Manovra Economica 2019: le correzioni non basteranno? L’Esecutivo si trova davanti a un bivio: andare avanti fino in fondo sulla via tracciata, senza cambiare niente o correggere subito la manovra, per calmare il clima sui mercati e con l’Ue.
La lettera arrivata lunedì da Bruxelles è un macigno per ministri e sottosegretari.
C’è la convinzione di Luigi Di Maio di aver scritto misure che faranno crescere “anche la felicità dei cittadini”. E c’è la pressione dei ceti produttivi che trasmettono sui parlamentari, in particolare quelli della Lega, il timore che non si riesca a invertire la tendenza che ha portato alla frenata del Pil nel terzo trimestre dell’anno.
Sul tavolo di Palazzo Chigi, al ritorno da una visita lampo di Giuseppe Conte a Delhi, c’è il bivio tra la scelta di andare avanti fino in fondo sulla via tracciata, senza cambiare niente, e la tentazione di correggere subito la manovra, per calmare il clima sui mercati e con l’Ue. Ecco perché in serata dal governo spiegano che la via maestra è andare avanti come programmato, ma che una deviazione non si può escludere.
L’Italia ha bisogno di sponde, alleati, per provare ad aprire un varco nella difficilissima interlocuzione con l’Ue. Conte ha in programma di sentire – se non incontrare di persona – Jean Claude Juncker.
Ma la lettera pervenuta lunedì a via XX Settembre in cui Bruxelles sollecita al più presto dal governo una correzione della manovra, per evitare l’altrimenti certa procedura d’infrazione, è un macigno per ministri e sottosegretari (non solo leghisti) ‘dialoganti’. Il tentativo in corso è infatti convincere Luigi Di Maio e Matteo Salvini che conviene concedere subito all’Ue due decimali il deficit: dal 2,4% al 2,2%.
Ma rischia di non bastare.
Anche perché la frenata del Pil rende ancora più difficile raggiungere la crescita stimata dal governo per il 2019. E ancor meno possono convincere l’Ue le rassicurazioni informali sulla disponibilità a una manovra correttiva a giugno 2019 e sull’impegno a non spendere tutto il deficit programmato (tradotto in manovra in una “clausola” sui fondi per pensioni e reddito di cittadinanza).
Politicamente, dicono i ‘falchi’ del governo, conviene tenere il punto, non smentire se stessi e scommettere che davvero la crescita sarà oltre le attese.
Ma il percorso è irto di ostacoli se è vero che c’è il timore che vadano male le prossime aste sui titoli di stato. A ciò si aggiungono i segnali, che preoccupano i leghisti, di insofferenza tra i pentastellati, che minacciano di rendere complicato il percorso del decreto fiscale.
E anche il sospetto dei Cinque stelle di tranelli della Lega sul reddito di cittadinanza, che nascondano l’intenzione di capitalizzare il più possibile per Salvini e poi andare al voto. In questo clima, restano aperti nodi come quello delle pensioni d’oro: l’ipotesi, caldeggiata dalla Lega ma osteggiata dal M5s, è destinare i proventi del contributo di solidarietà a un fondo da congelare per coprire eventuali ricorsi.