Bonus fiscale per gli “impatriati”: vale pure con contratti infragruppo. Aver sottoscritto più accordi di lavoro con società appartenenti alla stessa multinazionale non intacca il principale requisito dettato dalla norma né compromette l’accesso al beneficio.
Con la risoluzione n. 72/E del 26 settembre 2018, l’Agenzia delle entrate, nel rispondere al quesito proposto da un contribuente, torna a occuparsi – dopo la circolare n. 17/2017 e la risoluzione n. 51/2018 – del regime speciale per lavoratori impatriati, di cui all’articolo 16 del Dlgs n. 147/2015.
Tale regime – introdotto con l’obiettivo di incentivare il trasferimento in Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo tecnologico, scientifico e culturale del nostro Paese – prevede che, al verificarsi dei requisiti e delle condizioni indicati, alternativamente, nel comma 1 o nel comma 2 dell’articolo 16, i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50 per cento.
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Bonus fiscale lavoratori impatriati
L’agevolazione in argomento, che ha natura temporanea, è applicabile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del Tuir, e per i quattro periodi di imposta successivi.
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Il dubbio interpretativo sollevato dal contribuente riguarda l’ipotesi in cui il rapporto di lavoro dipendente – sebbene sia stato svolto all’estero in via continuativa per un minimo di ventiquattro mesi, così come richiesto dalla norma agevolativa – venga effettuato, con diversi contratti, presso più società appartenenti allo stesso gruppo multinazionale.
Con il documento di prassi in commento, l’Agenzia delle entrate ha risposto positivamente, sulla base del principio interpretativo contenuto nella risoluzione n. 51/2018, in cui è stato ritenuto sufficiente, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione de qua, l’aver trascorso un periodo minimo di lavoro all’estero di due anni, da intendersi come periodo minimo sufficiente a integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato.
Al riguardo, la risoluzione ricorda che, ai sensi dell’articolo 2 del Tuir, sono residenti in Italia le persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (condizioni alternative tra loro).
Pertanto, conclude l’Agenzia delle entrate, la presenza di tale requisito, unitamente agli altri previsti dall’articolo 16, è sufficiente per beneficiare dell’agevolazione in questione, a nulla rilevando la circostanza che i contratti di lavoro – autonomi e distinti – sono stati stipulati tra società facenti parte del medesimo gruppo.