La sentenza della Corte di cassazione n. 38695/2017 riguarda il sindaco di un Comune calabrese e il legale rappresentante di una società edile, entrambi accusati dei reati di turbata libertà degli incanti e di abuso d’ufficio.
Ai fini della configurabilità del concorso del privato nel delitto di abuso d’ufficio, l’esistenza di una collusione tra il privato ed il pubblico ufficiale non può essere dedotta dalla mera coincidenza tra la richiesta dell’uno e il provvedimento adottato dall’altro, essendo invece necessario che il contesto fattuale, i rapporti personali tra i predetti soggetti, ovvero altri dati di contorno, dimostrino che la domanda del privato sia stata preceduta, accompagnata o seguita dall’accordo con il pubblico ufficiale (Sez. 6, n. 33760 del 23/06/ 2015, Lo Monaco e altri, Rv. 264460).
Quanto alla turbata libertà degli incanti, la Suprema corte ricorda che il reato di cui all’articolo 353 del codice penale può realizzarsi in qualsiasi momento, sia prima che dopo la gara, e con le più svariate modalità dirette ad allontanare gli offerenti, «assumendo rilievo la sola lesione della libera concorrenza che la norma penale intende tutelare a garanzia degli interesse della Pubblica amministrazione».
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannato. al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorso siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”.
In allegato il testo completo della Sentenza.