Fondi solidarietà alimentare Regione Sicilia: alcuni chiarimenti che delucidano alcuni aspetti dopo la deliberazione della giunta regionale n. 124 del 28.03.2020.
Con la deliberazione in oggetto sono state disposte misure urgenti per sostenere i nuclei familiari che, per effetto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, versano in condizioni disagiate e non possono far fronte con risorse proprie ad esigenze primarie, individuando i Comuni quali soggetti pubblici cui assegnare le risorse in quota capitaria, secondo l’apposita tabella allegata al medesimo provvedimento.
- Fondi solidarietà alimentare Regione Sicilia: alcune criticità
- I chiamenti del Dipartimento regionale delle Autonomie locali
- Le procedure di affidamento e il codice dei contratti pubblici
- Circostanze di somma urgenza
- La situazione siciliana
- Il provvedimento del Dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali
- Il parere dell’ANAC
- La questione “antimafia”
- La legge n. 136/2010
- I finanziamenti europei
- Conclusioni
Fondi solidarietà alimentare Regione Sicilia: alcune criticità
L’utilizzo – da parte dei Comuni – delle somme stanziate per i fini sopra evidenziati non è tuttavia parso particolarmente agevole tanto da spingere associazioni di categoria a richiedere interventi risolutori al riguardo, specie con riferimento alla questione della deroga al Codice dei Contratti pubblici.
In particolare, l’ANCI ha manifestato la necessità che il Governo regionale chiarisse prioritariamente e preventivamente la questione della deroga al Codice dei contratti pubblici, chiedendo sostanzialmente l’inserimento dell’intervento regionale de quo all’interno del quadro normativo previsto dall’Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 658 del 29 marzo 2020.
Al riguardo, in un’ottica di superamento della problematica prospettata, il Dipartimento regionale delle Autonomie locali, con la Circolare n. 12 del 7.4.2020, ha ritenuto opportuno evidenziare quanto segue.
I chiamenti del Dipartimento regionale delle Autonomie locali
In primo luogo, è stato posto in evidenza che l’art. 63, comma 2, lett. c), del d.lgs. 18.4.2016, n. 50 prevede già l’uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara “nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici”.
Ai fini della conferma della legittimità del ricorso a procedure in forma semplificata, proprio in ragione dell’attuale situazione di emergenza sanitaria, sono poi stati richiamati dal Dipartimento regionale, da un lato, la Comunicazione della Commissione Europea dell’1.4.2019 avente ad oggetto “Orientamenti della Commissione europea sull’utilizzo del quadro in materia di appalti pubblici nella situazione di emergenza connessa alla crisi della Covid-19”, e, dall’altro, l’art. 4 dell’Ordinanza di Protezione civile n. 655 del 25.3.2020 – il cui art. 6 ne ha specificato l’espressa automatica applicazione alle Regioni a Statuto speciale – ai sensi del quale “gli Enti locali, al fine di dare piena ed immediata attuazione ai provvedimenti normativi e di protezione civile emanati in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19 ed in genere per assicurare la gestione di ogni situazione connessa all’emergenza epidemiologica, possono procedere ad appalti di servizi e forniture in deroga ai tempi e alle modalità di pubblicazione dei bandi di gara di cui agli articoli 60, 61, 72, 73 e 74 del Codice dei Contratti pubblici”.
E’ stato infine evidenziato che l’emergenza epidemiologica da COVID-19 costituisce circostanza di somma urgenza ai sensi dell’art. 163, comma 6, del d.lgs. 18.4.2016, n. 50, con la conseguente “possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di affidare gli appalti pubblici secondo le procedure disciplinate dal predetto articolo del codice dei contratti pubblici”.
Le procedure di affidamento e il codice dei contratti pubblici
Tale articolo, come noto, disciplina per l’appunto le procedure (di affidamento) in caso di somma urgenza e di protezione civile, prevedendo – al comma 6 – che in tali circostanze ed entro i limiti temporali dell’emergenza le amministrazioni aggiudicatrici possono procedere all’affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture con le procedure previste nel medesimo articolo.
