A quali criteri devono attenersi gli enti locali che intendono ricorrere a una transazione? I pareri della Corte dei conti (n. 80/2017 della sezione regionale di controllo della Puglia e n. 181/2017 della sezione regionale di controllo per la Lombardia) consentono di delineare «punti fermi» utili, sia per l’attività dei responsabili degli uffici, sia per quella dei revisori dei conti.
Enti Locali, quali criteri per ricorrere a una transazione? Si rende necessario precisare che la giurisprudenza della Corte dei conti ha avuto già occasione di pronunciarsi in merito all’individuazione della normativa di riferimento per analoghe fattispecie, sia in sede consultiva, che in occasione dei controlli sulla gestione finanziaria degli enti locali, prevista dall’art. 1 comma 166 e ss. della legge n. 266/2005 (Finanziaria per il 2006) e dall’art. 148 bis del Tuel.
La transazione non può considerarsi inclusa nell’ambito delle fattispecie normative di riconoscimento dei debiti fuori bilancio. A differenza dei debiti fuori bilancio gli accordi transattivi presuppongono, invece, la decisione dell’ente di pervenire a un accordo con la controparte, per cui è possibile prevedere, da parte del Comune, tanto il sorgere dell’obbligazione quanto i tempi per l’adempimento.
Inoltre ai fini dell’ammissibilità della transazione è necessaria l’esistenza di una controversia giuridica (e non di un semplice conflitto economico), che sussiste o può sorgere quando si contrappongono pretese confliggenti di cui non sia possibile a priori stabilire quale sia giuridicamente fondata. Di conseguenza, il contrasto tra l’affermazione di due posizioni giuridiche è la base della transazione in quanto serve per individuare le reciproche concessioni, elemento collegato alla contrapposizione delle pretese che ciascuna parte ha in relazione all’oggetto della controversia. Si tratta di un elemento che caratterizza la transazione rispetto ad altri modi di definizione della lite.
Infine, la transazione è valida solo se ha ad oggetto diritti disponibili (art 1966, co. 2 cod. civ.) e cioè, secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza, quando le parti hanno il potere di estinguere il diritto in forma negoziale. E’ nulla, infatti, la transazione nel caso in cui i diritti che formano oggetto della lite siano sottratti alla disponibilità delle parti per loro natura o per espressa disposizione di legge. In particolare, il potere sanzionatorio dell’amministrazione e le misure afflittive che ne sono l’espressione possono farsi rientrare nel novero delle potestà e dei diritti indisponibili, in merito ai quali è escluso che possano concludersi accordi transattivi con la parte privata destinataria degli interventi sanzionatori.
In allegato il testo completo dei due pareri.