covid-19-ripartenza-pa-fase-dueRipresa delle attività produttive, industriali e commerciali nella cd. Fase due: il ruolo propulsivo richiesto alle pubbliche amministrazioni nella Direttiva n. 3/2020 del Ministro per Pubblica Amministrazione.


Emergenza Covid-19: ripartenza e ruolo della PA nella Fase Due. Con l’ultima Direttiva (la n. 3/2020) adottata il 4 maggio scorso, il Ministero per la Pubblica Amministrazione dà conto del fatto che nell’ambito del quadro normativo di riferimento scaturente dall’evolversi della situazione epidemiologica in atto è da ultimo intervenuto il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 aprile 2020.

Che, nel definire le misure per il contenimento del contagio da Covid-19 nella cosiddetta “fase due, relativamente ai datori di lavoro pubblici fa salvo quanto previsto dall’articolo 87 del decreto-legge n. 18 del 2020, il quale definisce, tra l’altro, il cd. lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni, e ciò fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente eventualmente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione.

Covid-19, ripartenza della PA nella Fase Due

Nella Direttiva de qua, viene posto in evidenza come anche nel citato DPCM 26 aprile 2020 l’attività svolta dalla amministrazione pubblica continui ad essere inserita nel relativo Allegato 3, ossia tra le attività non sospese, fermo restando il richiamo al succitato articolo 87 che, come detto, definisce il lavoro agile come “modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa”.

Nondimeno, benché l’art. 87 continui a rimanere la norma di riferimento contenente la disciplina normativa tuttora applicabile alle pubbliche amministrazioni anche nello scenario attuale, se ne suggerisce una lettura che tenga conto delle misure di ripresa della cd. fase due introdotte dallo stesso DPCM 26 aprile 2020 che ha ampliato il novero delle attività economiche (Ateco) non più soggette a sospensione.

In quest’ottica, proprio al fine di assicurare il necessario supporto all’immediata ripresa delle attività produttive, industriali e commerciali secondo quanto disposto al momento dal DPCM 26 aprile 2020 e, in futuro dalle ulteriori misure normative, viene contemplata la possibilità di rivedere le attività indifferibili, ampliando il novero di quelle già individuate in prima battuta, ovvero quelle da rendere in presenza per le predette finalità.

Provvedimenti amministrativi da considerare urgenti

Al riguardo, tra i procedimenti amministrativi da considerare urgenti ai sensi dell’articolo 103 (recante “Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza”) del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, si ritiene espressamente che vi rientrino quelli connessi alla immediata ripresa delle citate attività produttive, industriali e commerciali.

Rispetto alle quali le pubbliche amministrazioni, per quanto di competenza, ricevono e danno seguito alle istanze e alle segnalazioni dei privati, e ciò proprio nella più volte richiamata ottica dell’attivazione di misure necessarie ad assicurare la tanto agognata ripresa.

Fermo restando che le attività che le Amministrazioni sono chiamate a garantire possono essere svolte sia nella sede di lavoro – anche solo per alcune giornate, nei casi in cui il dipendente faccia parte del contingente minimo posto a presidio dell’ufficio di appartenenza – sia con modalità agile, si fa espresso invito alle Amministrazioni pubbliche a valutare, in particolare, se – nella attuale fase – le nuove o maggiori attività possano continuare a essere svolte con le modalità organizzative finora messe in campo ovvero se le stesse debbano essere ripensate a garanzia dei servizi pubblici da assicurare alla collettività.

A tal proposito, con riguardo all’eventualità che le fasi di riapertura dei settori e delle attività economiche – anche nei termini che saranno definiti con le prossime misure eventualmente adottate da parte del Governo (nazionale e/o regionale) – dovessero rendere necessario (sulla base di una auto-analisi organizzativa) un ripensamento delle modalità organizzative e gestionali attualmente in atto al fine di potenziare l’auspicato ruolo propulsivo delle Amministrazioni, si rammenta dover esser cura delle stesse assicurarne la compatibilità con la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Tutela della salute dei Dipendenti Pubblici

Per quanto attiene specificatamente alla problematica della tutela della salute dei dipendenti pubblici in ordine all’emergenza sanitaria COVID-19, in relazione al rischio specifico e avuto riguardo alla eventuale apposita integrazione al documento di valutazione dei rischi, viene posto in evidenza che le pubbliche amministrazioni sono tenute ad identificare misure organizzative, di prevenzione e protezione adeguate al rischio di esposizione a SARS-COV-2.

