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Alcuni chiarimenti in merito alla gestione del personale ASU in servizio nei Comuni Siciliani e ai sussidi cui hanno diritto.


Emergenza Covid-19 in Sicilia e gestione personale ASU in servizio presso i comuni: niente sospensione del sussidio in caso di impegno al recupero delle ore non lavorate.

Come noto, in queste ultime settimane, a causa dell’allerta internazionale per il diffondersi dell’epidemia da COVID-19, sono stati adottati diversi atti normativi recanti misure urgenti, anche precauzionali, ai fini del contenimento e gestione dell’emergenza.

Alcune di esse hanno interessato l’attività dei pubblici uffici in senso lato e, più in particolare, lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei pubblici dipendenti al loro interno.

Le disposizioni sull’emergenza Covid-19

Tra le disposizioni più rilevanti in tal senso rilevano:

  1. l’art. 1, comma 2, lett. k) del D.L. n. 6/2020, contemplante – tra le possibili misure da potersi adottare da parte delle competenti Autorità allo scopo di evitare il diffondersi del COVID-19 – la eventuale “chiusura o limitazione dell’attività degli uffici pubblici, degli esercenti attività di pubblica utilità e servizi pubblici essenziali di cui agli articoli 1 e 2 della legge 12 giugno 1990, n. 146, specificamente individuati”;
  2. l’art. 1, comma 1, lett. e) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020, la cui efficacia era risultata poi estesa all’intero territorio nazionale, in forza dell’art. 1, comma 1 del DPCM 9.3.2020 – raccomandante ai datori di lavoro, pubblici e privati, la promozione, durante il periodo di efficacia del decreto, della fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie, “fermo restando quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera r)” del medesimo decreto; tale ultima disposizione aveva, dal canto suo, previsto – quale misura per il contrasto e il contenimento sull’intero territorio nazionale del diffondersi del virus COVID-19 – “la modalità di lavoro agile disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81” stabilendo che la stessa potesse “essere applicata, per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020, dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti”. Era stato inoltre previsto che “gli obblighi di informativa di cui all’art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, fossero assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’INAIL.
  3. l’art. 1, comma 6), del DPCM 11 marzo 2020, il quale ha disposto che “fermo restando quanto disposto dall’art. 1, comma 1, lett. e) del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo e fatte salve le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza, le pubbliche amministrazioni assicurano lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile del proprio personale dipendente, anche in deroga agli accordi individuali e agli obblighi informativi di cui agli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81 e individuano le attività indifferibili da rendere in presenza”.

Il lavoro agile

A tale ultimo DPCM si deve in effetti un vero e proprio cambiamento di approccio circa l’attività delle pubbliche amministrazioni, discendendone – per il periodo preso in considerazione (dal 12 marzo e fino al 25 marzo 2020) – una nuova regola: quella secondo cui il cd. lavoro agile – autorizzato in deroga agli obblighi informativi e agli accordi previsti dalla legge – costituisce la nuova forma ordinaria di svolgimento delle prestazioni lavorative potenzialmente applicabile a tutto il personale per il predetto periodo.

Detta “regola” soffre tuttavia due eccezioni. La modalità di cd. lavoro agile non si applica invero con riguardo: a) alle attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza; b) alle altre attività indifferibili da rendere in presenza appositamente individuate dalle singole amministrazioni.

Detta impostazione risulta fondamentalmente confermata in seno al decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cd. Decreto “Cura Italia”).

Il relativo art. 87 stabilisce infatti che fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le quali, conseguentemente:

  1. sono tenute a limitare la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza;
  2. prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81.

E se non è possibile adoperare lo smart working?

Qualora non sia possibile ricorrere al cd. lavoro agile, anche nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b) di detto articolo, le Amministrazioni possono utilizzare gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva.

Esperite tali possibilità, il medesimo articolo prevede poi che le pubbliche amministrazioni possano motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio, soluzione organizzativa, quest’ultima, cui – si ritiene – debba ricorrersi in extrema ratio.

Il quadro normativo appena delineato – richiamato anche dall’ultimo DPCM del 22 marzo scorso recante “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID- 19, applicabili sull’intero territorio nazionale” (art. 1, lett. a), 3° periodo) – non è tuttavia apparso di immediata applicazione con riguardo al personale ASU in servizio presso numerosi Comuni siciliani, proprio in ragione della peculiare configurazione del relativo rapporto impiegatizio notoriamente non sussumibile entro i canoni della subordinazione.

Emergenza Covid-19 in Sicilia e gestione del personale ASU

I dubbi al riguardo sono stati opportunamente fugati dal Dipartimento Regionale del Lavoro, il quale, con apposita nota prot. n. 15628 del 20 marzo scorso, ha chiarito che al personale ASU (e PIP) sono applicabili le disposizioni scaturenti dalla necessità di contenimento del COVID-19, ivi comprese quelle contenute nel succitato decreto “Cura Italia”.

Nondimeno, pur confermando il predetto ente finanziatore la non applicazione – per l’attuale fase transitoria – della sospensione della erogazione del sussidio per i soggetti eventualmente temporaneamente non utilizzati per il giustificato motivo del contenimento della emergenza del COVID-19 (e ciò – si sottolinea – in coerenza con l’intero impianto di tutela delle persone sotto l’aspetto del sostegno economico ai nuclei familiari), lo stesso precisa che – in ragione della “inderogabile necessità dell’osservanza del disposto normativo in tema di correlazione tra effettività delle attività socialmente utili ed erogazione del sussidio”– detta misura di tutela per il personale ASU è subordinata alla condizione dell’obbligo di recupero – da parte dei soggetti interessati – dei periodi di non utilizzo.

E’ fatto pertanto obbligo agli enti utilizzatori di indicare nella trasmissione degli appositi dati mensili per i soggetti eventualmente sospesi il relativo impegno alla effettuazione del recupero delle ore non lavorate nel mese di riferimento alla cessazione della situazione di emergenza.

Ulteriori chiarimenti

Non risultando tuttavia possibile – in ragione della suaccennata peculiare configurazione di siffatta forma di impiego – l’applicazione della diversa (estrema) fattispecie dell’esenzione dal servizio di cui all’art. 87, co. 3, 2° periodo, del decreto-legge n. 18/2020, gli enti locali siciliani ove prestano servizio tali soggetti sono pertanto chiamati a valutare – fatta salva la eventuale necessità di impiegarli a supporto di attività indifferibili da rendersi in presenza – la possibilità di relativo utilizzo in modalità agile semplificata (cd. home working), fermo restando che ove, al contrario, tale modalità dovesse risultare obiettivamente preclusa e si dovesse disporre la sospensione dell’attività di detti soggetti, ai fini della mancata sospensione dell’erogazione (da parte dell’ente finanziatore) dell’apposito sussidio, è necessario che l’ente utilizzatore acquisisca da parte del lavoratore interessato il corrispondente impegno al recupero del debito orario accumulato nel mese di riferimento, da esprimersi in forma scritta, attraverso una formale apposita comunicazione.

In mancanza, l’ente finanziatore, ricevuta la trasmissione dei dati mensili contenente i nominativi dei soggetti temporaneamente sospesi dalle attività che non abbiano formalizzato  l’impegno de quo, non potrà che procedere alla sospensione dell’erogazione del sussidio per il periodo corrispondente, proprio in virtù del surrichiamato imprescindibile principio della necessaria correlazione tra effettività delle attività socialmente utili ed erogazione del sussidio.

 


Fonte: articolo dell'Avv. Giuseppe Vinciguerra - Segretario Generale Comune di Aragona