correttivi-studi-di-settoreApprovato lo scorso 23 marzo il decreto ministeriale con i correttivi degli studi di settore applicabili per il periodo di imposta 2017 (supplemento ordinario n. 14, alla Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo).


Il Dm contiene diversi ritocchi, tra cui quello relativo ad alcune territorialità, anche se l’aspetto più significativo è quello afferente l’introduzione dei “correttivi cassa” utili per la corretta applicazione degli studi di settore da parte delle imprese minori in contabilità semplificata (articolo 18 del Dpr 600/1973) che, secondo quanto previsto dall’articolo 66 del testo unico delle imposte sui redditi, determinano il reddito in base a un regime contabile improntato alla “cassa”.

 

Il perché dei “correttivi cassa”

 

Perché si rendono necessari tali correttivi? Al fine di rispondere compiutamente a tale quesito è necessario fare alcune precisazioni.

 

L’articolo 1, commi da 17 a 23, della legge 232/2016 (il Bilancio 2017) ha modificato le regole di determinazione della base imponibile Irpef e Irap per le imprese minori in contabilità semplificata. Il predetto intervento normativo, volto a introdurre “un regime di contabilità semplificata improntato al criterio di cassa” è intervenuto sull’articolo 66 del Tuir che, nella versione attualmente in vigore, prevede che la determinazione del reddito avvenga secondo un regime “misto” cassa – competenza.

 

In buona sostanza, si deroga al criterio della competenza per i ricavi percepiti e le spese sostenute, ferme restando “le regole di determinazione e imputazione temporale dei componenti positivi e negativi quali le plusvalenze, minusvalenze, sopravvenienze, ammortamenti e accantonamenti” previste dal Tuir ed espressamente richiamate dallo stesso articolo 66.

 

Coerentemente con questo nuovo regime di determinazione del reddito, le istruzioni del quadro F – elementi contabili – degli studi di settore, approvate lo scorso 31 gennaio, già prevedono che “per la determinazione del valore dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore da indicare nel presente quadro occorre avere riguardo alle disposizioni previste dal Tuir”.

 

Secondo tale indicazione, pertanto, le imprese minori che applicano il regime di contabilità semplificata, compilano il modello degli studi di settore seguendo le specifiche modalità di determinazione del reddito previste dall’articolo 66 (per cassa).

 

Tuttavia, il modello di stima dei ricavi si basa sulla correlazione economico-statistica tra  costi e ricavi ed è stato elaborato in presenza di una contabilità che rispettava il principio di competenza.

 

L’applicazione di detta metodologia a contribuenti che dichiarano i dati contabili per “cassa” potrebbe, realisticamente, creare delle significative “distorsioni”; basti pensare al solo dato dei ricavi oggetto di confronto con quello stimato per verificare la congruità del contribuente ovvero il dato delle rimanenze, fondamentale per l’applicazione degli studi (una delle variabili più significative utilizzate per stimare i ricavi delle imprese che esercitano le attività del commercio è rappresentata dal “costo del venduto”, al cui calcolo partecipano le esistenze iniziali e le rimanenze finali di magazzino), ma non necessario per determinare il reddito secondo il regime improntato alla “cassa”. La nuova formulazione del comma 1 dell’articolo 66 del Tuir, infatti, non reca più il rinvio agli articoli 92, 93 e 94 dello stesso Testo unico, con la conseguenza che non assumono più rilevanza, ai fini della determinazione del reddito delle imprese minori, le rimanenze, i lavori in corso su ordinazione di durata sia infrannuale che ultrannuale e i titoli.

 

Occorre tener presente, al riguardo, che la necessità di garantire la corretta applicazione degli studi di settore non è correlata esclusivamente alle esigenze di controllo dell’Agenzia delle entrate, ma anche al riconoscimento di premialità ai soggetti congrui e coerenti agli studi stessi (articolo 10, Dl 201/2011).

 

Preso atto di tale possibile anomalia applicativa, nelle riunioni della Commissione degli esperti per gli studi di settore del 14 dicembre 2017 e del 28 febbraio 2018 è stata presentata e analizzata una possibile metodologia di modifica degli studi di settore, applicabile agli esercenti attività di impresa, che hanno adottato la contabilità semplificata per il periodo di imposta 2017: sul tema l’organo collegiale ha espresso, all’unanimità, parere positivo.

 

Con il Dm in argomento sono state quindi approvate le modifiche agli studi di settore in applicazione per il periodo d’imposta 2017 e nella nota tecnica e metodologica a esso allegata è stato chiarito il percorso metodologico attraverso il quale si vanno a individuare idonei correttivi volti a neutralizzare i possibili effetti distorsivi correlati al passaggio tra i due regimi di determinazione del reddito.

 

Come funzionano i correttivi?

 

Il percorso metodologico approvato con il Dm ha quale presupposto che i contribuenti in contabilità semplificata, che hanno esercitato l’opzione per il metodo della “registrazione” (comma 5, articolo 18, Dpr 600/1973) siano sostanzialmente equiparabili ai contribuenti che contabilizzano per competenza e, di conseguenza, i risultati degli studi di settore non hanno necessità di essere corretti nei loro confronti. Risultano però confermati, in quanto significativi ai fini della stima, i dati delle rimanenze e delle esistenze.

