Con ordinanza 18457 del 26 luglio 2017 la Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di Irap.
La decisione de qua conferma che, ove il professionista sia anche rappresentante legale dello studio associato, egli è sempre tenuto a versare l’Irap, senza che rilevi l’accertamento dell’autonoma organizzazione né la circostanza che l’apporto del collega alla sua attività sia praticamente nullo.
I fatti di causa
Avverso al silenzio rifiuto del Fisco a una richiesta di rimborso Irap, limitatamente agli anni 1999 e 2001, presentata da un commercialista, veniva proposto ricorso prima in Ctp e, successivamente, innanzi alla Ctr Lombardia. Quest’ultima confermava la legittimità del rifiuto al rimborso e il professionista impugnava la decisione in Cassazione, denunciandone l’illegittimità sotto vari profili, quali, ad esempio, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 del Dlgs 446/1997, in relazione all’articolo 360, comma primo, n. 3, codice procedura civile.
Veniva cioè lamentata la circostanza per cui la Ctr aveva erroneamente valorizzato, nella verifica della sussistenza del presupposto impositivo, il solo fatto che i versamenti d’imposta erano stati effettuati in nome e per conto dell’associazione professionale, senza attribuire rilevanza alcuna alle ulteriori motivazioni dedotte e provate in giudizio dal contribuente. Queste ultime, affermava la difesa, erano volte a dimostrare che, nonostante l’esercizio in forma associata della professione e nonostante i versamenti fossero stati eseguiti sotto la denominazione dell’associazione, nessun beneficio, in termini di migliore organizzazione del lavoro e di incremento delle potenzialità reddituali del contribuente, era conseguito dall’appartenenza alla predetta associazione, tanto che il reddito dichiarato risultava derivato effettivamente e unicamente dalla sua personalissima capacità e attività professionale.
La decisione della Corte
Con l’ordinanza in commento, la Corte ha confermato la legittimità dell’operato dell’ufficio. Invero, la Cassazione chiarisce che la sentenza della Ctr, nell’attribuire rilievo, quali ragioni giustificatrici della ritenuta assoggettabilità a Irap, per l’anno 2001, al sostenimento di spese “per la conduzione di un locale specificamente dedicato all’espletamento dell’attività e all’avvalimento della collaborazione di una incaricata … addetta alla ricezione di telefonate afferenti all’attività espletata”, non è in linea con i più recenti approdi della giurisprudenza della Cassazione che:
- sotto il primo profilo, tende a considerare irrilevante la conduzione in locazione, da parte del professionista, di uno studio, trattandosi di supporto materiale riconducibile alle dotazioni minime indispensabili per l’esercizio della professione (cfr Cassazione, pronunce 26651/2016, 2878/2014, 2967/2014 e 24117/2012)
- riguardo al secondo profilo, ha chiarito che non può ravvisarsi il presupposto d’imposta ove il contribuente si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che non superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che – come appunto accade nella specie, alla stregua di quanto accertato in sentenza – esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive (Cassazione, sezioni unite, pronuncia 9451/2015).
Ciò nonostante, la Corte suprema conferma la debenza del tributo, reputando non decisive le difese del professionista, che utilizzava una vecchia automobile e un computer portatile: l’assenza di autonoma organizzazione, infatti, non è stata ritenuta un elemento determinante per escludere l’assoggettamento a Irap del professionista, poiché il commercialista era anche il legale rappresentante dello studio associato.
In particolare, la sesta sezione ha richiamato il seguente principio di diritto affermato dalle Sezioni unite: “presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive è l’‘esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio ovvero alla prestazione di servizi; ma quando l’attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell’imposta a norma del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3, comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce ex lege, in ogni caso, presupposto d’imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell’autonoma organizzazione” (Cassazioni, sezioni unite, decisione 7371/2016), principio affermato riguardo a società semplice esercente attività di amministratore condominiale, ma certamente estensibile, per espressa indicazione contenuta nella motivazione della sentenza, anche all’ipotesi di esercizio in forma associata di attività libero professionale, in particolare, di quella forense.