Bonus 500 euro autoformazione, per il Consiglio di Stato sono esclusi i precari. Per quale motivo?
Il Consiglio di Stato con la sentenza del 30 giugno 2017 numero 326 afferma chiaramente che “l’art. 1, c. 121, L. 13 luglio 2015 n. 107, per sostenere la formazione continua dei docenti e valorizzarne le competenze professionali, ha istituito la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, per un importo di euro 500 annui per ciascun anno scolastico che, per legge, non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile”.
E conferma la sentenza del Tar Lazio, n. 7917/2016 nella quale sono emerse altre questioni significative. Come è noto la L. n. 107 del 2015 all’articolo 1, commi 121 ha disposto che al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali, è istituita la Carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.
La Carta, dell’importo nominale di Euro 500 annui per ciascun anno scolastico, può essere utilizzata per una serie di acquisti ecc utili all’aggiornamento professionale.
E si specificava già chiaramente che la somma di cui alla Carta non costituisce retribuzione accessoria né reddito imponibile. Il TAR evidenzia che dal quadro normativo come sussistente “ consegue che la normativa specifica in materia è chiarissima e non lascia alcun margine di dubbio in ordine alla circostanza che il personale docente e, quindi, anche il personale ad esso assimilato, come appunto il personale educativo dei convitti, alla luce delle considerazioni di cui al punto che precede, non di ruolo e con contratto a tempo determinato è escluso dalla cerchia dei destinatari della carta di cui trattasi.”
Ed ancora, in merito a possibili violazioni della normativa comunitaria in materia di contrasto alle discriminazioni tra personale a tempo determinato ed indeterminato che “ avuto riguardo al chiaro tenore testuale dell’accordo quadro, deve ritenersi che il legislatore italiano non fosse in alcun modo vincolato a predisporre una disciplina attinente specificatamente alla formazione del personale docente che assicurasse l’assoluta parità di trattamento tra il lavoratore a tempo determinato e il lavoratore a tempo indeterminato. (…) Ne consegue, ulteriormente, che alcuna illegittimità costituzionale è prospettabile con riferimento ai commi 121 e seguenti dell’articolo 1 della L. n. 107 del 2015, avuto riguardo all’oggetto dell’impugnazione in questa sede, ossia il D.P.C.M. e la conseguente nota ministeriale esplicativa, proprio in quanto i predetti commi disciplinano uno specifico strumento di formazione professionale del docente che si inserisce in un contesto più ampio in cui emerge con evidenza proprio l’obbligatorietà della formazione permanente in servizio del docente di ruolo che diviene attività funzionale del docente stesso.”
Questo è quando afferma la giurisprudenza, la politica rimarrà a guardare o cercherà di sanare almeno in parte una differenziazione di trattamento a dir poco inopportuna?