 

Viceversa, per coloro che non hanno optato per tale metodo vengono previste alcune correzioni ai ricavi, stimati applicando gli studi di settore; in particolare, vengono previsti i seguenti correttivi:

 

•      durata media di debiti e crediti per singola impresa, per territorio e per modello organizzativo di riferimento (rispettivamente correttivo strutturale, territoriale e settoriale)
•      lunghezza dei tempi di pagamento relativi alle vendite B2B (correttivo vendite B2B)
•      lunghezza dei tempi di pagamento relative alle vendite B2PA (correttivo vendite B2PA).
 

Affinché i correttivi si rendano applicabili è necessario che i contribuenti interessati indichino nei modelli degli studi di settore ulteriori informazioni. Si tratta, in particolare, oltre che dei dati relativi alle rimanenze di esercizio, anche del dato delle operazioni imponibili:

 

– effettuate verso soggetti Iva
– con applicazione del reverse charge
– effettuate nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 17-ter del Dpr 633/1972 (split payment).

 

Tali variabili non andranno indicate nel caso in cui il contribuente abbia optato per il metodo della “registrazione” (comma 5, articolo 18, Dpr 600/1973), atteso che in tale ipotesi i correttivi in argomento non si applicano.

 

L’intervento di modifica in argomento risulta coerente con la previsione normativa di cui al comma 4 dell’articolo 9-bis del Dl 50/2017; tale norma prevede che “i contribuenti cui si applicano gli indici dichiarano, anche al fine di consentire un’omogenea raccolta informativa, i dati economici, contabili e strutturali rilevanti per l’applicazione degli stessi, sulla base di quanto previsto dalla relativa documentazione tecnica e metodologica approvata con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze …, indipendentemente dal regime di determinazione del reddito utilizzato” tale “disposizione … si applica, nelle more dell’approvazione degli indici per tutte le attivita’ economiche interessate, anche … agli studi di settore”.

 

Infatti, i contribuenti, grazie alla modifica in esame, dichiareranno i dati rilevanti per l’applicazione degli studi (dati per “cassa”) sulla base di quanto previsto dalla documentazione tecnica e metodologica (così come modificata dal Dm in argomento) relativa agli studi stessi.

 

Questa soluzione appare altresì coerente con l’obiettivo di semplificare il più possibile gli adempimenti a carico dei contribuenti; in assenza dei correttivi “cassa”, un percorso alternativo, allineato con quanto previsto dal citato comma 4, avrebbe comportato, infatti, la compilazione dei dati degli studi di settore per “competenza”, con evidenti riflessi critici per i contribuenti in semplificata nel determinare il reddito per “cassa” e dichiarare i dati ai fini degli studi per “competenza”.

 

Analizzando la nota metodologica allegata al Dm emerge che per elaborare i correttivi in tema sono state acquisite, attraverso le Organizzazioni di categoria, informazioni di natura strutturale e contabile relativamente a un campione di circa 100mila soggetti, al fine di poter riscontrare il grado di significatività degli interventi delineati. Tale passaggio conferma ulteriormente come gli studi di settore siano il risultato di un percorso di collaborazione e dialogo tra i diversi attori interessati, e del ruolo significativo svolto dalle Organizzazioni di categoria.

 

Infine, si osserva che è previsto esplicitamente che i correttivi “cassa” troveranno applicazione “in relazione al solo periodo d’imposta 2017”; l’inciso offre la possibilità di ricordare che, dal periodo d’imposta 2018, tutti gli studi di settore cederanno il passo ai nuovi indici di affidabilità fiscale.

 

Altre modifiche

 

Gli altri interventi modificativi previsti dal Dm sono finalizzati a cogliere aspetti applicativi correlati alle territorialità, quali l’aggiornamento della “Territorialità dei Factory Outlet Center” (studio di settore YM05U), delle aggregazioni comunali, a seguito delle variazioni amministrative occorse nel 2017 (studi di settore YG44U e YK04U), della “Territorialità del livello delle tariffe applicate per l’erogazione del servizio taxi” (studio di settore WG72A), delle analisi territoriali a livello comunale a seguito della istituzione, modifica e ridenominazione di alcuni comuni nel 2017 e delle analisi territoriali a livello provinciale a seguito dell’introduzione del nuovo assetto degli enti territoriali regionali della Sardegna, nel corso del 2017.

 

Viene, infine, prevista, per lo studio di settore WG68U – trasporto di merci su strada e servizi di trasloco – sia la modifica delle soglie minima e massima dell’indicatore di coerenza economica “Costo per litro di benzina o gasolio consumato durante il periodo di imposta” sia che lo stesso non fornisca esiti di coerenza in relazione a valori inferiori alla soglia minima, per i contribuenti che dichiarano di utilizzare in modo prevalente carburante acquisito da cisterne interne all’impresa o tramite consorzi o gruppi d’acquisto. Il secondo intervento è finalizzato a evitare l’errata applicazione dell’indicatore stesso, che avrebbe presentato esiti di incoerenza per soggetti che utilizzano un canale di approvvigionamento differente da quello usualmente adottato.