rimborso-credito-iva-interessi-di-moraIn caso di ritardato rimborso del credito Iva, gli interessi di mora fino a quando spettano al creditore? Ecco il principio di diritto fornito dalla Cassazione.


In caso di ritardato rimborso del credito Iva, al creditore spettano gli interessi di mora fino al pagamento effettivo, salvo che per il periodo complessivo massimo di sessanta giorni (termine funzionale all’assolvimento dei controlli e delle verifiche di spettanza dell’Amministrazione, e ragionevole secondo i principi affermati dalla Corte di giustizia), che decorrono dalla data della richiesta formulata direttamente al concessionario ovvero, in caso di richiesta rivolta all’ufficio finanziario, dalla comunicazione o disposizione di pagamento (articolo 78, comma 33, lettera a), legge 413/91, nel testo anteriore alla modifica operata con il Dlgs 175/2014).

 

Questo il principio di diritto affermato dalla Cassazione nella sentenza n. 28333 del 7 novembre 2018.

 

I fatti

 

Il 28 luglio 2006 una Srl ha chiesto il rimborso del proprio credito Iva per il secondo trimestre 2006. Dopo circa tre mesi, l’Agenzia delle entrate dava disposizione alla concessionaria della riscossione di procedere al pagamento della somma di 3.222.672,89 euro, comprensiva degli interessi (4.354,56 euro) maturati alla data della disposizione.

 

Esatri Spa procedeva, quindi, ad accreditare l’importo in due soluzioni e la società, il 29 maggio, a seguito dell’ulteriore ritardo nel pagamento, chiedeva il pagamento degli interessi maturati (26.581,27 euro). All’istanza, accolta solo per il minor importo di 14.815,15 euro, concretamente erogato il 9 ottobre 2007, seguiva l’impugnazione del diniego parziale di rimborso da parte della Srl.

 

Le commissioni tributarie hanno ritenuto legittimo il rimborso effettuato dal concessionario tardivamente, a causa di indisponibilità dei fondi, ma nel rispetto dei criteri liquidativi e di pagamento fissati dall’articolo 20, commi 4, 4-bis e 5, decreto ministeriale 567/93.

 

Tuttavia, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando (anche) violazione e falsa applicazione delle disposizioni in ordine alla decorrenza degli interessi spettanti a seguito di ritardo nell’erogazione del rimborso d’imposta.

 

La Corte ha dichiarato infondato il motivo e ha ribadito che “la legge n. 413 del 1991, istitutiva del conto fiscale, ha introdotto e disciplinato anche un sistema di erogazione dei rimborsi alternativo rispetto a quello stabilito in via generale, autorizzando il concessionario della riscossione, nella qualità di gestore del conto, ad erogare con celerità, mediante accredito bancario regolamentato dall’art. 20 d.m. 28 dicembre 1993 n. 567, i rimborsi spettanti al contribuente per i crediti d’imposta sorti dopo il primo gennaio 1994 o risultanti dalle dichiarazioni presentate successivamente a tale data…”.

 

L’ordinanza

 

I giudici di piazza Cavour hanno richiamato il proprio orientamento relativo alla lettura sistematico-evolutiva dell’articolo 20 del citato decreto ministeriale (cfr Cassazione 5496/2003, 14506/2004, 11077/2006). Al riguardo hanno osservato che l’articolo 1 del decreto ministeriale 309/2003:

 

  1. ha modificato la disposizione del comma 4 (originariamente includeva sia l’ipotesi della richiesta diretta al concessionario, sia quella del rimborso disposto dall’ufficio) e ha introdotto il comma 4-bis allo scopo di accelerare le procedure di rimborso, mediante la previsione di termini più stringenti
  2. non ha influito, tuttavia, sul termine di mora dell’Amministrazione per l’intempestivo rimborso, corrispondente a sessanta giorni decorrenti dalla richiesta diretta del contribuente al concessionario, ovvero dalla disposizione dell’ufficio, ex articolo 78, comma 33, legge 413/91.

 

In particolare, la Corte (Cassazione, 18798/2017) ha affermato che i criteri direttivi ex legge 413/1991 non possono essere derogati dalla sopravvenuta disciplina regolamentare, contraddistinta dal carattere meramente interno (alla procedura e ai rapporti tra uffici e contribuente) del termine degli ordinari venti giorni (comma 4-bis).

 

Ha giustificato le proprie conclusioni sulla base di due considerazioni: una funzionale, l’atra sistematica. Da una parte, infatti, è funzionale alla velocizzazione dei rimborsi sia l’individuazione del concessionario (che gestisce il conto fiscale nel comune interesse dell’Amministrazione finanziaria e del contribuente) quale soggetto autorizzato all’espletamento delle attività dirette al pagamento dei crediti d’imposta e degli eventuali interessi già maturati, sia la previsione di un breve termine per la materiale erogazione delle somme.

 

Dall’altra, non essendo stato modificato il termine ex comma 5, la Corte ha ritenuto possibile modulare l’erogazione dei rimborsi con riferimento ai tempi necessari all’esame delle richieste dei contribuenti o delle disposizioni dell’ufficio, all’acquisizione di eventuali garanzie e alla formazione della provvista necessaria per i pagamenti.

 

Per completare l’esame delle modifiche normative apportate all’articolo 78 della legge 413/1991, la Corte ha affermato che “… nessun rilievo assume il recente intervento operato con l’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 175 del 2014, che ha riformulato la lett. a) del comma 33 dell’art. 78 cit…”.

 

Come previsto dall’articolo 14, comma 2, Dlgs 175/2014, infatti, la modifica non ha valenza retroattiva ma “…si applica ai rimborsi erogati a partire dal 1° gennaio 2015 …” (Cassazione, 18798/2017).

Infine, la Cassazione ha osservato che il sistema di liquidazione degli interessi da ritardato rimborso ex articolo 20, Dm 567/1993, non contrasta con i principi elaborati dalla Corte di Strasburgo e risulta compatibile sia con il principio di neutralità Iva (secondo il quale le perdite finanziarie generate, a svantaggio del soggetto passivo, dall’indisponibilità delle somme di denaro, devono essere compensate dal pagamento d’interessi di mora) sia con le esigenze di ragionevolezza ex articolo 183, della direttiva 2006/112/Ce (non è previsto espressamente l’obbligo di versare interessi sulle eccedenze di Iva a credito né è indicato il dies a quo di decorrenza degli stessi interessi).

 

Alla luce del quadro normativo tracciato, la Cassazione ha concluso che i crediti del contribuente cessano di produrre interessi dalla data di comunicazione della disposizione di pagamento al concessionario e che, soltanto dopo il decorso del termine dilatorio per l’accredito delle somme sul conto bancario dell’avente diritto, il ritardo nell’adempimento vale a costituire in mora ex rel’Amministrazione, per effetto di una mancanza di provvista (Cassazione, 20115/2018).

 

Nella fattispecie al vaglio dei giudici di legittimità, l’ufficio ha correttamente determinato sia la decorrenza degli interessi sia l’ulteriore importo erogato per il ritardo, senza nessuna violazione dei principi comunitari. Ciò in quanto il rimborso degli interessi da ritardo è stato effettuato entro un termine ridotto e ragionevole, funzionale all’assolvimento dei controlli e delle verifiche di spettanza dell’Amministrazione finanziaria, senza far correre alcun rischio finanziario al soggetto passivo (cfrCorte di giustizia, sentenza 12/5/11, C-107/10).