La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 4424 del 23 febbraio 2018, afferma il principio che la Pubblica Amministrazione è legittimata ad agire attraverso presunzione, ritenendo corresponsabile la ditta beneficiaria del messaggio pubblicitario, contenuto in un cartellone abusivo. Applicando tale principio, anche per l’imposta di pubblicità spetta alla ditta beneficiaria dimostrare la propria mancanza di volontà all’esibizione dello strumento promozionale.
Il beneficiario del messaggio promozionale contenuto in un cartellone pubblicitario è presuntivamente corresponsabile dell’installazione e soggetto passivo dell’imposta di pubblicità.
Nell’eccepire la sua estraneità, il soggetto che giova beneficio dal cartellone pubblicitari diventa attore ed incombe su di lui dimostrare la mancanza di volontà all’esibizione dello strumento di promozione. Il Comune, quale ente impositore, può, invece, agire in forza di presunzione qualora il contribuente non riesca a produrre idonea documentazione e congrue prove, in senso contrario. L’ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza del 23 febbraio 2018, n. 4424.
La Suprema Corte si è pronunciata rispetto ad un ricorso avverso il verbale della Polizia Stradale di accertamento della violazione dell’art. 23, comma 7 e 13-bis, c.d.s. per aver fatto installare, al margine dell’autostrada, un cartello pubblicitario non autorizzato.
Applicando lo stesso ragionamento sviluppato dagli “ermellini”, deve ritenersi che anche rispetto all’imposta di pubblicità spetta alla ditta beneficiaria dimostrare la propria estraneità alla promozione realizzata.
Giova ricordare che l’obbligo del pagamento della tassa di pubblicità ricorre anche in presenza di un impianto pubblicitario abusivo e, viceversa, l’autorizzazione di cui all’art. 23 del Codice della strada non esonera il titolare dell’autorizzazione dal pagamento della tassa.
Secondo la Suprema Corte, accertata l’esistenza del cartello pubblicitario non autorizzato, dopo avere valutato il contenuto della promozione ed individuato il soggetto che ne trae beneficio, è legittimo agire attraverso presunzione per quanto riguarda le sanzioni amministrative per violazione al codice della strada. La stessa cosa deve ritenersi applicabile anche riguardo all’accertamento dell’evasione dell’imposta di pubblicità.
L’onere della prova incombente sulla Pubblica Amministrazione può ritenersi assolto dalla presenza dello strumento pubblicitario e dall’univoca riferibilità del messaggio pubblicitario ad un identificato soggetto beneficiario.
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, i dati e le circostanze di fatto erano sufficienti ad acclarare la responsabilità (se non esclusiva, solidale) della società beneficiaria, in ordine all’apposizione del cartello oggetto di causa.
Il beneficiario, per evitare le conseguenze derivanti dalla presunzione di responsabilità, ha l’onere di dimostrare che il fatto certo (l’affissione, non autorizzata) di un cartello pubblicitario che lo riguarda direttamente, si è verificato senza la sua volontà e/o, comunque, contro la sua volontà.
Qualora si dovesse ritenere che la Pubblica Amministrazione avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie ovvero che il cartello era stato installato su incarico della società beneficiaria, non solo non si darebbe rilevanza alla circostanza che, comunque, la pubblicità contenuta nel cartello tornava utile alla stessa società, ma verrebbe accordato un favor eccessivo all’opponente, che potrebbe vedersi accogliere la domanda, anche, laddove, non abbia provato la sua estraneità ai fatti reali ed apparenti.
La Suprema Corte ha bocciato la tesi (sostenuta dai giudici d’appello) che sarebbe stato onere dell’Amministrazione dimostrare che l’autore materiale dell’abusiva installazione fosse la società opponente.
Nel caso specifico è stato ritenuto logico presumere che l’installazione sia stata effettuata secondo la volontà della società pubblicizzata e, pertanto, doveva essere la società appellante a dimostrare che il fatto si fosse verificato contro la propria volontà.
In allegato il testo della Sentenza.