Le procedure (di affidamento) contemplate in detto articolo prevedono che “in circostanze di somma urgenza che non consentono alcun indugio, il soggetto fra il responsabile del procedimento e il tecnico dell’amministrazione competente che si reca prima sul luogo, può disporre, contemporaneamente alla redazione del verbale, in cui sono indicati i motivi dello stato di urgenza, le cause che lo hanno provocato e i lavori necessari per rimuoverlo, la immediata esecuzione dei lavori entro il limite di 200.000 euro o di quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità” (comma 1).
“L’esecuzione dei lavori di somma urgenza può essere affidata in forma diretta ad uno o più operatori economici individuati dal responsabile del procedimento o dal tecnico dell’amministrazione competente” (comma 2).
“Il corrispettivo delle prestazioni ordinate è definito consensualmente con l’affidatario; in difetto di preventivo accordo la stazione appaltante può ingiungere all’affidatario l’esecuzione delle lavorazioni o la somministrazione dei materiali sulla base di prezzi definiti mediante l’utilizzo di prezzari ufficiali di riferimento, ridotti del 20 per cento, comunque ammessi nella contabilità; ove l’esecutore non iscriva riserva negli atti contabili, i prezzi si intendono definitivamente accettati” (comma 3).
I commi 4 e 5 di detto articolo si occupano inoltre di disciplinare la procedura di approvazione di quanto eseguito in circostanze di emergenza, prevedendo, in particolare che, qualora l’Amministrazione competente sia un ente locale, la copertura della spesa di cui trattasi venga assicurata con le modalità previste dall’articolo 191, comma 3, e 194 comma 1, lettera e), del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 e successive modificazioni e integrazioni.
Il comma 7 si occupa invece delle verifiche sul possesso dei requisiti di partecipazione, ammettendosi che ove vi sia l’esigenza impellente di assicurare la tempestiva esecuzione del contratto, gli affidatari dichiarino, mediante autocertificazione, resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il possesso di quelli previsti per l’affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura ordinaria, che l’amministrazione aggiudicatrice dovrà poi controllare in un termine congruo, compatibile con la gestione della situazione di emergenza in atto, comunque non superiore a sessanta giorni dall’affidamento. Nel primo atto successivo alle verifiche effettuate, l’Amministrazione aggiudicatrice è altresì tenuta a dar conto, con adeguata motivazione, della sussistenza dei relativi presupposti, risultandole, in ogni caso, precluso procedere ad alcun pagamento, anche parziale, in assenza delle relative verifiche positive.
Circostanze di somma urgenza
La espressa previsione che in circostanze di somma urgenza – quali quella relativa alla emergenza epidemiologica da COVID-19 – le amministrazioni aggiudicatrici possano procedere – entro i limiti temporali della dichiarazione dell’emergenza medesima – all’affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture con le procedure previste nell’articolo 163, non può che condurre alla conclusione (peraltro confermata dal richiamo letterale delle forniture e dei servizi di cui al comma 6) della applicazione – in dette circostanze – finanche di quanto previsto dal comma 9 del medesimo articolo, il quale prevede espressamente che limitatamente agli appalti pubblici di forniture e servizi di cui al comma 6, di importo pari o superiore a 40.000 euro, per i quali non siano disponibili elenchi di prezzi definiti mediante l’utilizzo di prezzari ufficiali di riferimento, laddove i tempi resi necessari dalla circostanza di somma urgenza non consentano il ricorso alle procedure ordinarie, gli affidatari si impegnano a fornire i servizi e le forniture richiesti ad un prezzo provvisorio stabilito consensualmente tra le parti e ad accettare la determinazione definitiva del prezzo a seguito di apposita valutazione di congruità. A tal fine il responsabile del procedimento comunica il prezzo provvisorio, unitamente ai documenti esplicativi dell’affidamento, all’ANAC che, entro sessanta giorni rende il proprio parere sulla congruità del prezzo. Nelle more dell’acquisizione del parere di congruità è comunque consentito procedere al pagamento del 50% del prezzo provvisorio [1].
