societa_partecipate1Slittamento per l’avvio dei piani di razionalizzazione delle partecipate? Questo potrebbe essere il risultato del mancato arrivo dei pareri parlamentari sul decreto correttivo alla riforma delle partecipate, attesi sia alla Camera sia al Senato ma alla fine non espressi.


In particolare hanno influito le «condizioni» presenti nella bozza di parere del Senato che chiedevano di rivedere l’intesa con gli enti territoriali sui poteri dei governatori di escludere società regionali dai tagli e sui limiti alle gare fuori ambito territoriale per le società degli enti locali.

 

Attualmente, con il testo unico sulle società partecipate che si applica alle società di capitali, si riducono per il presente le società e sono individuati criteri qualitativi e quantitativi attraverso i quali razionalizzare a regime la platea delle partecipate. O quantomeno questo è quello che è previsto dal decreto sulle società partecipate attuativo dell’art. 18 della legge delega di riforma della pubblica amministrazione, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 20 gennaio 2016.

 

Il Consiglio di Stato, in seguito, con parere n. 83  del 17 gennaio 2017, ha indicato il percorso da seguire per la correzione dei decreti nella direzione indicata dalla Consulta, confermando la vigenza delle norme emanate. In ragione di ciò è stato emanato dal Consiglio dei ministri, il 17 febbraio 2017, un intervento integrativo e correttivo del testo entrato in vigore il 23 settembre 2016.

 

Secondo quanto previsto i presidenti delle regioni, con una delibera motivata dall’interesse pubblico, possono prevedere l’esclusione parziale o totale di società a partecipazione regionale dal decreto; sono previste anche alcune modifiche in materia di governance societaria: sono le stesse società a controllo pubblico a decidere, in maniera motivata e tenendo conto delle esigenze di contenimento dei costi, che al posto dell’amministratore unico vi sia un consiglio di amministrazione composto da tre o cinque membri. Viene fissato al 30 luglio 2017 il termine entro il quale le società adeguano la propria governance societaria.

 

Se il governo ignora, però a questo punto, questi correttivi, è tenuto a un nuovo passaggio parlamentare per spiegare la sua scelta. La questione si incrocia con l’intesa con Regioni ed enti locali, imposta dalla sentenza 251/2016 della Consulta per i decreti attuativi della delega Pa che intrecciano le competenze territoriali. L’intesa sul correttivo delle partecipate è di metà marzo: per rivederne i contenuti, il governo dovrebbe riavviare la trattativa con il rischio di sforare i tempi per il varo del correttivo, e dunque per l’avvio effettivo della riforma. Nell’accordo con Regioni ed enti locali si prevede di far slittare l’avvio dei piani di razionalizzazione al 30 settembre e di salvare per tre anni le società che fatturano più di 500mila euro, facendo salire la soglia a un milione solo fin dal 2020.

 

Su questo piano, infine, le perplessità le aveva espresse tempo fa anche l’Autorità Anticorruzione, derivate dall’impatto delle deroghe che sono talmente ampie che il decreto finirebbe per essere applicato a una maggioranza risicata delle società pubbliche.

 

“Il rischio vero”, – secondo il presidente Cantone – è “che non si prevede cosa si applica alle società che vengono escluse dal perimetro” della riforma. Così si crea una sorta di “limbo”, fonte di “ulteriori contenziosi”.