societa in houseIl Tar Veneto, sezione I, con la sentenza 493/2017 ha prodotto un’interpretazione innovativa dell’articolo 5, comma 6 del Codice dei contratti pubblici, evidenziando per la prima volta come gli accordi di cooperazione possano coinvolgere anche i soggetti che gestiscono attività di interesse generale.


Nel caso esaminato dai giudici amministrativi, lo strumento ha sintetizzato le intenzioni delle amministrazioni partecipanti di sviluppare ed esportare in diversi territori un servizio virtuoso di raccolta differenziata intensiva con tariffazione puntuale.

 

Chi ha fatto ricorso contestava l’illegittimità dell’accordo di cooperazione per violazione degli artt. 5, comma 6, D. Lgs. 50/2016 e 15 L. n. 241/1990, nonché delle disposizioni del codice dei contratti pubblici, stante la mancanza delle condizioni tassativamente previste in punto di legittimazione soggettiva alla partecipazione a tali accordi ed interesse pubblico perseguito.

 

Il motivo sarebbe che agli accordi hanno preso parte anche soggetti formalmente privati. Pertanto il medesimo accordo in questione ha perseguito l’unica vera finalità di affidare in via diretta un servizio pubblico ad un operatore economico eludendo le dovute procedure competitive e ponendolo in posizione privilegiata rispetto ai suoi potenziali concorrenti.

 

Secondo i giudici, invece,  la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 5, comma 6, del d.lgs. 50/2016 per la conclusione di un accordo cooperativo tra Amministrazioni pubbliche i servizi affidati in base a questi accordi sono esclusi dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici e la sentenza fa rilevare che possono essere stipulati non solo da amministrazioni pubbliche (ad esempio i Comuni), ma anche dalle società affidatarie in house, poiché le Società in questione sono intervenute non in qualità di operatori economici, bensì quali soggetti serventi gli enti pubblici controllanti.

 

In ogni caso, la partecipazione all’accordo di cooperazione non potrebbe comportare una elusione delle norme del codice dei contratti, in quanto la prestazione  richiesta ha un valore suscettibile di affidamento diretto ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a) del d.lgs. 50/2016.

 

L’applicabilità della norma derogatoria è ancor più garantita quando l’oggetto dell’accordo si concretizza in servizi strumentali e di supporto resi da una società in relazione all’organizzazione del nuovo servizio da parte dell’altra affidataria in house, risultando quindi accessorie rispetto alla vera e propria gestione del servizio di interesse generale.

 

In allegato il testo completo della Sentenza.