La formulazione di detta disposizione, la quale – come opportunamente osservato [2] – pur dovendo essere “letta con l’art. 63, comma 2, lett. c (e «comunque» senza dimenticare tale norma) che disciplina già una procedura negoziata di affidamento senza pubblicazione per ragioni di estrema urgenza, ivi comprese le emergenze di protezione civile”, dovrebbe – a dir del Consiglio di Stato nel relativo parere espresso sullo schema del nuovo Codice dei Contratti pubblici – “trovare applicazione esclusivamente nei casi per i quali l’urgenza appaia ancor più pressante rispetto a quella ipotizzata dall’art. 63”, non par, come agevolmente intuibile, in grado di far conseguire agli enti interessati gli effetti sperati in termini di celerità e speditezza per come richiesto dalla eccezionale situazione di emergenza in atto, in uno con le connesse esigenze di tutela dei bisogni primari sottese all’intervento regionale in argomento.
La situazione siciliana
Nel corso della seduta della Giunta regionale che ha portato all’adozione della deliberazione in oggetto, il Presidente della Regione ha invero ben rappresentato che l’emergenza epidemiologica da COVID-19 in atto, oltre a causare danni incalcolabili per l’economia del Paese, potesse determinare una gravissima situazione nella Regione Siciliana, con il rischio di insorgenza di gravi tensioni sociali che già peraltro si erano manifestate in alcuni comuni.
Al riguardo, il Presidente ha fatto presente che il Governo regionale dovesse – a suo dire – porre in essere iniziative “in aggiunta a quelle adottate dal Consiglio dei Ministri” (con chiaro implicito riferimento alle misure disposte con l’Ordinanza di Protezione civile n. 658 del 29.3.2020) per venire in aiuto alle famiglie che in questo momento non possono far fronte con proprie risorse ai bisogni primari.
Il quadro normativo richiamato nella succitata Circolare assessoriale non par nondimeno del tutto confacente alla tipologia di intervento di “assistenza alimentare a favore delle famiglie disagiate della Regione” che il Governo regionale ha dichiaratamente inteso porre in essere, e ciò avuto riguardo proprio al deliberato della Giunta regionale, a mezzo del quale si è invero disposta la assegnazione delle risorse in argomento in quota capitaria ai Comuni, nella misura riportata nell’apposita Tabella allegata alla deliberazione de qua, sì che questi ultimi possano erogarle in via diretta o in altra forma, anche avvalendosi degli enti del terzo settore, agli appositi beneficiari finali, garantendone comunque l’identificazione. Le risorse in questione sono state in effetti dichiaratamente vincolate “quale intervento di sostegno sociale per beni di prima necessità (alimenti e prodotti farmaceutici)”, da destinare prioritariamente ai nuclei familiari che non percepiscono alcuna altra forma di reddito o alcuna altra forma di assistenza economica da parte dello Stato, compresi ammortizzatori sociali e reddito di cittadinanza.
Il provvedimento del Dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali
Sul medesimo crinale si è mosso il Dirigente del Dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali, il quale, in esecuzione di quanto espressamente demandatogli nella deliberazione giuntale in oggetto, con il DDG n. 304 del 4 aprile scorso, ha provveduto a porre in essere i necessari adempimenti per l’erogazione ai Comuni dei 30 milioni di euro di fondi FSE (pari al 30% della quota di riparto per Comune di cui alla Tabella allegata alla deliberazione n. 124) approvando, oltre al corrispondente riparto delle risorse disponibili tra i Comuni, lo schema dell’Atto di Adesione da sottoscrivere da parte degli stessi ai fini della relativa accettazione e da restituirsi debitamente sottoscritto dal rappresentante dell’ente quale condizione per il relativo utilizzo, contenente peraltro la espressa indicazione dei parametri appositamente individuati per la rilevazione dello stato di bisogno dei nuclei familiari in questione.
Il fatto che, per sostenere i nuclei familiari che versano in condizioni disagiate e che non possono far fronte con risorse proprie ad esigenze primarie, con la Deliberazione n. 124 del 28.03.2020 la Giunta Regionale abbia destinato complessivi € 100 mln, di cui i primi € 30 mln a valere sul PO FSE 2014-2020 Obiettivo specifico 9.1 (di cui centro di responsabilità è il Dipartimento della Famiglia e delle Politiche sociali), le cui regole di utilizzo risultano particolarmente complesse e non immediate, non par al sottoscritto mutare la natura dell’operazione che i Comuni sono chiamati a porre in essere, la quale, a parer di chi scrive, appare, nella sostanza, tendenzialmente (salve le particolari configurazioni dell’operazione di cui si dirà infra) estranea al campo di applicazione del Codice dei contratti pubblici, ovvero a quello degli affidamenti pubblici di lavori, servizi e forniture, sia pure al suggerito quadro normativo di riferimento delle procedure di somma urgenza e/o di protezione civile, soggiacendo, invece, a puntuali adempimenti sul fronte della rendicontazione dell’utilizzo delle risorse all’uopo assegnate, come opportunamente avvertito dal suddetto Dipartimento con apposita Comunicazione del 9 aprile scorso (prot. n. 10221) indirizzata ai Sindaci dei Comuni della Regione Siciliana.
