congedo-per-lutto-dipendenti-pubbliciCongedo per lutto Dipendenti Pubblici: quali sono i casi in cui può utilizzarli e per quanto tempo?


Congedo per lutto Dipendenti Pubblici, le regole. Come riporta il CCNL scuola 2016-2018 (e anche per il restante pubblico impiego la regola è valida) per quanto non espressamente previsto dal suddetto CCNL, continuano a trovare applicazione le disposizioni contrattuali dei CCNL dei precedenti comparti di contrattazione e le specifiche norme di settore.

 

Congedo per lutto Dipendenti Pubblici

 

E nei casi di permessi per lutto? In generale, al dipendente pubblico spettano tre giorni per lutto del coniuge, di parenti (entro il secondo grado) o affini (entro il primo grado).

 

Più schematicamente i 3 giorni di permesso retribuito possono essere fruiti per il decesso:

 

  • Del coniuge;
  • Di parenti entro il secondo grado (per i quali non occorre il requisito della convivenza): genitori, figli naturali, adottati o affiliati (I grado); nonni, fratelli e sorelle, nipoti di nonni naturali (figli dei figli) (II grado);
  • Di affini di primo grado (per i quali non occorre il requisito della convivenza): suoceri, generi e nuore.
  • Di conviventi stabili: A condizione che la convivenza risulti da certificazione anagrafica.

 

Ricordiamo che il patrigno (o la matrigna) con figliastri risulta essere un affine di primo grado e, quindi, uno dei soggetti espressamente contemplati dalla disposizione contrattuale in argomento.

 

I permessi non spettano invece per il decesso di nipoti e/o zii propri (parenti di III grado) o del coniuge (affini di III grado); non spetta neanche per il decesso dei cognati (affini di II grado).

 

La normativa nazionale (legge n. 53/2000 all’articolo 4 e il relativo regolamento di attuazione D.M. 21.07.2000 n. 278) prevede ciò:

 

“La lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica”.