Sulle liti condominiali, molte sono causate dalle immissioni di rumori o da comportamenti legati agli animali domestici: quali sono i comportamenti da tenere?
In primo luogo, il regolamento condominiale non può prevedere disposizioni che comportino limitazioni legali al diritto di proprietà qual è, nel caso, il divieto (o la limitazione) di detenere animali. La Riforma del condominio (Legge 220/2012) ha introdotto l’ultimo comma al citato articolo, secondo il quale “Le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”.
Animali che non si possono tenere in casa: cosa dice la legge.
In tema di condominio negli edifici, il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva
Per quanto riguarda, comunque sia, la contestazione circa la produzione di rumore da parte degli animali di tale entità da integrare il reato di cui all’art. 659 cod. pen. , su questo punto si deve soltanto osservare che la norma incriminatrice impone ai padroni degli animali di ‘impedirne lo strepito’, cosicché non può essere invocato un ‘istinto insopprimibile’ del cane per sostenere l’insussistenza del reato.
La presenza di un cane all’interno di un condominio non deve essere lesiva dei diritti degli altri condomini. I proprietari dell’animale devono ridurre al minimo le occasioni di disturbo e prevenire le possibili cause di agitazione ed eccitazione dell’animale stesso, soprattutto nelle ore notturne.
In una fattispecie (proprietario di cani, tenuti in un giardino recintato, che non aveva impedito il loro continuo abbaiare, tale da arrecare disturbo al riposo delle persone dimoranti in abitazioni contigue), è prevista l’ipotesi che per l’integrazione del reato previsto dall’art. 659 cod. pen. è sufficiente l’idoneità della condotta ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone.
All’interno delle aree comuni come ingressi, cortili, vani ascensore degli stabili in cui viviamo, purtroppo, è sempre più frequente trovare escrementi degli animali domestici. Il comportamento tenuto dall’irrispettoso abitante del condominio che permette al proprio animale di sporcare i predetti spazi senza provvedere successivamente a una idonea pulizia degli stessi, può essere sanzionato ai sensi dalla legge penale.
Ad esempio inquilina di un popoloso condominio periferico, che aveva l’abitudine di non raccogliere gli escrementi del proprio cane, non solo sui marciapiedi cittadini, ma spesso anche nel cortile condominiale. Il Giudice di Pace in questo caso ha emesso una sentenza esemplare: la proprietaria “imputata” dovrà ripagare i condomini pulendo il cortile comune e l’androne tutti i giorni per due mesi facendo risparmiare al condominio quasi ottocento euro.
Infine, prendersi cura in luogo privato (su un terrazzo di esclusiva proprietà) di gatti randagi, dando loro da mangiare seppur a intervalli non regolari, espone chi pone in essere tale attività al rischio di vedersi far carico dell’obbligo di provvedere alle necessarie vaccinazioni e altre incombenze relative ai felini.
Questo principio è sancito dal Tar Sicilia, sezione distaccata di Catania, con sentenza n. 3/2016, caso in cui un condòmino aveva segnalato con un esposto la presenza di una colonia di gatti randagi che sostava spesso sul terrazzo di proprietà di un altro condòmino, causando gravi inconvenienti igienico sanitari all’intero condominio.