Il parere dell’ANAC
Invero, come condivisibilmente messo in rilievo dall’Autorità Nazionale Anticorruzione nella deliberazione n. 313 del 9 aprile scorso con riguardo agli interventi di cd. solidarietà alimentare promossi dal Governo Nazionale con l’Ordinanza della Protezione Civile n. 658, la invocata “deroga al Codice dei contratti”, ben potrebbe essere bypassata, ove, al contrario, venisse valorizzata la complementare richiesta di inserimento dell’intervento del Governo regionale all’interno del quadro normativo previsto dalla predetta Ordinanza nazionale di Protezione Civile.
Sostiene, infatti, ANAC che “i buoni spesa e gli acquisti diretti di generi alimentari consentiti in base alla citata Ordinanza sono assimilabili ai voucher sociali, sostanziandosi in modalità di erogazione sostitutive di contributi economici in favore di soggetti che versano in stato di bisogno”.
“Per l’effetto – prosegue l’Autorità – si ritengono applicabili le indicazioni contenute nella determina n. 556 del 31/5/2017 sulla tracciabilità dei flussi finanziari, laddove è stabilito che «per assenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione dell’art. 3 della legge n. 136/2010, la tracciabilità non si applica all’erogazione diretta, a titolo individuale, di contributi da parte della pubblica amministrazione a soggetti indigenti o, comunque, a persone in condizioni di bisogno economico e fragilità personale e sociale ovvero, ancora, erogati per la realizzazione di progetti educativi». Sulla base delle motivazioni esposte – conclude sul punto ANAC – “le erogazioni in argomento non sono assoggettate all’obbligo di acquisizione del CIG, né ai fini della tracciabilità, né ai fini dell’assolvimento degli obblighi comunicativi in favore dell’Autorità”.
L’Autorità ha poi modo di precisare che un “appalto di servizi” si configura invece nel caso in cui il Comune affidi a soggetti terzi il servizio di gestione del processo di acquisizione, erogazione, monitoraggio e rendicontazione dei buoni spesa (ad es., acquistando voucher sociali sul MEPA). In tal caso, l’affidamento – in ragione della espressa deroga al Codice dei Contratti pubblici contemplata nell’art. 2, comma 4 dell’Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 658 del 29 marzo 2020 – potrà avvenire in deroga al decreto legislativo n. 50 del 2016, ma resterà assoggettato all’obbligo di acquisizione del CIG ai soli fini della tracciabilità, ben potendo, quindi, il Comune, da un punto di vista operativo, acquisire un CIG semplificato (smartCIG) qualunque sia l’importo del servizio affidato, rimanendo così esonerato da ogni altro obbligo contributivo e informativo verso l’Autorità.
A configurare la fattispecie dell’appalto di servizi – a dir dell’ANAC – è altresì l’ipotesi delle attività gestite tramite enti del terzo settore, qualora sia previsto il riconoscimento di una remunerazione che vada oltre il mero rimborso delle spese.
La questione “antimafia”
Tale lettura trova peraltro conferma nella determinazione n. 4 del 2011, recante “Linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari ai sensi dell’articolo 3 della legge 13 agosto 2010, n. 136”, adottata dall’Autorità in materia di tracciabilità, quale meccanismo di contrasto alla criminalità organizzata finalizzato a prevenire infiltrazioni criminali disciplinato dalla legge n. 136 del 13 agosto 2010 (artt. 3 e 6 ). Alla luce dell’entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nonché del decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56 recante “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50” (cd. “Correttivo”), l’Autorità ha aggiornato, con la Delibera n. 556 del 31/5/2017, la succitata determinazione n. 4 del 2011, al fine di adeguare le disposizioni ivi contenute alle nuove disposizioni codicistiche nonché alla giurisprudenza e prassi consolidata.
