emofiliciL’obiettivo del DDL è di garantire alle lavoratrici e ai lavoratori emofilici la possibilità di accedere alla pensione a 60 anni, qualora abbiano maturato almeno 20 anni di contributi.


 

E’ l’obiettivo che si prefigge il disegno di legge S.2794 presentato, all’indomani della giornata mondiale dell’emofilia e nel mese dedicato a questa patologia, dalla senatrice del Pd Nicoletta Favero, segretaria della Commissione Lavoro ed eletta in Piemonte, e sottoscritto da numerosi democratici, tra i quali il senatore Gianluca Susta.

 

“Il disegno di legge – spiega Nicoletta Favero – nasce dalla conoscenza dell’esperienza diretta di persone che vivono con l’emofilia, malattia che comporta in età adulta la necessità di sottoporsi a impianti multipli di protesi alle articolazioni, rendendo il proseguimento di un’attività lavorativa più difficile e usurante. Nonostante il carattere invalidante della malattia e il progressivo peggioramento con l’età delle condizioni di salute, i lavoratori emofilici sono di fatto a tutt’oggi equiparati ai lavoratori sani e dunque trattati come loro. Eppure, accedere alla pensione a 67 anni o più è per loro di fatto difficile, se non impossibile, anche in considerazione della diversa aspettativa di vita. Per questo, proprio a partire da alcune situazioni specifiche sul territorio e dalla collaborazione con FEDEMO, la Federazione delle associazioni degli emofilici, è nato questo disegno di legge, con l’intento di garantire a queste lavoratrici e a questi lavoratori più eque e dunque più giuste condizioni di accesso alla pensione”. Per questi soggetti, hanno ricordato i senatori, la recente legge di stabilità ha cambiato poco o nulla dato che per conseguire l’APE sociale è necessario risultare in possesso di almeno 63 anni e 30 anni di contributi oltre che una invalidità civile riconosciuta pari almeno al 74%.

 

Sulla necessità di rimettere al centro le politiche previdenziali è tornato anche il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, che ha ricordato come il PD si sta battendo in due direzioni: per l’equità intergenerazionale, al fine di garantire ai giovani una dignitosa ‘pensione di cittadinanza’, per un cambio di passo, che consideri l’aspetto sociale della previdenza e non solo quello di essere un pozzo senza fondo dal quale attingere risorse per diminuire il debito pubblico”. “Impressiona il documento che accompagna il DEF – prosegue – nel quale si chiarisce che le riforme realizzate dal 2004 ad oggi, produrranno fino al 2050 un risparmio di quasi 1.000 miliardi di euro. Un enorme trasferimento da Stato sociale a debito, mai avvenuto prima”. “Dopo il rigore – spiega Damiano – è giunto il momento dell’equità sociale. Nell’immediato dobbiamo batterci per realizzare integralmente i contenuti previdenziali della passata legge di Bilancio, a partire dal decollo dal primo maggio dell’APE Social”. “I prossimi obiettivi dovranno essere il blocco o il rallentamento dell’aspettativa di vita e la pensione contributiva di garanzia per i giovani”.