emergenza pfas venetoChi paga per l’inquinamento da Pfas in Veneto? È questo uno degli interrogativi principali a cui cerca di dare una risposta il rapporto “Emergenza Pfas in Veneto, chi inquina paga?”.


 

Elaborato dall’istituto di ricerca indipendente olandese SOMO in collaborazione con Merian Research (Berlino), il rapporto tenta di fare luce sull’assetto societario di Miteni, l’azienda chimica di Trissino ritenuta dalle autorità locali la fonte principale dell’inquinamento da PFAS (sostanze perfluoroalchiliche) in una vasta area del Veneto.

 

Dal 2009, Miteni fa parte del gruppo ICIG a sua volta controllato dalla holding lussemburghese ICI SE (International Chemical Investors), che, alla fine 2016, aveva in cassa più di 238 milioni di euro. Sempre alla fine del 2016, le risorse finanziarie con cui invece Miteni potrebbe far fronte ad eventuali risarcimenti erano pari ad appena 6,5 milioni di euro. Una cifra modesta se paragonata con i soli costi per il rifacimento degli acquedotti che la Regione Veneto stima in 200 milioni di euro.

 

Nel caso venissero confermate le ipotesi di reato al momento a carico di Miteni sarebbe doveroso che i responsabili procedessero al risanamento ambientale e al risarcimento dei cittadini danneggiati.

 

Visti i numerosi studi ambientali commissionati da Mitsubishi prima della vendita, è im-probabile che ICIG non fosse a conoscenza dei gravi rischi ambientali connessi al sito di Trissino prima di procedere all’acquisto di Miteni SpA. La stessa presenza di Brian Anthony McGlynn come consigliere delegato sotto la gestione di Mitsubishi e come presidente durante la gestione ICIG sembrerebbe confermare questa ipotesi. Infine, il fatto che Miteni SpA sia stata venduta al prezzo di 1 euro potrebbe essere collegato alla stima di perdite dovute anche a rischi di tipo ambientale.

 

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