Stipendi in Contanti: dal 1° Luglio multe e sanzioni a chi non rispetterà il veto alle retribuzioni non tracciabili.
Partito il conto alla rovescia per datori di lavoro o committenti che, dal primo luglio, non potranno più corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, “qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato”. E’ quanto stabilisce il comma 911 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio (27 dicembre 2017, n. 205), pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 29 dicembre.
Le aziende che pagavano lo stipendio in contanti ai lavoratori consegnando un importo più basso del netto in busta paga non potranno più farlo. Inoltre, un altro principio delle norma da sottolineare è che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce in alcun caso prova dell’avvenuto pagamento dello stipendio, dato che la prova ammessa in caso di controversia sarà solo il pagamento tracciato.
Ogni datore di lavoro deve corrispondere la retribuzione, “nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:
A) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
B) strumenti di pagamento elettronico;
C) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
D) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
Sono poche le eccezioni di lavoratori esclusi dalle novità sui pagamenti stipendi. Tra questi i dipendenti delle PA, i lavoratori domestici (colf, badanti e baby sitter potranno quindi continuare ad essere pagati in contanti), i tirocini, i rapporti autonomi occasionali e le borse di studio.
In caso di violazione è prevista una sanzione amministrativa che va dai 1.000 ai 5.000 euro. L’obiettivo è rendere tracciabili le retribuzioni, evitando il cosiddetto fenomeno delle “false buste paga”.
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