Questo nell’ottica sia della tutela della salute dei lavoratori sia del rischio di aggregazione per la popolazione, coerentemente con i contenuti del documento tecnico recante “Ipotesi di rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione” approvato dal Comitato Tecnico Scientifico nella seduta n. 49 del 09/04/2020 e pubblicato da INAIL espressamente richiamato nella direttiva.

Sempre sul tema della prevenzione e sicurezza dei dipendenti pubblici sui luoghi di lavoro, oltre a rinviare agli appositi Protocolli siglati dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e dalle Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nelle pubbliche amministrazioni, reperibili sul relativo sito istituzionale, e a rilevarsi che il 24 aprile scorso è stato integrato il Protocollo (“Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 nehgli ambienti di lavoro”) firmato, in accordo con il Governo, il 14 marzo tra sindacati e imprese per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori dal possibile contagio da nuovo coronavirus e garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro, il quale è stato inserito come Allegato (n. 6) al DPCM 26 aprile 2020, appare altresì utile segnalarsi che sulla scorta di tale documento, ovvero del summenzionato documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione approvato dal Comitato Tecnico Scientifico istituito presso il Dipartimento della Protezione Civile, e in linea coi loro principi, il 29 aprile scorso il Ministero della Salute ha peraltro adottato apposita Circolare recante “Indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività”, cui pertanto ciascun medico competente dovrà conformare la relativa attività.

Una sfida per le Pubbliche Amministrazioni

Nel porre in evidenza la sfida che le pubbliche amministrazioni dovranno affrontare nel prossimo futuro – rappresentata dalla necessità di mettere a regime e rendere sistematiche le misure adottate nella fase emergenzialeal fine di rendere il lavoro agile lo strumento primario nell’ottica del potenziamento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa” – il Ministro per la Pubblica Amministrazione sottolinea, tra l’altro, come il presupposto per incrementare il ricorso al lavoro agile (anche) nella fase successiva all’emergenza sia costituito dall’innovazione organizzativa.

Ragion per cui ciascuna amministrazione è chiamata ad attivare azioni di (auto)-analisi organizzativa, di monitoraggio e di semplificazione delle procedure, in uno con l’implementazione di programmi di investimento nelle tecnologie informatiche (tenuto conto delle apposite misure di ausilio allo svolgimento dello smart-working all’interno delle pubbliche amministrazioni rappresentate dalle possibilità di approvvigionamento di cui all’art. 75 del decreto cd. Cura Italia), nonché di sviluppo delle competenze attraverso il ricorso all’attività formativa come strumento di accompagnamento del proprio personale nel processo di trasformazione digitale dell’amministrazione e di diffusione della capacità di lavorare in modalità agile per il raggiungimento degli obiettivi assegnati, limitando al massimo il rischio di stress correlato alle nuove modalità di lavoro e garantendo il diritto alla disconnessione.

Viene invero esplicitato l’auspicio che lo scenario che si é delineato con la situazione emergenziale possa rappresentare un’occasione utile per individuare gli aspetti organizzativi da migliorare, con particolare riguardo alla digitalizzazione dei processi e al potenziamento della strumentazione informatica, che non sempre si è rivelata adeguata nelle singole realtà amministrative.

Sul fronte, infine, delle misure lato sensu organizzative concernenti la gestione del personale, si raccomanda l’adozione di modalità (di gestione) tendenzialmente duttili e flessibili, nella auspicata ottica di garantire che il supporto alla progressiva ripresa delle attività de quibus che si richiede alle pubbliche amministrazioni sia adeguato e costante, tale da assicurare – v’è da dedursi imprescindibilmente – la ragionevole durata e la celere conclusione dei connessi procedimenti, e ciò tenuto anche conto della imminente ripresa della decorrenza dei relativi termini momentaneamente sospesa.

 


Fonte: articolo dell'Avv. Giuseppe Vinciguerra - Segretario Generale Comune di Aragona