni” e che “i Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale”, viene da chiedersi come mai chi sta “in prima linea”, a contatto con i cittadini e assicura il funzionamento della pubblica amministrazione, assumendo la responsabilità diretta delle proprie azioni, debba essere remunerato molto meno rispetto a chi, invece, svolge una funzione di indirizzo e coordinamento, senza alcuna responsabilità. E per questa funzione, lontana dai bisogni reali del Paese, percepisce fino a tre volte di più, in media, quindi di più in valore assoluto.
Non serve un grande esperto e nemmeno un luminare per comprendere che se in un processo di lavoro si premia chi controlla, senza alcuna responsabilità, più di chi produce e risponde di ciò che fa, inevitabilmente si ottiene un sistema fine a se stesso, schiacciato dagli adempimenti e lontano da ogni logica di
efficienza ed efficacia.
È come quella vecchia barzelletta di quell’equipaggio di canottieri che non riusciva a vincere e dopo avere chiesto la soluzione a una società di consulenza, si decide di sostituire tre componenti dell’equipaggio con un esperto di rotte, un esperto di risorse umane galleggianti e un coordinatore per pianificare le attività dell’equipaggio.
Alla fine della gara quell’imbarcazione perde miseramente, nonostante sia stato elaborato un Gantt sulle azioni necessarie, un foglio di calcolo sugli indicatori di performance e gli staff meeting prima e durante la prestazione. Ma colpa dell’insuccesso viene attribuita all’unico canottiere con remava, poichè il compito degli altri era solo di progettazione e coordinamento. I primi tre, quindi, hanno raggiunto l’obiettivo e sono ampiamente remunerati, anche in ragione della loro provenienza autorevole. L’ultimo, invece, quello che è ha faticato da solo, viene privato di ogni compenso perché non ha raggiunto l’obiettivo. E magari punito.
Conclusioni
Credo che l’esempio renda in pieno la situazione della nostra pubblica amministrazione dove chi lavora, si espone e firma, viene compensato in modo appena decente e sottoposto a costanti controlli e valutazioni, mentre chi decide piani, rotte e coordina o sanziona e “appesantisce” l’equipaggio e il processo, viene premiato e ottiene persino alte considerazioni.
Vogliamo fare una vera rivoluzione organizzativa? Cominciamo da qui: paghiamo “chi firma” più di “chi ferma” o comunque distribuiamo tra questi la responsabilità sul risultato conseguito.
P.S. Nessuno è sorpreso del fatto che il tema non è nell’agenda di alcun sindacato.
Fonte: articolo di Santo Fabiano
Tutto esatto. Era ora che qualcuno ne parlasse.
Chi ha scritto quest’articolo non poteva descrivere in maniera più esplicita la differenza esistente tra gli impiegati amministrativi dei vari enti. Nella mia vita lavorativa non mi è mai capitato di leggere cose più veritiere. È stata fatta una fotografia della realtà perfetta e la sostengo in tutto e per tutto.
E’ una verità assoluta.
A dire il vero sono anni che, ad ogni tornata di rinnovo contrattuale degli enti locali, i sindacati propongono meccanismi per portare le remunerazioni degli enti locali ai livelli delle amministrazioni centrali. Il fatto è che, a parte un piccolo intervento più di più di una decina di anni fa, i governi non sono mai stati d’accordo preferendo aumenti più o meno percentuali adducendo problemi di risorse.
Per il resto è tutto condivisibile.
Si in effetti i sindacati hanno combattuto per appiattire ulteriormente gli stipendi eliminando un paio d’anni fa la categoria di accesso D3 negli enti locali, che qualificava un po’ di più le figure apicali. Magari nel prossimo futuro si entrerà tutti in categoria C e le progressioni potranno essere fatte solo col benestare dei sindacati. Sono nauseato dallo squallore delle posizioni del sindacato che conduce da anni una battaglia alle figure apicali, in una “lotta i classe” alla rovescia dove i lavoratori combattono altri lavoratori per 50 o 100 euro di differenziale di stipendio e responsabilità sproporzionate rispetto a tali… Leggi il resto »
Parole sante. Sacrosante
Come non condividere. Aggiungo che anche all’interno dei singoli enti ci sono differenze assurde. Stessa qualifica ma differenti ruoli o responsabilità stipendi uguali. Ma di può ancora andare avanti così?
condivido in tutto e chi ci mette la faccia non è mai remunerato per quello che vale. La premiazione del vero merito rimane un tabù in Italia
Finalmente qualcuno che mette nero su bianco come questa macchina organizzativa appesantisca e svilisca il lavoro di noi addetti a contatto con la cittadinanza.
Tutti dobbiamo morire
Sono completamente d’accordo essendo parte del sistema. C’è un malinteso utilizzo degli strumenti di pianificazione che invece di essere al servizio dell’agire spesso risultano fini a se stessi. Dimenticando che un buon piano viene redatto in continua evoluzione e solo man mano che i passaggi si chiariscono. E chi vive solo gestendo piani e obiettivi spesso è troppo distante dal vero scopo del lavoro che è essere al servizio della collettività.
Un articolo che metterei in bacheca nel mio ufficio. Un’analisi stringente e “disarmante” che spiega meglio di qualsiasi studio perché il “sistema pubblico” ha smesso di funzionare da anni. Non è soltanto una questione retributiva ma lo svilimento di alcune funzioni pubbliche che vengono considerate di risulta e poco qualificate, e perciò peggio pagate di altre. Mi chiedo se i servizi non venissero erogati, a cosa servirebbe tutto questo apparato di controllori e di pianificatori centrali che, seduti comodamente dietro una scrivania, non hanno mai affrontato la trincea di un ente locale che opera con regole che rendono impossibile svolgere… Leggi il resto »