Come noto, la ratio delle norme dettate dalla legge n. 136/2010 è quella di prevenire infiltrazioni malavitose e di contrastare le imprese che, per la loro contiguità con la criminalità organizzata, operano in modo irregolare ed anticoncorrenziale. A tal fine, tra l’altro, la legge prevede che i flussi finanziari collegati ad un contratto di appalto di lavori, servizi o forniture, debbano essere tracciati, in modo tale che ogni incasso e pagamento possa essere controllato ex post.
L’informazione tracciante opera con le stesse proprietà di un codice identificativo e deve, pertanto, essere funzionale all’attività ricostruttiva dei flussi; inoltre, occorre garantire che non sia dispersa l’informazione finanziaria identificativa del contratto o del finanziamento pubblico a cui è correlata ogni singola movimentazione di denaro soggetta a tracciabilità.
La legge n. 136/2010
I pilastri fondamentali dell’art. 3 della legge n. 136/2010 sono:
- l’utilizzo di conti correnti dedicati per l’incasso ed i pagamenti di movimentazioni finanziarie derivanti da contratto di appalto;
- il divieto di utilizzo del contante per incassi e pagamenti di cui al punto a) e di movimentazioni in contante sui conti dedicati;
- l’obbligo di utilizzo di strumenti tracciabili per i pagamenti.
A seguito dell’emanazione della legge n. 136/2010, il CIG è divenuto anche lo strumento, insieme al CUP, su cui è imperniato il sistema della tracciabilità dei flussi di pagamento; tale nuova funzione ha comportato l’estensione dell’utilizzo del CIG a tutte le fattispecie contrattuali contemplate nel Codice, indipendentemente dall’importo dell’appalto e dalla procedura di scelta del contraente adottata.
Se dunque, sul fronte dell’ambito di applicazione soggettivo, stanti le finalità antimafia perseguite dalla normativa in questione, e considerato che la normativa antimafia trova applicazione generalizzata ai contratti pubblici, risultano senz’altro tenuti all’osservanza degli obblighi di tracciabilità tutti i soggetti sottoposti all’applicazione del Codice dei contratti pubblici, e, pertanto, tutte le stazioni appaltanti di cui all’art. 3, comma 1, dalla lett. a) alla lett. o) del Codice medesimo, sul diverso fronte del relativo ambito oggettivo di applicazione non poche sono le fattispecie che – come chiarito dalla stessa Autorità – non rientrano nel cd. perimetro della tracciabilità.
Tra le fattispecie specifiche prese in esame dall’ANAC nella succitata determinazione n. 4/2011, aggiornata con la deliberazione n. 556/2017, al punto 3.5 figurano i “servizi sanitari e sociali”, trattando dei quali l’Autorità ha avuto di precisare che “la tracciabilità non si applica all’erogazione diretta, a titolo individuale, di contributi da parte della pubblica amministrazione a soggetti indigenti o, comunque, a persone in condizioni di bisogno economico e fragilità personale e sociale ovvero, ancora, erogati per la realizzazione di progetti educativi” in ragione dell’“assenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione dell’art. 3 della legge n. 136/2010 [3].
Sul filone della valorizzazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma, l’Autorità tiene ben distinta da tale ipotesi, la diversa fattispecie – a prescindere dal nomen juris attribuitole – dell’appalto eventualmente aggiudicato a operatori economici per la gestione del processo di erogazione e rendicontazione dei contributi ovvero l’appalto o la concessione aggiudicati per l’erogazione delle prestazioni, ritenendo pienamente soggetto agli obblighi di tracciabilità, a titolo esemplificativo, l’affidamento (all’esterno) del servizio di realizzazione, erogazione, monitoraggio e rendicontazione dei cd. voucher sociali.
I finanziamenti europei
Sempre con riguardo all’ambito (oggettivo) di applicazione, l’Autorità – analizzando il caso dei “concessionari di finanziamenti pubblici anche europei” (par. 2.3) – ha poi modo di precisare che l’art. 3, comma 1, della legge n. 136/2010 prevede l’obbligo di tracciabilità a carico dei «concessionari di finanziamenti pubblici anche europei a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici».
