Legge Salvamare, Anci: provvedimento utile ma costi recupero non ricadano sulla fiscalità locale.
L’Anci apprezza molto l’utilità di una proposta normativa che agevola il recupero dei rifiuti raccolti in mare con le operazioni di pesca, o durante campagne volontarie di pulizia. Tuttavia i costi del sistema vanno ripartiti in modo equo, non con una componente aggiuntiva alla TARI, quanto attraverso meccanismi premiali agli enti virtuosi o contributi ambientali a carico dei produttori. E’ la posizione sostenuta dall’Associazione che è stata ascoltata dalla Commissione Ambiente della Camera in merito alla ‘Legge SalvaMare’ che si occupa dell’ impiego di unità da pesca per la raccolta dei rifiuti solidi dispersi in mare e per la tutela dell’ambiente marino. A rappresentare il punto di vista dei Comuni erano presenti Enzo Bianco, presidente del Consiglio nazionale Anci e Ivan Stomeo, sindaco di Melpignano e delegato Anci ad Energia e Rifiuti.
Il provvedimento all’esame del Parlamento introduce alcune novità, definendo da un lato i Rifiuti accidentalmente pescati (RAP), i rifiuti raccolti in mare dalle reti durante le operazioni di pesca e quelli raccolti occasionalmente con qualunque mezzo. E dall’altro i Rifiuti volontariamente raccolti (RVR), quelli raccolti in mare durante campagne autorizzate dal Comune competente. I RAP vanno conferiti all’impianto portuale di raccolta, mentre i loro costi di gestione sono coperti con un’addizionale indivisibile alla TARI, definita e regolata dall’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente.
Legge Salvamare: il parere ANCI
“Per prima cosa è necessaria una stima dei costi derivanti dal conferimento di RAP e RVR e bisogna capire – ha spiegato Stomeo – che tipo di investimenti vanno fatti sugli impianti che potrebbero richiedere ammodernamenti e/o estensioni per il trattamento dei rifiuti raccolti”.
Vi è poi il tema centrale del finanziamento del sistema dei RAP. Secondo l’Anci la creazione di una nuova addizionale TARI produce un effetto distorsivo, gravante tutto sui Comuni e sui cittadini, e non rappresenta una soluzione valida. E questo per due motivi: perché il “provvedimento supera quanto richiesto dalla direttiva Ue, secondo cui gli Stati membri devono coprire i costi con sistemi di finanziamento alternativi, e tale non può considerarsi un’addizionale aggiunta su una tassazione locale”. Ma soprattutto “perché determina problemi di equità del carico di un’addizionale da parte di tutta la collettività, e quindi anche da parte di coloro che risiedono in zone interne o di montagna, che non percepirebbero ‘giusto’ il pagamento di una quota aggiuntiva sul servizio rifiuti che non li riguarda”.
“E’ altrettanto importante che il decreto stabilisca obiettivi quantitativi per la prevenzione dei rifiuti plastici”, ha aggiunto il delegato politico ad Energia e Rifiuti. Che ha auspicato “azioni di sostegno dei Comuni virtuosi da attuare con un uso mirato della leva fiscale oppure con il ricorso ai fondi europei di coesione sociale, così da coprire anche le campagne di pulizia del mare organizzate dalle amministrazioni comunali.