1000 giorniTra rinvii, ritardi e il rischio di illegittimità Costituzionale il provvedimento che toglie i vitalizi agli ex parlamentari si è arenato in Parlamento?


Il Disegno di Legge Richetti sull’abolizione dei vitalizi per i parlamentari resta fermo alla Camera dei Deputati. Complice il ritardo della Ragioneria Generale dello Stato nella formulazione di un parere richiesto dalla Commissione Bilancio sui costi di erogazione e gestione. L’allarme è stato lanciato ieri dal Movimento Cinque Stelle che sta incalzando la questione da diversi mesi forte di un grande consenso popolare. La discussione del provvedimento rischia, dunque, di slittare a Settembre dopo la pausa estiva allontanando la possibilità di ottenere il via libera da entrambi i rami del Parlamento prima del termine della legislatura.

 

Il disegno di legge propone, come noto, il ricalcolo in chiave contributiva dei vitalizi dei parlamentari che hanno cessato il servizio o, comunque, delle quote di pensione relative alle anzianità maturate prima del 31 dicembre 2011 cioè quelle anzianità che continuano ad essere determinate con il sistema reddituale. Garantendo vitalizi superiori a quanto effettivamente versato nell’arco della propria carriera parlamentare. Nel 2015, la spesa per gli ex deputati è ammontata a 135,4 milioni di euro, quella per gli ex senatori a 78,7 milioni. In entrambi i casi le somme superano la spesa per i parlamentari in carica. Il costo dei deputati misura infatti 128,4 milioni, quella dei senatori 77,3 milioni. Ad essere interessati alla misura sono anche i consiglieri regionali che nonostante diverse iniziative a livello regionale continuano a mettere in tasca assegni consistenti, spesso anche superiori a quelli dei Parlamentari che più degli altri sono finiti sotto l’occhio della stampa. 

 

I rischi del provvedimento

 

Per quanto sia un provvedimento equo da un punto di vista etico e molto apprezzato dall’opinione pubblica (è difficile trovare una giustificazione a trattamenti così generosi) il rimedio rischia di essere peggiore del male perchè stabilisce il principio che le norme per andare in pensione vigenti ad una certa epoca possono essere cambiate retroattivamente. E se questo principio viene stabilito per i Parlamentari potrebbe dall’oggi al domani essere applicato anche ai comuni mortali che hanno un assegno superiore a quanto effettivamente versato. E sono molti. Insomma un cavallo di troia per estendere il principio del ricalcolo con il sistema contributivo non solo ai ricchi assegni corrisposti ai pensionati a carico degli ex-fondi speciali dell’Inps (ex-Inpdai, ex-telefonici ed ex-elettrici) ma anche verso persone che non hanno maturato pensioni da favola e che con il retributivo sono riuscite ad agguantare una pensione un minimo dignitosa.

 

L’obiettivo di fondo del provvedimento è assolutamente condivisibile ma bisogna evitare che venga successivamente bocciato dalla Consulta; tutto ci serve tranne una legge spot fatta al solo scopo di guadagnare qualche consenso elettorale in vista delle prossime elezioni che poi si traduca in un nulla di fatto. Non a caso l’unica soluzione a questo punto potrebbe essere quella di spostare l’esame del provvedimento dall’Aula all’Ufficio di Presidenza di Camera e Senato, e rivedere il testo in una logica orientata ai principi costituzionali ed in grado di reggere, quindi, un futuro esame della Consulta.