spogliatoio palestraBasta essere beccati ad infilare le mani nelle tasche di un indumento altrui in una palestra – come un giubbotto, un cappotto, un pantalone, una giacca, ma anche una borsa o uno zaino – per poter essere incriminati di tentato furto?


I chiarimenti arrivano dalla Corte di Cassazione, sez. IV Penale, con la sentenza 12 gennaio – 10 aprile 2017, n. 18089.

 

Nel caso in disamina, l’impianto argomentativo a sostegno del decisum è puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.

 

Ciò si desume dalle considerazioni formulate dal giudice a quo alle pagine 6-7 della sentenza impugnata, in particolare laddove il giudice a quo ha posto in rilievo l’attendibilità delle dichiarazioni del teste V. , che non aveva mai visto l’imputato prima dei fatti e dunque non poteva essere animato da alcun pregiudizio nei suoi confronti e che ha riferito di aver visto il D. frugare nelle tasche del giubbotto di suo figlio; la compatibilità dello stato dei luoghi interessati dall’evento con quanto riferito dal V. , che ha precisato di aver visto l’imputato all’interno del secondo spogliatoio, in quanto la porta era aperta; l’inattendibilità della versione resa dal D. , il quale non ha neppure ammesso di essere entrato all’interno dello spogliatoio.

 

Per luogo destinato a privata dimora, nell’ottica delineata dalla norma incriminatrice di cui all’art. 624- bis cod. pen., deve infatti intendersi qualsiasi luogo, non pubblico, in cui una persona si trattenga, in modo permanente oppure transitorio e contingente, per compiere atti di vita privata o attività lavorative (Cass., Sez. 4, n. 20022 del 16-4-2008, Rv. 239980). Integra, pertanto, come correttamente evidenziato dal giudice a quo, gli estremi del reato in esame il fatto commesso nello spogliatoio di un circolo sportivo (Cass., Sez. 5, n. 12180 del 1011-2014, Rv. 262815). Il che è agevolmente comprensibile, ove si consideri che gli utenti, recandosi nei locali di una palestra, per effettuare attività sportiva, lasciano negli spogliatoi i propri abiti e i propri effetti personali.

 

Ad ogni modo la palestra di una scuola non è assimilabile a un luogo di privata dimora, onde esula il reato di cui all’art. 624-bis cod. pen.. Ingiustificatamente, d’altronde, la Corte d’appello dà per scontato che l’imputato fosse entrato in palestra appositamente per commettere il reato. Ricorre pertanto esclusivamente il reato di furto semplice, improcedibile per mancanza di querela.

 

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