Principio di rotazione Appalti: l’affidamento diretto plurimo a stesso operatore quali regole segue? Quando è illegittimo? Indicazioni dalla sentenza del Tar Calabria n. 813/2019.
Il Tar Calabria – Catanzaro, sezione I, con la sentenza n. 813/2019 ha censurato il comportamento di un Comune che ha abusato della suddetta pratica.
Nel caso specifico, la ricorrente ha lamentato la reiterata violazione del principio di rotazione da parte dell’ente comunale sul rilievo che nel triennio 2016-2019 “su n. 39 procedure messe in campo dalla P.A. per la gestione, ordinaria e/o straordinaria, del servizio in oggetto, vi sono stati n. 36 affidamenti diretti privi di confronto concorrenziale, dei quali n. 30 hanno avuto come destinatario il medesimo operatore economico […] e n. 2 procedure negoziate sotto-soglia, entrambe aggiudicate sempre al medesimo operatore economico”.
La decisione
Il Consiglio di Stato ha ritenuto, al riguardo, che l’art. 36, comma 1, d.lgs. n. 50/2016, è da ritenersi lex specialis di disciplina delle gare c.d. sotto soglia, laddove impone il rispetto del principio di rotazione, idoneo a prevalere sulla normativa sulle gare in generale (ex multis Cons. St., Sez. VI, 3 aprile 2019, n. 2209).
Specularmente, nelle linee guida ANAC n. 4 (delibera 26 ottobre 2016, n. 1097), si legge tra l’altro che «il rispetto del principio di rotazione espressamente sancito dall’art. 36, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 fa sì che l’affidamento al contraente uscente abbia carattere eccezionale e richiede un onere motivazionale più stringente» e soprattutto – per quanto qui di interesse – che
«in ogni caso, l’applicazione del principio di rotazione non può essere aggirata, con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari, mediante ricorso a:
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arbitrari frazionamenti delle commesse o delle fasce;
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ingiustificate aggregazioni o strumentali determinazioni del calcolo del valore stimato dell’appalto;
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alternanza sequenziale di affidamenti diretti o di inviti agli stessi operatori economici;
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affidamenti o inviti disposti, senza adeguata giustificazione, ad operatori economici riconducibili a quelli per i quali opera il divieto di invito o affidamento […]».