Solo 27 Comuni capoluogo di provincia su 117 – poco meno del 23 per cento – hanno stabilito per il
2013 un’aliquota per i contratti di locazione abitativa “concordati” (tecnicamente – secondo l’esatta
dizione di legge – “contratti agevolati”), inferiore alla misura base del 7,6 per mille. È quanto ha segnalato
la Confedilizia – in vista della scadenza per il versamento dell’imposta – sulla base
dell’analisi delle aliquote pubblicate dai Comuni entro i termini previsti dalla legge. Nei 27 casi di aliquote
speciali per i contratti a canone calmierato, comunque, il livello stabilito rimane notevolmente
elevato, considerato anche che la base imponibile dell’imposta è cresciuta rispetto a quella dell’Ici –
per effetto dei moltiplicatori catastali introdotti dal 2012 con la manovra Monti – del 60 per cento. Le
aliquote fissate dai pochi Comuni “virtuosi”, infatti, arrivano al 4 per mille solo in 7 casi (Bari, Cuneo,
Massa, Piacenza, Pisa, Sassari e Vicenza). Negli altri 90 Comuni capoluogo di provincia, l’aliquota
applicabile alle case affittate a canone più basso rispetto a quello di mercato è pari o superiore
all’aliquota base del 7,6 per mille e – in ben 22 casi – addirittura è stata fissata nella misura massima
del 10,6 per mille.
I dati si commentano da soli. Ma i Comuni, mentre gridano all’emergenza abitativa per chiedere ulteriori
soldi e pur avanti uno sfitto involontario dilagante per di più inverecondamente supertassato, preferiscono
alloggiare i senzatetto in albergo piuttosto che rinunciare alla cassa facile dell’Imu e applicare
aliquote più basse per i locatori che hanno accettato di affittare a canone calmierato rispetto a
quello di mercato.
E’ difficile trovare casi più gravi di incoerenza e di cattiva spendita del pubblico denaro, sottratto a
contribuenti in sempre maggiori difficoltà.
FONTE: Confedilizia
AUTORE: Corrado Sforza Fogliani, presidente Confedilizia