Propende, al contrario, per l’esclusione dall’ambito di applicazione della disciplina sulla tracciabilità delle fattispecie relative al caso di agevolazioni o di finanziamenti erogati da un soggetto pubblico – comunitario, nazionale o regionale – a sostegno dell’attività d’impresa (ad esempio, i contributi erogati alle imprese a fondo perduto ovvero i finanziamenti agevolati ad imprese ai sensi della legge 19 dicembre 1992, n. 488), “mancando la riconducibilità alla prestazione di forniture, servizi o lavori pubblici strettamente intesi”, atteso che l’art. 3 della legge n. 136/2010 richiede espressamente una correlazione con l’esecuzione di appalti di lavori, servizi e forniture.
Così argomentando, e stante il tenore letterale dell’articolo 3, comma 1, l. n. 136/2010, l’Autorità afferma che i soggetti beneficiari di finanziamenti europei devono ritenersi assoggettati alla disciplina sulla tracciabilità unicamente qualora siano “a qualsiasi titolo interessati ai lavori, ai servizi e alle forniture pubblici”, e ciò – sottolinea ANAC – “senza che si possa procedere ad interpretazioni estensive o restrittive della norma, salvo che disposizioni speciali non impongano la tracciabilità dei relativi flussi finanziari”.
A conclusioni differenti non può pertanto addivenirsi – ad avviso di chi scrive – per il caso dei buoni spesa/voucher da assegnarsi da parte dei Comuni siciliani ai nuclei familiari che si trovano in stato di bisogno conseguente agli effetti economici derivanti da COVID-19 per l’acquisto di beni di prima necessità (alimenti, prodotti farmaceutici, prodotti per l’igiene personale e domestica, ecc.), sostanziandosi – al pari dei buoni spesa e degli acquisti diretti di generi alimentari di cui alla citata Ordinanza del Capo della Protezione civile – in modalità di erogazione sostitutive di contributi economici in favore di soggetti che versano in stato di bisogno, nonché difettando i presupposti soggettivi ed oggettivi di applicazione dell’art. 3 della legge n. 136/2010, ovvero, in altri termini, la riconducibilità alla prestazione di forniture, servizi o lavori pubblici strettamente intesi, attesa, a fortiori, la sopra evidenziata natura eccezionale delle disposizioni dettate dall’art. 3 della legge n. 136/2020, che esclude possa farsi luogo ad una interpretazione estensiva delle stesse.
Conclusioni
In considerazione di quanto sopra esposto, non può che auspicarsi un tempestivo intervento chiarificatore da parte dei competenti Uffici regionali al riguardo, volto a superare – in uno spirito di collaborazione istituzionale – le criticità insite, non solo nelle non ancora esplicitate modalità di rendicontazione delle risorse de quibus, ma per l’appunto, ed ancor prima, quelle attinenti le modalità di utilizzo delle stesse, sì da consentire realmente ai Comuni interessati di operare con la celerità e la prontezza che l’emergenza in atto richiede.
Avv. Giuseppe Vinciguerra
Segretario Generale Comune di Aragona
[1] Al riguardo, si segnala che con apposito Comunicato del relativo Presidente del 15 febbraio 2017, ANAC ha chiarito i “presupposti di ammissibilità e modalità di presentazione delle istanze per il rilascio del parere sulla congruità del prezzo, ai sensi dell’art. 163 del d.lgs. n. 50/2016”.
[2] C. Modica De Mohac, “Sistemi di affidamento e settori esclusi”, in Guida giuridica Italia Oggi, Il nuovo codice degli appalti, n. 7, 27 aprile 2016, p. 16.
[3] Negli stessi termini, si esprime l’Autorità nell’ambito delle faq in materia di tracciabilità dei flussi finanziari pubblicate sul relativo sito istituzionale, ove, al punto A.8, tra le fattispecie per le quali non sussiste l’obbligo di richiedere il codice CIG ai fini della tracciabilità è ricompresa “l’erogazione diretta, a titolo individuale, di contributi da parte della pubblica amministrazione a soggetti indigenti o comunque a persone in condizioni di bisogno economico e fragilità personale e sociale, ovvero finalizzati alla realizzazione di progetti educativi”.
Fonte: articolo dell'Avv. Giuseppe Vinciguerra - Segretario Generale Comune di Aragona